L’Albero Storto: dal recupero di un uliveto abbandonato nasce un laboratorio di cosmesi naturale
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Imperia - Ci sono dei sogni che per realizzarsi fanno giri lunghi e imprevedibili. Ci portano a cambiare casa, città, paese: ci aprono strade che non avremmo mai preso in considerazione. Così è stato per Irene Ramos Garcia, agronoma e appassionata da sempre di chimica e piante officinali, arrivata dalla Spagna ormai undici anni fa, prima a Torino e oggi ad Apricale, nell’entroterra ligure.
«Direi che è stata una coincidenza quella che mi ha portata in Italia. Poco prima di compiere trent’anni sognavo di andare a Londra», mi racconta al telefono qualche giorno fa, mentre aspetta a Madrid il suo volo per Cuba. Ho sempre pensato che gli aeroporti siano luoghi perfetti per fare bilanci personali: un interstizio accogliente tra la vita di tutti i giorni e il tempo del viaggio. E quindi nell’attesa – e per un puro caso – ci ritroviamo a parlare insieme di desideri e progetti, anche se la sua storia mi arriva dall’altro capo del telefono a chilometri di distanza.
«Quando poi ho vinto una borsa di lavoro – prosegue Irene – sono partita con il mio cane da Cadice, nel sud della Spagna, e sono arrivata a Torino, per lavorare nell’associazione Parco del Nobile di Torino». Certo, il sogno di Irene ne ha fatta di strada prima di realizzarsi: da Salamanca, la sua città, all’Andalusia, per poi approdare in Italia.
A Torino conosce Paolo, il suo compagno, e insieme decidono di acquistare un terreno incolto nell’entroterra ligure, con una piccola casetta di campagna e circa cinquecento alberi di ulivo. «L’uliveto era abbandonato da più di trent’anni e la prima volta che abbiamo visto la casa, non aveva neppure il bagno», mi spiega Irene. «Poco per volta abbiamo recuperato gli alberi e realizzato l’abitazione in cui viviamo oggi».
DALL’ULIVETO AL LABORATORIO DI COSMETICA NATURALE
La loro azienda agricola, L’Albero Storto, nasce un po’ dopo, circa due anni fa. Oltre all’attività di ulivicoltura, molto diffusa nella zona, ben presto Irene inizia a dedicarsi alla raccolta ed estrazione delle piante officinali spontanee che crescono nei circa quattro mila metri quadri che circondano la loro casa. Ha sempre amato “giocare” e sperimentare con i diversi ingredienti, dedicarsi alla formulazione chimica di prodotti cosmetici e così decide di avviare una piccola produzione di creme, saponi e altri prodotti per la cura della persona proprio a partire dalle erbe spontanee della zona, dal fico d’india alle pratoline, dall’ibisco alla mimosa.
«La parte di formulazione chimica mi ha sempre appassionata, così ho iniziato a realizzare le prime creme viso: veri e propri esperimenti», mi racconta Irene. Estrarre le essenze dalle erbe spontanee raccolte è un po’ come imparare a conoscere un territorio. Irene ci si dedica con passione e per completare la propria formazione, decide di iscriversi a un master in dermocosmetica dell’università di Barcellona e poi aprire il suo laboratorio ad Apricale.
«Nel centro del paese abbiamo un piccolo punto vendita, il laboratorio di cosmetica naturale e quello alimentare», precisa Irene. Gli spazi sono comunicanti: attraverso una vetrata chi entra nel negozio può affacciarsi nel laboratorio e viceversa. «Quando penso all’Albero Storto provo un senso di pienezza e orgoglio verso me stessa: qui dentro ci ho messo tutto il mio amore», aggiunge soddisfatta Irene. «Certo, non ti nascondo che a volte questo posto è anche un buco nero: alcuni giorni vado a lavorare e non so a che ora potrò a uscire».
RICOMINCIARE DAI PROPRI SOGNI
Insieme a Irene, anche Paolo ha deciso di dedicarsi completamente all’Albero Storto. A Torino faceva l’allestitore museale, mentre ad Apricale si è reinventato artigiano e falegname. Quando le chiedo cosa l’abbia spinta a lasciare la città, Irene non ha dubbi: «Qui mi sveglio e faccio quello che amo e desidero fare. Certo ti mentirei se ti dicessi che non mi manchi vivere a Torino: andare al cinema, in libreria, perdersi tra facce sconosciute».
Apricale è un paese di poche centinaia di anime: non saranno più di cinquecento le persone che vi abitano l’estate e ancor meno nel resto dell’anno: «Il nucleo di socialità è molto piccolo. All’inizio si ha l’impressione di conoscere tutti, ma spesso non è facile per chi arriva da fuori integrarsi. E poi qui la gente è un po’ come il terreno che si calpesta ogni giorno: bellissimo e selvatico allo stesso tempo», sorride Irene.
Poco prima di salutarci, mi confessa che da quando è nato L’Albero Storto ama questo posto, aspro e impervio, ancora di più, perché le permette di fare quello che ha sempre sognato. È il suo punto di riferimento, esattamente come quel pino marittimo piegato dal vento che la aiuta ad orientarsi quando rientra a casa, percorrendo le strade sterrate. «Mi sono ispirata a quel pino quando ho scelto di chiamare la mia azienda L’Albero Storto. All’inizio mi è sembrata una pura coincidenza, poi l’ho sentito sempre più mio: la sintesi perfetta di quello che ho costruito fino ad ora».
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