1 Feb 2023

“Il Golfo ai poeti”: quali scenari possibili per un territorio militarizzato?

Scritto da: Valentina D'Amora

C'era una volta il golfo decantato da Byron, Shelley, Lawrence, Hemingway, D’Annunzio, Pasolini, ma anche Virgilio, Dante, Petrarca. Oggi quel golfo è circondato da un muro e da filo spinato: è diventato un territorio militarizzato. Nel suo ultimo libro William Domenichini fa il punto della situazione insieme a chi non si è rassegnato alla servitù militare e dà voce a tutti quei progetti di riconversione che in pochi, finora, hanno ascoltato.

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La Spezia - “Questo lavoro è frutto di un percorso assai lungo nel tempo, probabilmente iniziato quando misero le prime pietre ad un muro che, da oltre 150 anni, impedisce alla città della Spezia di arrivare al suo mare”, si legge nell’introduzione di Il Golfo ai poeti. No Basi Blu, il nuovo libro di Willam Domenichini, dell’associazione MuratiVivi (ve ne abbiamo parlato qui), edito dalla casa editrice GlassBell. “Dopo più di un secolo e mezzo di abitudine alla servitù militare, essa stessa penetra nelle coscienze, ineluttabilmente accettata, acriticamente subita, tentando di rendere ordinaria anche la censura di un pensiero non conforme e che parla di tutti noi: demilitarizziamo La Spezia”.

Il Golfo ai poeti. No Basi Blu è un libro che racconta di quella comunità che a La Spezia, nonostante tutto, non si arrende e continua a lottare per dare nuovo volto a un territorio militarizzato. Un libro che vuole aprire un dibattito collettivo su come cambiare le cose, su come voltare pagina. E tornare finalmente a vedere il blu.

marola
Marola
William, parlaci del tuo ultimo libro: com’è nata l’idea?

L’idea nasce dalla città di La Spezia, in particolare dalla borgata Marola, in cui vivo con la mia famiglia, dalla comunità con cui condivido la quotidianità e dalle energie della gente che non si rassegna alla mediocrità. Si tratta di un luogo meraviglioso, che si affaccia sul golfo che fu dei poeti, ma che oggi raccoglie le vestigia di scelte che lo hanno portato ad essere lontano da quell’elemento, il mare. Non solo l’idea, ma una spinta di civiltà.

In questo ebook parlo di cosa fu La Spezia prima che la città divenisse una piazzaforte militare, sede dell’allora unico arsenale della Marina militare. Una militarizzazione del territorio pesantissima, che ancora oggi resta tale. Il libro parla anche di cosa è stato l’Arsenale, un corpo enorme di 90 ettari, quasi metà città. Ne parla nel bene, ossia nelle migliaia di lavoratori e lavoratrici che ha occupato, della fucina di classe operaia, nella nobiltà delle sue maestranze e nei percorsi di emancipazione, di lotta per i loro diritti.

E parla soprattutto di cosa è oggi nel male: un’ex fabbrica, con un crollo occupazionale dell’85% in 70 anni, che non ha visto riconvertire un metro quadro degli spazi che occupa. Un insieme di criticità ambientali che possono avere serie relazioni con la salubrità e la salute pubblica: una discarica di rifiuti tossici vista mare, oltre centomila metri quadri di amianto, inquinamento atmosferico, elettromagnetico, sversamenti di carburante in mare. Insomma, una realtà da bonificare ma sulla quale non si muove una foglia, come se nulla fosse.

Qual è la storia che invece nessuno vuole raccontare?

Dall’analisi dell’attualità sono passato ad approfondire ciò che potrebbe riservarci il futuro. Si chiama Basi blu, un programma nazionale, finanziato nel 2016/207 dal Parlamento, che prevede l’adeguamento delle basi navali secondo gli standard NATO. Alla Spezia sono previsti interventi per 354 milioni di euro. Potrebbe essere una possibilità di riorganizzare una realtà disorganica, nociva, costosa e una grande potenzialità di riconversione civile.

E invece? Il progetto si limita a costruire nuovi moli, riattivare serbatoi di carburante interrati sotto le case della gente, senza affrontare le criticità, senza guardare a una reale transizione e alla sostenibilità, ipocritamente blu, spendendo una montagna di soldi pubblici per un’esigenza puramente logistica.

Sta salendo una voce collettiva, di pace e di disarmo, che parte dai territori

Non ne vuole parlare la classe politica, perché è consapevole dell’impopolarità di una spesa inutile, dell’inerzia e dell’inefficienza di fronte ad una grande potenzialità per la città. La riconversione delle aree militari. In questo senso, questo lavoro porta con sé le tante proposte arrivate dalla cittadinanza, le possibilità veramente sostenibili che non sono state nemmeno prese in considerazione, ma che ritengo doveroso abbiano voce, visibilità e che possano far prendere coscienza, stimolare un dibattito pubblico.

Tra i collettivi artistici, i movimenti come NoBase – Né a Coltano né altrove, i CALP genovesi, gli operai della GKN, per alimentare un fronte comune si può dire cheIl Golfo ai poeti” lo hai scritto tu ma eri in buona compagnia…

Sì, infatti questo libro nasce anche dall’esigenza di mettere a disposizione una battaglia decennale condotta dall’associazione MuratiVivi, che è nata proprio per far prendere coscienza alla comunità della necessità di bonificare le aree militari dai veleni che contengono e di quale opportunità c’è nella riconversione delle aree inutilizzate.

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Scatto di William Domenichini di un’alba sul golfo

Nasce da una scintilla che è scoccata lo scorso 21 agosto, quando artisti e artiste spezzini si sono radunati a Marola declamando poesie, mostrando i loro quadri, suonando le loro note e i loro versi, insieme a movimenti e associazioni del territorio e non solo, per esprimere solidarietà agli artivisti e alle artiviste dei collettivi Dadaboom, censurati nel museo spezzino del Camec a seguito della loro performance “Demilitarizziamo La Spezia”.

In quell’occasione è salita una voce collettiva, di pace e di disarmo, che parte dai territori. La Spezia chiama Pisa, per esempio, dove una grande mobilitazione popolare ha costituito il movimento contro la costruzione di una base militare a Coltano, un’area naturale straordinaria. Per questo chiudo con una necessità, quasi metodologica, da riprendere in mano: pensare globale, agire locale.

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