Fedy e il Santuario dove i maiali salvati dagli allevamenti vivono felici
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Torino - Spartacus è un grosso maiale nero che per trovare la salvezza ha fatto un lungo viaggio dalla Sicilia. Era stato maltrattato e abbandonato in un grande sacco di plastica. Oggi è felice e la sua storia ha toccato molti cuori diventando il simbolo della lotta alla schiavitù. Zorro invece è un maiale incrociato con un cinghiale: vagava nelle campagne emiliane alla ricerca di cibo destando non poche antipatie nei contadini intenzionati a difendere le loro proprietà. È arrivato pieno di cicatrici che con il tempo si sono rimarginate grazie all’amore e a tante cure.
Poi c’è Sophie, da piccola era una maialina che ha sofferto di una polmonite acuta e per questo il suo destino, deciso da un allevatore interessato più al profitto che alla sua salute, era già scritto. Poi è stata salvata e nonostante una degenza lunga mesi, oggi la malattia è solo un lontano ricordo.
Insieme a tanti altri compagni che arrivano da situazioni di grave pericolo, Spartacus, Sophie e Zorro sono l’anima del Santuario La Vie en Rose, un luogo di pace che accoglie i maiali salvati dai macelli e da allevamenti oggetto di sequestri giudiziari, uno spazio che accoglie i cinghiali sono salvati dal bracconaggio. Animali che hanno visto la morte in faccia e ai quali questa oasi felice offre una seconda possibilità.
A rendere tutto questo possibile è Fedy: con i suoi maiali ha un rapporto indissolubile e da anni lotta come attivista e animalista per difendere i loro diritti, dedicandovi anima e corpo. Prima in California, dove ha vissuto diversi anni, e ora in Piemonte, dove gestisce il Santuario grazie all’associazione di volontari che ha creato.
DAGLI ALLEVAMENTI INTENSIVI A UNA NUOVA VITA
«Fin da bambina avevo una passione viscerale per i maiali. A 18 anni mi sono trasferita negli Stati Uniti ed è lì che è iniziata la mia esperienza a contatto con questi animali». Proprio qui Federica è entrata in contatto con un gruppo di attivisti che si occupavano di investigazioni per mostrare cosa succedeva all’interno degli allevamenti intensivi. «Ho scelto di dedicarmi al maiale proprio perché è l’ultimo degli ultimi. Nel pensiero comune, quando si pensa agli allevamenti intensivi, il maiale è il più denigrato e ridotto all’ultimo posto».
Ma, come si suole dire, gli ultimi saranno i primi e Fedy per loro ha creduto in un grande sogno che ha reso reale. Nel 2009, dopo anni di viaggi tra la California e l’Italia, ha dato vita al Santuario La Vie en Rose, che oggi ospita una cinquantina di maiali, per lo più di grossa taglia, poi c’è un cinghiale e alcuni meticci. «Il nome fa riferimento a un’espressione francese che significa “vivere la vita con positività” e che rappresenta il mio pensiero di vita. Poi il rosa ovviamente è il colore dei maiali».
Il progetto Fedy lo ha tirato su con le sue sole forze, fisiche ed economiche. La sua realizzazione e il mantenimento infatti richiedono tempo e soldi e i giorni di vacanza non esistono più. I sacrifici infatti sono molti, come nel caso delle alte spese di gestione del Santuario e dei medicinali per gli animali. Per questo motivo la protagonista della nostra storia ha dato vita a un’associazione di volontariato che permette di percepire entrate dalle donazioni anche se ultimamente queste, tra la pandemia e i recenti rincari, si sono fortemente ridotte.
«Laddove non ce la fanno le associazioni, ci sono io che faccio “da sponsor”, nei limiti delle mie possibilità». Grazie a un lavoro part time e a tante rinunce Fedy riesce a ritagliarsi quotidianamente del tempo da spendere al Santuario, aiutata da un prezioso gruppo di volontari che si occupano di tutte le mansioni necessarie. Come Luca – che da diversi anni con impegno e dedizione si prende cura degli animali, contribuendo a rendere il progetto possibile – o Fabrizio e Clara. Fondamentale è anche il supporto dei veterinari che, come ci racconta Fedy, «per salvare alcuni maiali in condizioni critiche hanno fatto dei veri miracoli».
I MAIALI, GRANDI COMPAGNI DI VITA
C’è un forte legame che unisce gli ospiti del Santuario ed è il comune denominatore dell’allevamento intensivo. Gli animali arrivano spesso da situazioni che Fedy definisce “a dir poco agghiaccianti”: talvolta i maiali non sono sufficientemente grandi e gli allevatori preferiscono ucciderli per non investire soldi, oppure hanno problemi di salute – in molti casi risolvibili – e non c’è interesse nel seguirli a livello sanitario.
«Se vuoi salvarli devi contrattare con gli allevatori in termini di “merce”. Così finisci per scambiare un maiale facendo loro piccoli “favori”, ad esempio regalando attrezzi da lavoro o dipingendo una parte di un capannone», proprio come è capitato quando Fedy è riuscita a riscattare un maiale del santuario che oggi si chiama Bubu. Con favori, sì, ma come lei specifica «mai in cambio di soldi».
Quando Fedy ci parla dei suoi compagni di vita traspaiono un amore e una conoscenza senza confini. «I maiali sono animali incredibili: intelligenti, buffi e molto comunicativi. Ogni loro grugnito ha un significato e quando impari a conoscerli capisci quando sono arrabbiati, tristi, quando chiedono da mangiare, quando si annoiano o quando litigano. Sono animali molto pacifici e hanno un grandissimo senso della famiglia, tra loro sono molto uniti».
Sono anche degli animali pulitissimi e non puzzano, cosa che Fedy specifica sempre perché purtroppo questi animali sono ancora legati a molti pregiudizi. «Certo, negli allevamenti c’è un odore fortissimo, ma questo è perché sono tutti ammassati». Chiacchierando non mancano gli aneddoti simpatici e legati a momenti di vita quotidiana, come quando fa caldo: «Riempio le pozze perché hanno la pelle delicatissima e quindi si coprono facendo i bagni nel fango e sembrano dei grossi ippopotami rosa». Fedy si prende cura di loro, consapevole delle storie difficili che si portano dietro. In loro vede soprattutto la voglia di vivere. «È come se capissero che gli viene data la vita e se la godono al massimo».
SENSIBILIZZARE SUL BENESSERE ANIMALE: UN RIMEDIO CONTRO VIOLENZA E ALLEVAMENTI
Ci sono molti modi per denunciare i maltrattamenti e le violenze che gli animali, come i maiali, subiscono quotidianamente. Fedy decide di farlo in un modo tutto suo, trasformando l’odio e la rabbia in azione attraverso una comunicazione positiva. «Quello che io voglio fare è creare un rapporto empatico con i maiali: sui social – come Facebook – pubblico molte foto dei maiali con i nostri volontari, scrivendo i loro nomi e mostrando momenti di vita quotidiana. Ho cercato fin dall’inizio di raccontare di ognuno di loro la personalità che lo caratterizza, mostrando che sono più simili a noi di quanto pensiamo».
E negli anni i risultati non sono mancati, come nel caso di alcuni cacciatori che dopo aver seguito le vicende degli ospiti del Santuario si sono messi una mano sulla coscienza e si sono promessi di non utilizzare più il fucile. O come il caso di alcune persone che hanno smesso di acquistare prodotti derivati dai maiali. «Questa è una vittoria per gli animali. Se parli in maniera violenta alle persone nessuno ti ascolterà e non farai altro che passare per un’animalista fanatica. Questo è quello che cerchiamo di fare noi santuari: valorizzare il rapporto uomo-animale e cogliere anche l’attenzione dei bambini che sono la potenza del futuro».
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