24 Feb 2023

Fabio Strinati, l’artista che celebra la Natura e recupera alberi antichi

Scritto da: Brunella Bonetti

Sull'appennino marchigiano, circondato dalla natura, vive Fabio Strinati, poliedrico artista e amante del mondo vegetale che "avrebbe preferito essere un agricoltore". Non per niente la sua produzione è fortemente influenzata dal suo rapporto con il naturale e si accompagna ad attività rurali come il recupero di antiche varietà di piante da frutto.

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Macerata, Marche - Un uomo poliedrico che riesce a orchestrare in musica parole e azioni l’impegno della tutela dell’ambiente e del continuo dialogo con esso. Fabio Strinati è un poeta, uno scrittore, pianista e compositore italiano che ha intrapreso un percorso che lo ha portato a ritrovarsi a stretto contatto con il bosco e con la natura sull’appennino umbro-marchigiano.

Qui, oltre a gestire un terreno di famiglia dove salvaguarda alcune tipologie di alberi molto antichi – il sorbo, l’azzeruolo, la nespola, la rosa canina – ha ripristinato un vitigno molto vetusto, piantato dai bisnonni negli anni ’40 del novecento, di uva a bacca bianca, che quando matura diventa di un colore rosa. In quei luoghi Fabio pratica anche la meditazione, lo yoga e la musicoterapia. 

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Chi sei, di cosa ti occupi? 

Mi chiamo Fabio Strinati e sono un insegnante, poeta, pianista e compositore professionista. Insegno pianoforte e storia della musica. Scrivo poesie e aforismi e ho pubblicato diversi dischi di musica classica/contemporanea. La mia storia è una storia, se vogliamo, casuale. Avrei preferito essere un agricoltore professionista, un contadino artigiano, un cesellatore della terra, anche se per certi versi lo sono diventato. Ma soprattutto, mi ritrovo a essere un artista. Pura casualità, davvero.

Come nascono le tue molteplici passioni?

Hanno sempre albergato dentro di me: ad un certo punto, ho sentito il bisogno di scrutarmi interiormente, di ascoltarmi, di gettare un occhio dentro di me. Queste passioni sono fuoriuscite in maniera libera e spontanea, senza forzature.

Che rapporto hai con il multiculturalismo, viste le tue molte collaborazioni e opere plurilingue e pluriculture?

Amo il multiculturalismo. Sono un animo molto sensibile e curioso. Odio i muri e le barriere, da sempre. Mi piace studiare, approfondire i popoli: gli idiomi, le culture, gli usi, i costumi. Adoro l’etnomusicologia e gli scambi culturali a vari livelli. È una questione di approccio e di sensibilità.

Come nasce il tuo amore per la natura e in particolare per la tutela delle specie vegetali antiche?

Nasce spontaneamente dal mio animo. Anche qui è tutta una questione di sensibilità. Sono nato in montagna, tra gli alberi e gli animali. I cinque sensi sono fondamentali: sintonizzarsi, captare, vedere, saggiare, osservare, toccare. Gli alberi vetusti poi sono creature mistiche, quasi mitologiche: abbracciare un albero vetusto è davvero un ricostituente naturale per l’anima.

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Cosa intendi per “frutta ormai dimenticata” e in che modo la salvaguardi?

Nespoli, sorbi, azzeruoli, corbezzoli eccetera: quella frutta che sui banchi di ortofrutta è scomparsa. Frutti tra l’altro molto salutari, ma dimenticati e lasciati a marcire, oppure mancanti. Semplicemente io li assaporo prendendoli direttamente dagli alberi, oppure ci preparo delle confetture, creme o intrugli benefici per la salute. Anche tisane. E poi tutelo gli alberi attraverso potature non invasive.

Come riesci a conciliare le tue molteplici attività?

Attraverso l’organizzazione, frutto di una metodologia molto personalizzata. Sono prolifico e metodico, mi piace fare e creare. Mi piace stare sul pezzo, sono molto energetico  e spirituale. Ma riesco comunque a coltivare gli affetti e a ritagliarmi degli spazi liberi, soprattutto per meditare e praticare yoga.

C’è qualcosa che le mette tutte in connessione?

Certo, è l’ amore per la vita e la paura di non morire. Adoro l’astrologia e l’astronomia: i buchi neri, l’universo, i pianeti, le stelle, gli anni luce. Credo nell’eternità e nell’immensità. Questo è il filo conduttore delle mie molteplici passioni e attività.

Come trascorri le tue giornate? 

Trascorro le mie giornate nel mio studio: un guazzabuglio in subbuglio, ma ordinatamente disordinato. E poi immerso nella natura, tra i miei alberi vetusti e le mie montagne. E lì compongo musica, studio, leggo molto; per esempio proprio ora sto leggendo di seguito, attraverso un maratona letteraria, i cento libri più belli del secolo scorso. E poi organizzo le lezioni. Infine in natura passo molto tempo. Mi dedico alla potatura degli alberi, le viti, gli ulivi: faccio il vino e l’olio. E poi l’orto. Il tutto con moltissima passione, scrupolosità e passione.

Il mio futuro è un presente in movimento, uno scrigno dove poter attingere nobili insegnamenti e altrettanto nobili errori

Perché è importante salvaguardare i boschi vetusti e tu in che modo ci riesci a farlo?

I boschi, sia che siano vetusti oppure no, vanno tutelati perché senza di loro, noi non saremmo niente. Da parte mia, li tutelo semplicemente ascoltandoli. Non taglio alberi, non calpesto fiori, mi dedico al sottobosco con attenzione; divento un tutt’uno.

Canti nelle tue opere la natura?

Nei miei libri e nei miei dischi, la natura è sempre presente, così come pure l’amore per la Donna. Penso che in fin dei conti, tra autore e natura, ci si tuteli a vicenda.

Cosa consiglieresti a chi come te si batte per le cause ambientali magari attraverso forme d’arte?

Consiglio di affinare i cinque sensi, che sono comunque fondamentali per la qualità psicofisica della nostra vita e quotidianità.

Che futuro ti aspetti ci sarà per l’ambiente?

Sono ottimista per natura, ma non vedo nulla di positivo all’orizzonte. Dobbiamo cambiare il nostro stile di vita in tutto, a partire dagli eccessi: mangiare meno, sprecare meno. E poi, troppa plastica, troppo smog, troppo caos.

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E per quanto riguarda l’arte?

Non sono un veggente, né posso prevedere in quale direzione il mondo, e in particolare quello dell’arte, con precisione si stia dirigendo. Posso però intuire alcune cose: più attenzione, più altruismo, meno consumismo e meno superficialità. Ritorniamo ad essere persone e non bancomat viventi. Torniamo a usare il cervello. Più cervello e meno portafogli. L’arte più bella è la vita.

Che futuro ci sarà per te che canti poeticamente la natura e coltivi un amore poetico?

Il mio futuro è un presente in movimento, uno scrigno dove poter attingere nobili insegnamenti e altrettanto nobili errori da poter perfezionare. Con gradualità.

Due parole poetiche per chi legge, ascolta, ama e protegge l’arte e la natura?

Ritorniamo alla poesia: leggiamo, documentiamoci. Approfondiamo la serenità, la bontà e la leggerezza in armonia con la natura.

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