A Lampedusa da dieci anni la biblioteca per i ragazzi è un luogo di inclusione e valori universali
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Agrigento - Se pensiamo all’isola di Lampedusa, oltre alla bellezza del suo mare cristallino ci vengono in mente subito immagini di sbarchi. Un posto di frontiera che racconta le fratture e i conflitti in atto nel Mediterraneo, ma allo stesso tempo luogo di accoglienza e simbolo di dialogo tra culture e popoli. Migliaia di persone hanno calpestato il suolo dell’isola per varie ragioni: migranti, turisti, volontari, operatori del terzo settore, un via vai continuo che ha contribuito a cambiare volto a una comunità che nei tempi passati non era di certo abituata a essere così protagonista delle tante storie del Mediterraneo.
Proprio qui, dieci anni fa Deborah Soria – che fa parte di IBBY, International Board on Book for Young people, un’organizzazione internazionale no-profit, fondata nel 1953 da Jella Lepman con lo scopo di facilitare l’incontro tra libri, bambini e ragazzi – ha deciso di aprire una vera e propria biblioteca. Deborah ha tanta esperienza alle spalle, è libraia di Ottimomassimo, una libreria indipendente a Roma specializzata in libri illustrati e attività per bambine e bambini, laboratori e formazione sui temi della letteratura per ragazze e ragazzi.
Una biblioteca come punto di incontro, scambio e servizio per i giovani di Lampedusa che vivono un contesto sociale e geografico isolato e con poche risorse educative e porto sicuro di accoglienza per migliaia di migranti, spesso minori, in situazioni di emergenza sanitaria. A creare una congiunzione tra questi due mondi sono i libri, capaci di favorire la condivisione di storie e sentimenti di tolleranza ed empatia.
«Sono 6000 i residenti a Lampedusa e 1000 circa sono minori, difficile credere che fino a poco tempo fa non c’era nessuna possibilità di accesso alla letteratura al di fuori delle ore scolastiche. Nessuna biblioteca, nessuna libreria. Così nel 2011, quando cominciavano le prime emergenze sull’isola, ho proposto l’apertura di una biblioteca sull’isola con IBBY, idea accolta anche da Giusy Nicolini. Una biblioteca per bambini al centro del Mediterraneo con un fondo speciale costituito da libri senza parole che arrivano ogni anno da tutti i paesi membri di IBBY, settanta in tutto il mondo», racconta Deborah.
IBBY crede che i libri possano aiutare bambini e adolescenti ad avere una migliore qualità di vita, per questo si impegna a garantire e difendere il loro diritto ad accedere ai libri e alla lettura, soprattutto in aree disagiate e remote, anche attraverso momenti di confronto, scambio e formazione. Tra gli strumenti più usati i libri senza parole.
PERCHÈ SI USANO I LIBRI SENZA PAROLE?
I libri senza parole sono privi di barriere linguistiche, in grado di facilitare l’incontro tra bambini di origini diverse perché le immagini sono universali e possono essere lette senza creare nessun tipo di disagio. Questi libri consentono tante letture, interpretazioni e sguardi sulla realtà, favorendo anche l’integrazione di punti di vista differenti. Richiedono un lettore di immagini partecipe e attivo, promuovono una lettura lenta e concentrata e alimentano la fantasia. Sono uno strumento per facilitare processi di inclusione e di cittadinanza.
Lampedusa è il luogo ideale dove il linguaggio universale dei libri può nascere, crescere e diffondersi. La biblioteca quindi non può che assumere una dimensione di internazionalità. «A seguito della pandemia non ci sono attività d’integrazione per migranti a Lampedusa. Prima molti minori migranti venivano in biblioteca, qualcuno di loro cercava dei libri, altri invece imparavano qualche parola di italiano grazie ai bambini dell’isola. Qui è sempre tutto in grande evoluzione. Noi ci siamo e il nostro lavoro sui piccoli sta dando davvero dei risultati incredibili. Avere a che fare con la cultura ha una funzione sociale», continua Deborah.
LA BIBLIOTECA DI LAMPEDUSA
La biblioteca è gestita da volontari e dagli stessi ragazzi isolani che si occupano di prestiti di libri due volte a settimana e delle altre attività organizzate all’interno dello spazio. L’autogestione assume un ulteriore valore nel far crescere la consapevolezza dell’importanza della lettura.
Ogni anno si svolge anche un campo con volontari da tutto il mondo, un momento di formazione che permette alle persone che lavorano con i libri di conoscere e comprendere meglio cosa succede nei luoghi di frontiera e come possono essere di aiuto i libri. Tutti gli artisti e gli studiosi che passano da Lampedusa lasciano una loro traccia in biblioteca. Di recente, ad esempio, Blu, famoso per i suoi murales in giro per il mondo, ha rifatto le facciate della biblioteca.
«I processi hanno bisogno di tempo per diventare familiari, i bambini hanno compreso subito che la biblioteca è uno spazio pubblico e libero; gli adulti invece hanno avuto bisogno di più tempo anche perché non sono mai stati abituati a un approccio di questo tipo. A Lampedusa sono spesso reticenti nei confronti dei tanti progetti che vengono proposti perché spesso diventa una cassa di risonanza per avere maggiore pubblicità, che non porta poi nulla di buono alla vita di chi vive sull’isola. Noi ci abbiamo messo un po’, ma adesso funziona benissimo».
DEBORAH, L’ISOLA E LA LETTURA
Dal 2012 a oggi il rapporto tra Deborah e Lampedusa è cambiato molto. Ha pensato ad una biblioteca a Lampedusa senza mai averla visitata prima. Ha imparato a conoscere e ad amare l’anima del luogo e delle persone che ci vivono tanto da trascorrere metà anno sull’isola. In estate infatti porta la sua libreria sull’isola e tiene aperta la biblioteca. Durante l’inverno sono pochi gli adulti lettori abituati ad andare in biblioteca a leggere, in estate aumentano grazie alla presenza di molti turisti. La sede è proprio sul corso principale, impossibile non notarla.
«Lampedusa è un luogo abbastanza surreale, ha un modo tutto suo di insegnarti le cose. Qui tutto cambia velocemente, ogni volta è diverso, e forse per questo tutto è molto più intenso. I piani emotivo, sociale e anche politico si fondono e confondono, non siamo più abituati a vivere così», conclude Deborah.
Lampedusa è un’isola “invasa” e abbandonata, la porta d’Europa, un territorio di confine in mezzo al Mediterraneo che insegna come, non senza difficoltà, sia possibile accogliere chi etichettiamo come diverso, con impegno e rispetto dei diritti umani, con dialogo, solidarietà e cooperazione.
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