La Matrioska, il laboratorio che consente ai giovani migranti di riscattarsi attraverso il cucito
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Cagliari - La matrioska non è una semplice bambola in legno perché può contenere al suo interno un’enorme quantità di altre matrioske e a sua volta può essere inserita all’interno di matrioske sempre più grandi. Diviene simbolo di inclusione e di integrazione, mettendo al centro la persona e la sua storia. Ecco da dove nasce il nome La Matrioska, un progetto la cui parola chiave è proprio quella dell’accoglienza.
La Matrioska è un laboratorio tessile, creativo e sociale con sede a Quartu, nel quartiere di Pitz’e Serra della città di Cagliari. L’obiettivo di questa associazione è quello di diventare a tutti gli effetti una realtà di inclusione e formazione dei migranti, mancante nel territorio in cui opera. La missione è quella di promuovere attività e opportunità volte a favorire la loro integrazione nella comunità, portandoli a partecipare in maniera attiva non solo alla vita sociale ma anche a quella culturale ed economica.
«La Matrioska nasce nel 2019 – ci racconta Elisabetta, fondatrice dell’associazione – grazie a una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Produzioni dal Basso. Con fondi raccolti siamo riusciti ad avviare un corso di formazione sartoriale per quattro migranti sul territorio provenienti da centri di accoglienza dell’hinterland cagliaritano. Io sono sempre stata appassionata di cucito, una passione che ci tramandiamo in famiglia e tramite La Matrioska ho trovato il modo di farlo diventare un mezzo per creare coesione e inclusione».
«Mi sono laureata in psicologia e successivamente dedicata all’assistenza psicologica all’interno di un centro di accoglienza. Mi occupavo in particolar modo dell’inserimento sociale e professionale dei ragazzi ospitati. Tuttavia più passava il tempo e più riscontravo difficoltà nel trovare proprio nel territorio dei contesti che fossero realmente accoglienti e che permettessero ai giovani di fare esperienza professionale. È da qui che nasce l’idea di mettere in piedi un’associazione e un servizio che in quel momento mancava».
La Matrioska è formata da circa una decina di persone in tutto; non molte, principalmente per via delle piccole dimensioni del laboratorio. C’è una sarta che insegna taglio e confezione nei vari corsi e alcune volontarie che danno una mano soprattutto per quanto riguarda le esposizioni. I migranti arrivano da centri di accoglienza, soprattutto centri di seconda accoglienza e centri per minori stranieri non accompagnati. In questo momento l’associazione segue tre ragazzi coinvolti nei vari progetti.
La Matrioska offre anche attività formative per i giovani migranti accolti in laboratorio, tutte dedicate al mondo del cucito, con diversi progetti all’attivo e con l’obiettivo di offrire una formazione professionale. Abbiamo ad esempio Rinforzi, progetto che offre a richiedenti asilo l’opportunità di dare vita a capi d’abbigliamento attraverso l’uso di materiali presenti nel laboratorio. Twisted invece punta alla creazione di borse che uniscono il cucito all’illustrazione, mentre con Revolved vengono rimessi in circolo capi difettosi che l’associazione Cuoremondo riceve in dono, dopo un processo di restyling.
«Abbiamo inoltre da poco vinto un piccolo finanziamento da Fondazione Migrantes – riprende Elisabetta – per la realizzazione di un progetto chiamato Ubuntu, promosso dalla Comunità Missionaria di Villaregia, in collaborazione con l’Associazione Capelvenere. In questo progetto abbiamo incluso tre ragazzi, due dei quali stanno realizzando una piccola collezione d’abbigliamento, andando a unire tessuti sardi a tessuti africani; il terzo invece sta collaborando per un’altra associazione nella produzione di alcune magliette».
Per concludere la carrellata sulle attività proposte dall’associazione La Matrioska, citiamo Oltre ogni muro un volto, sempre finanziato da Fondazione Migrantes, in partenariato con la Cmv Per, la casa circondariale di Uta e il Comune di Quartu. Questo progetto ha portato due migranti a realizzare le loro personali wardrobe collection e una collezione circolare, grazie a un corso di formazione di 60 ore.
«Il nostro obiettivo – conclude Elisabetta –, se devo ragionare in una prospettiva futura, è quello di diventare un contesto lavorativo a tutti gli effetti. A me piacerebbe poter offrire ai ragazzi che partecipano ai nostri percorsi uno stipendio e quindi una reale inclusione, ma per il momento non ce lo possiamo permettere. Fino a oggi abbiamo prevalentemente puntato sulla formazione. Quello che viene realizzato in laboratorio, attraverso i corsi che offriamo, viene venduto, permettendoci di auto sostenerci e di dare vita a nuovi progetti».
Elisabetta si sta dedicando a tempo pieno all’associazione, per farla crescere maggiormente. La pandemia ha frenato per diverso tempo il progetto, ma da circa un anno c’è stata una ripresa e nuove iniziative sono partite. Tuttavia, La Matrioska non è ancora del tutto autosufficiente e questo non permette a chi ne fa parte di avere un’autonomia lavorativa. La speranza è quella che, attraverso collaborazioni e attività, possa riuscire a evolvere ulteriormente, diventando un esempio anche per altre realtà.
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