27 Feb 2023

Emergenza neve: quanto è insostenibile puntare sull’innevamento artificiale?

I cambiamenti climatici ci obbligano a ripensare il turismo montano alpino: così il WWF riflette sulla carenza di neve e sull'impatto degli impianti che prevedono l'innevamento artificiale. Come afferma, «con la crisi climatica in atto, affrontare la mancanza di neve incentivando l’innevamento artificiale vuol dire aggravare il problema, attingendo alle già scarse riserve idriche e impattando sugli ecosistemi».

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Non è una novità. L’impatto del cambiamento climatico sulla montagna è un dato strutturale che già da oltre un decennio sta provocando una drastica diminuzione del manto nevoso e sta trasformando le località montane sulle alpi, sulle prealpi e sugli appennini.

Ed è proprio nei territori alpini che un numero sempre maggiore di piste da sci si è dotato di impianti di innevamento artificiale e già oggi alcuni comprensori sciistici sono in grado di innevare il 100% delle piste. Di fatto, il turismo legato all’attività sciistica è stato ed è tuttora un elemento trainante per il turismo delle nostre montagne. Oggi però i cambiamenti climatici ci spingono a ripensarne il modello e a chiederci in che direzione vogliamo guardare.

Quello dell’innevamento artificiale è un tema oggi molto dibattuto: in origine la neve prodotta artificialmente aveva come scopo quello di attenuare alcune “debolezze” dell’innevamento naturale, prima fra tutte la sua imprevedibilità. Oggi però, sempre più di frequente, l’innevamento naturale è considerato come un’integrazione della neve artificiale e non viceversa. La tendenza ci mostra che il problema sta divenendo strutturale e non sarà qualche nevicata a salvarci da siccità sempre più intense.

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Riportiamo una riflessione del WWF che ricorda che con la crisi climatica in atto affrontare la mancanza di neve incentivando l’innevamento artificiale vuol dire aggravare il problema, attingendo alle già scarse riserve idriche e impattando sugli ecosistemi, specialmente dopo l’estate di intensa siccità che abbiamo recentemente vissuto, in cui la carenza di acqua ha messo seriamente in discussione il consumo umano e agricolo.

GLI INCENTIVI VANNO DATI ALLA RICONVERSIONE DEL SETTORE

Occorre invece «riconvertire il settore ampliando l’offerta alternativa e non investendo più nei settori destinati a un drastico ridimensionamento, come quello sciistico», sostiene il WWF Italia commentando alcune delle misure annunciate nei mesi passati dal Governo. Per attuare Piani di Adattamento al cambiamento climatico, «occorre evitare assolutamente di spendere molti soldi dei contribuenti per fare le stesse cose allo stesso modo, creando oltretutto conflitti e rischiando di aggravare i fattori di crisi».

Come suggeriscono le Linee Guida per l’Adattamento della Convenzione sulle Alpi, di cui l’Italia fa parte, occorre puntare alla riduzione della dipendenza economica locale dall’attività sciistica, diversificando i prodotti turistici e includendo attività che siano meno dipendenti dalla variabilità degli accumuli di neve.

Da molte organizzazioni e associazioni del settore emerge una preoccupazione diffusa sull’impatto dei futuri comprensori sciistici previsti in Piemonte. Un caso emblematico è il futuro Ski Dome di Cesana, una struttura sciistica che prevede lo svolgimento dei classici sport invernali in forma indoor. Un progetto che è visto da molti come impattante, in quanto responsabile di uno sfruttamento di un territorio che non tiene in considerazione le conseguenze ambientali a lungo termine.

L’acqua viene attinta da torrenti, fiumi, sorgenti o dalla rete dell’acqua potabile, in un periodo che è oggi di estrema scarsità

Un altro esempio è il maxi comprensorio previsto nell’Alpe Devero (VCO) all’interno del programma Avvicinare le montagne: il progetto prevedeva una cinquantina di interventi come impianti a fune, piste da sci, nuovi servizi ricettivi e infrastrutture, oltre che impianti per la neve artificiale. Interventi che hanno destato una forte preoccupazione, fino alla comunicazione di impossibilità di realizzazione del progetto stesso, che non è riuscito a superare la necessaria Valutazione Ambientale Strategica (VAS).

QUANTA NEVE SERVE PER L’INNEVAMENTO DELLE PISTE SCIISTICHE?

Facciamo una premessa. Per produrre la neve artificiale occorre nebulizzare finissime goccioline d’acqua nell’aria fredda invernale. Una parte dell’acqua evapora, sottraendo calore all’ambiente e di conseguenza le restanti goccioline si raffreddano, gelano e cadono al suolo sotto forma di cristalli e pezzettini di ghiaccio, formando la neve artificiale. Secondo il documento relativo alle Linee Guida per l’Adattamento della Convenzione sulle Alpi, «questo processo funziona in modo efficace con temperature dell’aria inferiori a -4°C, con un’umidità inferiore all’80% e una temperatura dell’acqua di massimo 2°C. Se la temperatura dell’aria sale sopra i -3°C, l’innevamento diventa antieconomico». Per farla breve, più è secca l’aria e più sono fredde aria e acqua, tanto più favorevoli sono le condizioni per l’innevamento artificiale.

Per produrre la neve artificialmente occorrono dunque acqua, aria ed energia: per l’innevamento di base – circa 30 centimetri di neve, spesso anche di più – di una pista di 1 ettaro, occorrono almeno un milione di litri, cioè 1.000 metri cubi d’acqua, mentre gli innevamenti successivi richiedono, a seconda della situazione, un consumo d’acqua nettamente superiore, il che corrisponde approssimativamente al consumo annuo d’acqua di una città di 1,5 milioni di abitanti.

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Foto di Glade optics tratta da Unsplash

L’acqua viene attinta da torrenti, fiumi, sorgenti o dalla rete dell’acqua potabile, in un periodo che è oggi di estrema scarsità. Per l’innevamento inoltre è importante disporre in breve tempo di notevoli quantità d’acqua. Quindi spesso viene favorita la costruzione di bacini di raccolta, atti a garantire l’alimentazione dell’acqua agli impianti di innevamento. In periodo di crisi energetica, il WWF ricorda l’altissimo consumo d’energia: per assicurare piste innevate su tutte le Alpi si è calcolato che occorrerebbero 600 GWh di energia elettrica.

LA PRIMA DENUNCIA DEL WWF RISALE AL LONTANO 2007

Per il WWF l’utilizzo dei cannoni sparaneve risulta anche inutile perché le alte temperature fanno fondere rapidamente la neve “sparata”. In un dossier su Alpi e Turismo del 2007, il WWF suggeriva, tra l’altro, di escludere la realizzazione di nuovi impianti sciistici con prevalente sviluppo al di sotto dei 1.500 metri e, per le altitudini superiori, una moratoria dei nuovi impianti di almeno 5 anni per valutare adeguatamente gli effetti delle forti criticità ambientali collegate ai cambiamenti climatici. È bene ricordare che negli ultimi 15 anni invece i nuovi impianti sono stati realizzati spesso, per non dire sempre, grazie a investimenti pubblici.

SERVE DEFINIRE STRATEGIE DI INTERVENTO CHE SIANO SOSTENIBILI

Il WWF suggerisce anche di definire strategie di intervento sostenibili di adattamento e di mitigazione per il turismo montano, in relazione ai cambiamenti climatici in corso; di costituire una banca dati nivo-meteorologici (almeno a livello di bacino idrografico) per garantire un’efficace capacità di pianificazione e promozione del turismo alpino, basata su rilevamenti omogenei e su una serie significativa di stazioni; di individuare incentivi per la riconversione delle strutture e degli impianti turistici (tenendo conto dei punti sopraelencati) alle esigenze ecologiche e per definire una nuova politica turistica sostenibile.

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