Federica Sofia e l’amore per l’artigianato: “Le scarpe sostenibili sono quelle che durano e si riparano”
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Brescia, Lombardia - «Ho iniziato a interessarmi all’artigianato e all’autoproduzione grazie a un corso di ecodesign che mi ha avvicinata al mondo della sostenibilità e all’idea di creare un oggetto davvero ecologico perché eterno. Così ho scoperto tutto ciò che ruota intorno alle calzature su misura fatte a mano che ha catturato il mio interesse per l’immensità di tecniche, dettagli e materiali che nasconde, perché in una scarpa davvero artigianale il lavoro più grande è quello che non si vede».
Sono queste le parole con cui si presenta Federica Sofia, un’artigiana che mi ha raccontato come “di sana pianta” si è avvicinata al mondo delle calzature , come è arrivata ad avere un suo laboratorio e ha iniziato il progetto di recupero e di restauro sneakers che la vede protagonista da diversi anni insieme al suo compagno Nicola. La loro è una storia che sceglie di non alimentare un sistema malato di produzione e sfruttamento di risorse e persone e di non creare nuovi rifiuti, che dà supporto a una rete di artigiani e piccole realtà allo scopo di sostenere l’economia del territorio.
Ma come ebbe inizio tutto? Per scoprirlo dobbiamo tornare indietro di dieci anni, precisamente a quando Federica si recò in Inghilterra, a Nottingham, per frequentare un corso di inglese e conoscere il magico mondo dei calzolai che tanto l’appassionava, quel mondo dove tutto viene fatto a mano secondo la tradizione, in luoghi fuori dal tempo e pieni di magia. Per attingere anche lei da questa magia, Federica cominciò a proposti come apprendista volontaria ai calzolai che aveva conosciuto, ma tutti rifiutarono di accoglierla. Tutti tranne Michael, maestro lastmaker, ovvero colui che modella a mano le forme in legno su misura delle calzature.
Raccontaci i tuoi primi passi nel mondo delle calzature.
Cominciò tutto a Londra, dove vissi un paio d’anni “facendo scuola” da Michael, a bottega da vari calzolai e seguendo diversi corsi. Insomma, avendo la fortuna di conoscere e sperimentare diverse tecniche, imparando a conservare di ognuna le caratteristiche che sentivo più affini al mio essere e, così facendo, consolidando nel tempo il mio stile. A settembre 2015 rientrai in Italia, a Brescia, dove aprii il mio laboratorio. In questo spazio il mio ruolo consiste principalmente nella progettazione e creazione di forme e scarpe su misura e di tutta la gestione burocratica, mentre Nicola è specializzato nel restauro di scarpe, anche sneakers, e nella realizzazione dei cartamodelli per il “su misura”. Insieme ci occupiamo anche di riparazioni quotidiane, ma solo ed esclusivamente di scarpe.
Qual è il significato del vostro lavoro e come riuscite a concretizzarlo?
Tutte le nostre calzature su misura sono realizzate con pellami di giacenza, ovvero già presenti nei magazzini, non utilizzati o scartati perché in esubero da grosse produzioni per la moda e grandi marchi. In questo modo recuperiamo materiale di altissima qualità che altrimenti finirebbe abbandonato senza alcun motivo. Tutto il nostro lavoro nasce da un bisogno ecologico e di cambiamento: da una parte la volontà di creare qualcosa di unico che duri nel tempo, fatto con materiali il più possibile sostenibili e che sia riparabile all’ infinito; dall’altra il bisogno e l’impegno a riparare, migliorare e trasformare quel che già abbiamo, per allungare la sua vita e renderlo un oggetto migliore dello stesso nuovo.
Cosa ne pensate del cruelty free?
Il cruelty free è un concetto che applichiamo a gran parte degli ambiti della nostra vite quotidiana: quando scegliamo come alimentarci – io sono quasi vegana e Nicola mi appoggia molto spesso –, quando compriamo abbigliamento quasi sempre vintage e usato, quando cerchiamo di fare scelte sostenibili ogni volta che ne abbiamo l’occasione. Per quanto riguarda le scarpe però il discorso è molto diverso: soprattutto se queste sono davvero artigianali e su misura, servono materiali che si possano lavorare a mano e all’altezza della durevolezza che un oggetto del genere merita. Purtroppo per ora solo la pelle ha queste caratteristiche. Sceglierla di giacenza e recuperare ogni piccolo scarto dandogli nuova vita con i restauri, secondo noi è la scelta migliore che si possa fare al momento.
Avete mai pensato a una soluzione alternativa, un materiale vegan che sostituisca il pellame?
Siamo stati molto interessati alla questione e lo siamo tutt’ora, abbiamo spesso richiesto campioni di materiali alternativi prodotti da scarti di vinacce, ananas e altro, ma con il nostro tipo di lavoro non funziona, vorrebbe dire utilizzare materiali non durevoli, soprattutto se lavorati a mano per tutta la struttura delle scarpe, dai soletti ai puntali a tutti i rinforzi. Lo lasciamo fare ai coraggiosi che hanno scelto di provarci con i calzaturifici e li ringraziamo per questo, sperando che un giorno anche le scarpe vegane possano durare una vita.
Qual è il vostro target?
Non abbiamo una tipologia specifica di clientela, si rivolgono a noi persone di varie età, occupazioni. C’è chi si avvicina al mondo del “su misura” perché ha problemi ai piedi e non trova le scarpe adatte alle sue esigenze, così come c’è chi vuole semplicemente regalarsi un paio di scarpe fatte solo per lui o lei. Sono persone che guardano al green, alla sostenibilità, ma anche all’artigianato locale e alla qualità e durabilità dei prodotti, passando anche per gli appassionati, sia del su misura che di sneakers.
Novità in vista?
C’è un grande progetto in fase di studio, una bella collaborazione per avvicinarci al mondo dell’artigianato dei calzaturifici e capire come evolverlo nel futuro, ma non posso dire di più.
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