Taranto chiama, sostieni il documentario che racconta la strage impunita
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Taranto, Puglia - “Il dolore non muore mai“. È questo il messaggio che Taranto ha trasmesso al nostro Daniel Tarozzi quando l’ha visitata la prima volta per testimoniare ciò che di orrendo – ma anche di bellissimo – sta avvenendo nel capoluogo pugliese, per incontrare persone, per cominciare a tessere un filo narrativo che non si è interrotto ancora oggi. Perché la storia di Taranto deve essere raccontata: il silenzio è l’arma più potente di chi sta avvelenando da decenni questa terra e i suoi abitanti.
Dicevo di cose bellissime che avvengono laggiù – anzi, lassù, stando alla nuova mappa dell’Italia Che Cambia. Già, perché fra i fumi tossici con cui Acciaierie d’Italia impregna l’aria della città si muovono persone splendide, tanti Davide che combattono quotidianamente contro Golia per avere giustizia. L’ultimo in ordine di tempo di cui abbiamo parlato è Alessandro Marescotti, visionario fondatore di PeaceLink.
E Taranto non si arrende. Taranto chiama, come la giornalista Rosy Battaglia ha deciso di titolare il suo ultimo, fondamentale lavoro d’inchiesta, di cui anche Italia Che Cambia è media partner. Il documentario è collegato a un crowdfunding che è giunto al rush finale. Mancano solo due giorni alla conclusione della campagna per la raccolta fondi, prevista per il 19 gennaio. La campagna promossa dall’associazione Cittadini Reattivi ha raggiunto la cifra di 16.658 euro e ormai superato i 200 sostenitori e co-produttori e co-produttrici del progetto.
Invitiamo tutti e tutte a sostenere questo progetto, poiché l’attualità dimostra che il tempo stringe e la posta in gioco è sempre più alta. Nel limbo delle vacanze natalizie infatti, il Governo si è nuovamente schierato a favore di Acciaierie d’Italia con un nuovo provvedimento. Il 5 gennaio infatti è stato emesso l’ennesimo decreto salva-Ilva, con il dissequestro degli impianti ritenuti pericolosi per la salute e l’ambiente e l’inserimento dello scudo penale, un vero e proprio decreto “salvagente” per gli amministratori della fabbrica, liberi di inquinare.
Nessuna considerazione quindi per la sentenza di Ambiente Svenduto e tanto meno rispetto per la condanna emessa nel 2019 contro l’Italia della CEDU – la Corte Europea dei Diritti Umani, che “ha respinto tutte le osservazioni di difesa del governo italiano e ha accertato che lo Stato italiano continua ancora oggi a non tutelare la salute dei cittadini dagli effetti delle emissioni nocive del siderurgico e non procede alle bonifiche di tutta la zona coinvolta dall’inquinamento” – o per l’appello dell’ONU che ricordava che vivere in un ambiente salubre è un diritto umano. Qui trovate un ulteriore approfondimento sull’argomento.
M non tutti i mali vengono per nuocere. Il decreto è servito a ricompattare i movimenti ambientalisti tarantini: infatti, è in programma per martedì 17 gennaio un sit-in di protesta sotto la Prefettura di Taranto. Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink, in questo post su Facebook sintetizza in dieci punti le volontà e le motivazioni della protesta. Mentre Gad Lerner è stato querelato da Acciaierie d’Italia solo per aver espresso le proprie opinioni sullo stabilimento dell’ex Ilva.
Tutto questo sarà il racconto che finirà nel documentario Taranto chiama. Ma non solo. La volontà di Rosy Battaglia è di dare risalto anche alla bellezza di questa città e di parlare del suo futuro sostenibile. “Muoiono le persone a Taranto, si ammalano, ma soprattutto smettono di sognare e trasformano la propria esistenza in unico ininterrotto incubo scandito dal respiro della grande fabbrica, che in ogni attimo, in ogni suo sbuffo di veleno nel cielo, rinnova un dolore, un dolore che non muore mai”, scriveva Daniel nell’ormai lontano 2013. Dieci anni sono passati e la battaglia continua a infuriare. Mai come oggi la gente di Taranto ha bisogno di noi, di voi: sostenete la raccolta fondi.
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