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Caltanissetta - Un regime salutare e un’arte culinaria, ma anche una forma di cambiamento sociale. Così la coppia artefice di Selvatica parla del proprio progetto che parte dai cibi fermentati per ampliarsi a una possibile “fermentazione sociale”. Gli ideatori sono Leonor Corrales Retana, costaricana e Marco Pilato, siciliano di Caltanissetta dove, appunto, al momento i due trentenni sono tornati per un po’ per mettere su il loro progetto.
Un progetto nato da qualche anno a Pisa, dove Leonor e Marco si sono conosciuti e sono diventati coppia nella vita innamorandosi contestualmente del modo della fermentazione. Un’idea che ha unito i sogni di Leonor, laureata in Ingegneria agronomica in Costa Rica e con una Laurea Magistrale in Biosicurezza e qualità degli alimenti a Pisa e Marco, laureato in Ingegneria Biomedica, da sempre appassionato di cucina e fermentazione oggi segue il master Cibo&società, innovare pratiche, politiche e mercati alimentari.
L’IDEA ALLA BASE DI SELVATICA
Due percorsi formativi diversi che però si sono condensati in un sogno comune di ricerca del cibo semplice e alternativo. «Selvatica – raccontano – nasce a Pisa, nella cucina di casa nostra. A Marco è sempre piaciuto fare la birra artigianale e il sidro e anch’io oltre agli studi ho sempre amato le piante e i vegetali e sperimentare e maneggiare gli alimenti. La nostra casa è da subito diventata una sorta di laboratorio tra gorgogliatori e barattoli».
Dopo un viaggio in Inghilterra infatti Lenor e Marco cominciano a sperimentare con il sidro di mele. «Abbiamo provato e riprovato e anche fatto qualche errore, fino a quando abbiamo azzeccato la giusta “ricetta”. E quando i nostri prodotti, assaggiati e apprezzati anche da alcuni amici di un Gas toscano di cui facevamo, hanno cominciato a riscuotere successo, abbiamo capito che era arrivato il momento di provarci davvero».
L’idea di Marco e Lenor infatti non è solo produrre cibi fermentati da vendere, ma ci tengono a far conoscere a più persone possibile il mondo della fermentazione e il vantaggio che si trae dal consumo di questi prodotti, valorizzando quella che è una pratica antica. «Noi vediamo il concetto di fermentazione non solo come una via metabolica, ma anche come un regime salutare, un’arte culinaria, un’avventura multiculturale, una forma di cambiamento sociale. E non c’è nulla di innovativo o esotico. In fondo si tratta di un ritorno al passato, ma in chiave scientifica».
SELVATICA: LA FERMENTAZIONE ESISTE IN TUTTE LE CULTURE E DA SEMPRE
Sì perché, come fanno notare Marco e Lenor, in tutte le culture la fermentazione esiste da sempre. Basta pensare al vino, al pane, alla birra e ai formaggi. «Mia nonna – sottolinea Marco – fa da sempre le olive in salamoia, segue un procedimento preciso e non sa esattamente quale processo scientifico stia innescando. Quando la gente ci guarda con stupore pensando che le nostre proposte siano qualche trovata sperimentale, spieghiamo che in fondo basta davvero guardare al passato».
La tecnica della fermentazione infatti veniva utilizzata in passato soprattutto come tecnica di conservazione, per poi essere abbandonata con le tecniche di trasformazione del cibo e l’avvento del frigorifero. Oggi è stata ripresa, tanto che si parla di una vera rivoluzione dei cibi fermentati, anche perché la ricerca scientifica ha rivelato nuovi aspetti positivi degli alimenti fermentati che vengono indicati come “cibi funzionali” di cui si conoscono i grandi benefici.
Con questo bagaglio di conoscenza, durante il periodo del lockdown e della pandemia, Marco e Lenor decidono di trasferirsi in Sicilia, a Caltanissetta, per tanti motivi che vanno dalla qualità della materia prima alla maggiore convenienza economica. «La nostra idea è quella di creare un laboratorio che sia un vero centro nevralgico di sperimentazione e sensibilizzazione sulla fermentazione e sui benefici dei fermentati».
IL SOGNO DI REALIZZARE UN LABORATORIO DI PRODUZIONE E SENSIBILIZZAZIONE
Le difficoltà purtroppo ci sono e la realizzazione di questo progetto ha preso molto più tempo di quanto non avessero immaginato; così nel frattempo Marco e Lenor hanno tessuto relazioni che permettono di continuare a produrre i propri fermentati e farli conoscere nelle fiere e in alcuni luoghi selezionati. «In particolare collaboriamo con l’azienda Bagolarea, dove oggi teniamo i nostri prodotti e nei pressi della quale vorremmo trasferirci visto che, chi si occupa di fermentati lo sa, si tratta di prodotti che vanno curati, accuditi come figli. Ai tuoi fermentati devi stare vicino, perché devi osservare e utilizzare i sensi, vedere, annusare e controllare».
E così, tra verdure latto-fermentate, crauti e giardiniere, salse piccanti e Kombugia – una bevanda a base di the fermentato – la produzione continua e continua la sensibilizzazione relativa al benessere. «Si tratta di prodotti che non vengono pastorizzati, ma sono predigeriti, facili da assimilare e vengono persino arricchiti di vitamine. In alcuni casi hanno persino proprietà detossicanti. Non solo, noi crediamo veramente che con questi alimenti si possano valorizzare le materie prime siciliane che sono di ottima qualità e poi abbiamo una visione del cibo sociale per cui ci piace parlare di fermentazione sociale, immaginandoci come dei microorganismi le cui idee possono essere condivise e possono cambiare qualcosa».
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