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“Sulle migrazioni c’è chi te la racconta. E chi ti racconta”. È uno dei titoli in evidenza sulla homepage di Melting Pot Europa, un progetto di informazione nato nel 1996 con l’intento di offrire un servizio, ma anche una risposta a un’esigenza rispetto a una normativa in materia di migrazione che sarebbe cambiata da lì a poco.
Configurato dapprima come uno sportello radiofonico trasmesso in cinque lingue su Radio Sherwood, in seguito – dopo l’introduzione del Testo Unico del 1998 e di varie disposizioni successive che hanno ulteriormente cambiato il quadro normativo nel tempo – per stare al passo coi tempi Melting Pot si è trasformato in progetto di comunicazione e formazione innovativo a carattere nazionale ed europeo con la nascita di una piattaforma web. Era il 2003. Un servizio rivolto non più solo alle persone con un background migratorio, ma anche a operatori, attivisti e avvocati, per promuovere iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto all’approccio adottato dalle politiche sull’immigrazione italiane ed europee.
Melting Pot è uno spazio in-formativo di riflessione e costruzione costituito da tre aree specifiche: cittadinanza, sans-papiers e rubriche. La prima è più propriamente legata all’informazione e punta a costruire una narrazione diversa da quella mainstream sulla migrazione, dando voce a chi ha vissuto esperienze di questo tipo e alle reti solidali e di attivismo sociale dei territori. La seconda è rivolta agli operatori sociali e agli avvocati e propone normative legislative e giurisprudenziali e schede pratiche utili ai migranti, rifugiati e cittadini stranieri. Infine, le rubriche che approfondiscono diversi aspetti legati alla migrazione.
Melting Pot dà voce anche a diverse associazioni che si battono nei territori per difendere i diritti umani e l’inclusione sociale, proponendo esperienze e soluzioni su problematiche che si riscontrano un po’ ovunque: sportelli di orientamento legale, mancata accoglienza da parte delle prefetture, ritardi nei permessi di soggiorno e altri aspetti centrali nella vita dei migranti.
«Il diritto alla mobilità umana non può essere fermato, non solo le migrazioni sono “naturali” ma sono anche dei fenomeni strutturali. Il melting pot, quindi l’amalgama di persone provenienti da diverse parti del mondo, è già presente nelle nostre società e produce opportunità e ricchezza sociale, culturale, economica. Invece di contrastarlo, rendendo difficile la permanenza regolare e le opportunità di inclusione e convivenza, la politica dovrebbe garantire il rispetto dei diritti fondamentali e costituzionali di ogni individuo», racconta Stefano Bleggi, coordinatore del progetto.
Melting Pot cerca di “tutelare” la pluralità di punti di vista necessari alla trattazione di tematiche così variegate e lo fa attraverso più modalità. Per esempio grazie a una community attiva che contribuisce con saperi e competenze a migliorare la qualità dell’offerta e mantenere sempre attento e vivo lo sguardo sulle migrazioni e sui diritti. Ma anche attraverso una sezione dedicata a tesi di laurea, ricerche e studi – sono attivi anche tirocini universitari che permettono di conoscere da dentro come funziona una redazione – e anche con uno shop che valorizza la vendita di prodotti specifici.
Tra questi ultimi, ad esempio, quelli realizzati dal collettivo FreeFemmes. Artigiane per la libertà di movimento, costituito da centinaia di donne, fuggite dagli orrori dei lager libici e dalle tante violenze, che vivono adesso nelle città di Zarsis e Medenine in alloggi dell’ONU dove portano avanti la loro resistenza al regime di frontiera, la lotta contro la violazione dei diritti anche attraverso il cucito e le produzioni artigianali.
Spesso le persone con background migratorio sono relegate a fare lavori considerati utili alla società o che gli italiani non vogliono più fare. Eppure esistono professionalità che possono essere utili a tutta la società e non solo al sistema economico. A tal proposito Melting Pot ha messo in piedi una trasmissione radiofonica con podcast nei quali partecipano i migranti. Un’opportunità per dare voce il più possibile a gente che vuole provare a spendersi a lavorare e fare esperienze nel campo dell’informazione.
Melting Pot è letto quotidianamente da molte lettrici e molti lettori, lo dimostra anche il buon successo della campagna di crowdfunding lanciata nel 2021, che ha permesso di rifare la veste grafica del sito. Un dato che dimostra l’urgenza e la necessità di un’informazione più trasparente e veritiera intorno a questo tema che spesso viene usato nelle agende politiche con opportunismo e come pretesto per confondere e distogliere l’attenzione su vere emergenze in corso.
«Attorno al tema della migrazione – aggiunge Stefano in proposito – c’è un grado molto elevato di disinformazione e allarmismo, sono tante le testate mainstream e i siti web che producono vere e proprie fake news. Noi pensiamo di essere uno strumento utile per conoscere più da vicino le migrazioni, capire le complessità, gli strumenti che le reti sociali e solidali hanno a disposizione per provare insieme alle persone migranti a ottenere dei diritti e contrastare politiche che tendono a criminalizzare la migrazione».
«La maggior parte dei nostri articoli riguarda l’Europa, i paesi africani e l’Italia, ma abbiamo anche collaboratori in altre parti del mondo che raccontano cosa succede altrove. Ad esempio, la politica americana di Biden in tema di migrazione non è molto diversa da quanto era stato attuato da Trump», conclude Stefano.
“Sulle migrazioni c’è chi te la racconta. E chi ti racconta”. È proprio vero. Spesso si parla per sentito dire, ci si fa un’opinione ascoltando solo una voce o affidandosi a un’informazione schierata. Spesso mancano l’empatia, la capacità di immedesimarsi, di pensare di provare sulla propria pelle, anche solo per qualche istante, le violenze e le ingiustizie che milioni di persone vivono in molti angoli del mondo solo perché decidono di spostarsi dal proprio luogo di origine. E si dimentica che questa è una storia che riguarda tutti, direttamente o indirettamente, e che siamo quello che siamo proprio perché frutto di migrazioni ed evoluzioni di questo grande “miscuglio”. Non ricordiamo di essere frutto di un Melting Pot.
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