Casa Sociale delle Donne, a Catania un luogo di sostegno per chi è vittima di violenza
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Catania - Secondo i dati dell’UNIFEM, una donna su tre nel mondo è stata violentata, picchiata, costretta all’atto sessuale oppure abusata almeno una volta nella sua vita. Tra le varie violenze, secondo uno studio dell’ OMS e della Banca Mondiale, quella domestica è la causa principale di morte o di lesioni gravi per donne tra 16 e 44 anni: peggio del cancro, della malaria o degli incidenti stradali.
La violenza contro le donne, qualunque essa sia, è tra le forme più gravi e diffuse di violazione dei diritti umani. Nonostante si inizi ad avere maggiore consapevolezza del problema, non è mai abbastanza. E proprio per questo l’associazione Penelope – dal 1996 impegnata in diversi territori siciliani sul fronte dell’accoglienza, del sostegno, della tutela legale e sanitaria, dell’accompagnamento verso un’autonomia sociale e lavorativa di persone e donne in condizioni di povertà estrema, vittime di sfruttamento, violenza di ogni tipo ed emarginazione – ha inaugurato nel cuore di Catania la Casa Sociale delle Donne lo scorso 5 maggio.
Al civico 627 di via Plebiscito a San Cristoforo – un quartiere centrale ma allo stesso periferico per le condizioni in cui vivono molte famiglie dove il tasso di criminalità, abbandono scolastico, incuria e abbandono, dovuti anche a una perenne assenza delle istituzioni, accelerano processi di degrado – circa 75 donne hanno trovato un luogo dove poter rinascere, imparare a volersi bene e farsi rispettare, trascorrere del tempo in compagnia di altre donne con cui condividere esperienze ed emozioni.
La Casa Sociale delle Donne – finanziata dai fondi 8x Mille a gestione statale per l’anno 2019, è rivolta alle donne richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale vittime di tratta ma accoglie anche donne italiane – è un progetto della durata di 15 mesi che dovrebbe concludersi il prossimo marzo. L’associazione Penelope sta cercando di far proseguire l’iniziativa oltre la scadenza prevista.
«Non possiamo abbandonare il quartiere e tutte quelle donne, italiane e straniere, che qui hanno trovato uno spazio di pace. Non vogliamo che la casa sia gestita dagli operatori, vogliamo che sia co-gestito dalle donne che la vivono quotidianamente. Certi progetti non possono perdersi con la fine dei finanziamenti», racconta Oriana Cannavò, vice presidente dell’associazione Penelope Coordinamento Solidarietà Sociale Onlus.
La Casa Sociale è un’opportunità di incontro, confronto, integrazione e inserimento per tutte le vittime di violenza e ha al proprio interno anche uno sportello sociale e legale con la presenza di un mediatore, un avvocato, operatori sanitari ed educatori, per fornire un supporto completo a chi ne ha bisogno. Due stanze sono dedicate ai bambini, tra giochi, colori e attività: le donne che non hanno alternative hanno a disposizione un servizio di baby parking e possono partecipare alle attività organizzate in sede che non sono mai fine a sé stesse.
Tra queste, ad esempio, la sartoria sociale. Guidate da Amelia Alessia Cristaldi ed Emily Pelacane, da tempo impegnante nel quartiere anche con i corsi di cucito al centro Midulla, un gruppo di donne sta imparando una nuovo lavoro con l’obiettivo di creare un micro progetto di imprenditorialità che permetta loro di trovare uno spazio nel mondo. Poi la web radio Clandestine, dove le donne raccontano le proprie esperienze di violenza per aiutare chi sta attraversando un momento simile; e ancora, un corso di italiano e laboratori di cucina durante i quali si condivide il momento della preparazione del cibo e ci si scambia le ricette tipiche dei vari paesi di provenienza.
«Le donne sono soggetti di diritti. Noi cerchiamo di risolvere i problemi a livello collettivo e non solo individualmente. La Casa Sociale è un luogo dove le donne possono organizzarsi per cambiare vita, imparare a proporsi come soggetti attivi in famiglia, nei luoghi di lavoro e nella collettività», continua Oriana.
Nonostante, dal suo punto di vista, vi sia una maggiore attenzione alla violenza in ambito legislativo e sociale, non sono diminuiti i casi di violenza e molti non vengono neanche denunciati. Sono dunque necessari percorsi e strumenti concreti per raggiungere una propria autonomia e la capacità di affrontare un sostrato culturale molto spesso limitante e vincolante. La Casa Sociale delle Donne vuole essere un luogo dove costruire rapporti interculturali e dare spazio alle propensioni e alla creatività tramite attività, assistenza e supporto a chi che vuole sfuggire alla logica dello sfruttamento.
L’associazione Penelope, adesso molto di più grazie anche alla Casa Sociale, è sempre stata un punto di riferimento per le comunità straniere di Catania, e non solo, grazie alla presenza di un ufficio in via San Giuliano che offre aiuti concreti in ambito pratico, legale e sanitario. «Le donne spesso non sono abituate a essere monitorate durante la gravidanza, mostrano difficoltà a sottoporsi agli accertamenti che fanno parte della routine. Non conoscono la contraccezione, non sanno cosa sia un’informazione sanitaria adeguata e non sanno neanche della possibilità di un’interruzione assistita della gravidanza. Sono tanti i livelli su cui bisogna lavorare, lo facciamo da anni e non molliamo», conclude Oriana.
Inclusione sociale, cooperazione allo sviluppo, tutela dei diritti umani, civili, sociali e politici, pari opportunità dovrebbero essere davvero i temi dominanti delle agende politiche dei politici, soprattutto in quartieri come San Cristoforo dove si vivono delle vite al limite, dove si concentrano sacche di povertà, straniere e non, inaccettabili e l’esistenza di molte persone ha ben poco di dignitoso. Lunga vita a La Casa Sociale delle Donne e a tutte quelle attività che si battono tutti i giorni per migliorare la qualità di vita di chi è relegato ai margini della società spesso non per loro colpa.
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