16 Gen 2023

Due presidi siciliane rispondono alla lettera della mamma finlandese: una scuola pubblica migliore in Italia esiste

Scritto da: Salvina Elisa Cutuli

A qualche giorno di distanza dalla lettera pubblicata da una mamma finlandese sull’esperienza scolastica vissuta in Sicilia per pochi mesi, abbiamo chiesto alle dirigenti scolastiche Antonella Di Bartolo e Alfina Bertè un parere in merito. C’è ancora tanto da fare, soprattutto nel campo dell’edilizia scolastica, ma una scuola pubblica innovativa in Italia esiste.

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Ha fatto molto scalpore la lettera di una mamma finlandese pubblicata lo scorso 6 gennaio in merito alla sua esperienza e quella dei suoi figli nel sistema della scuola pubblica italiana: è stata così disastrosa da convincerli a fare le valigie dopo appena due mesi dal loro trasferimento in Sicilia per dirigersi verso la Spagna e verso un sistema educativo più simile a quello etichettato come “finlandese”.

Al di là dei toni usati, forse un po’ troppo paternalistici, proviamo a fare un’analisi della situazione “scuola” in Italia evitando di schierarci a favore o contro le sue esternazioni. Un’opportunità di confronto non solo per denunciare quanto ancora serve cambiare, ma anche per raccontare quanto è stato fatto e quale direzione hanno intrapreso molte scuole da diversi anni. Anche in Sicilia.

Per farlo abbiamo chiesto il parere ad Antonella Di Bartolo, dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo Sperone – Pertini di Palermo, e ad Alfina Bertè, dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo Giovanni XXIII di Acireale. La prima da dieci anni opera in un quartiere disagiato di Palermo, una delle piazze di spaccio più grandi del meridione, dove al suo arrivo si registrava una dispersione scolastica del 27,3% oggi ridotta all’1,45%. La seconda invece è portavoce e capofila di sistemi innovativi adottati dalla scuola pubblica italiana. 

studenti scuola

Concordano entrambe sul presupposto che la scuola deve rispondere ai bisogni della persona, anche se non sempre purtroppo è così. La scuola italiana – è inutile nasconderlo – ha molti limiti, ma non è tutto come sembra. Parlare di scuola richiede una visione che si estenda, metaforicamente e non, oltre le mura degli edifici scolastici, che tenga conto del contesto, della qualità di vita, dei problemi sistemici che, se non sono conosciuti in profondità, rischiano di essere giudicati con leggerezza e superficialità, tralasciando la complessità della questione.

L’IMPORTANZA DELL’EDILIZIA SCOLASTICA

«La scuola non è solo un luogo di apprendimento, ma è soprattutto uno spazio in cui ci si relaziona. Un serio piano di edilizia scolastica sarebbe necessario come punto di partenza; ciò non vuol dire solo creare nuove aule, ma concepire impianti didattici di spazi esterni sicuri, accessibili, dove poter stare all’aperto e fare didattica all’aperto. Vuol dire pure disegnare un luogo dove i ragazzi possono consumare un pasto e rimanere a scuola un tempo congruo per portare avanti lo studio a prescindere dalle pause. Tutte cose possibili e che esistono già al di fuori dell’Italia, non solo in Finlandia», commenta Antonella Di Bartolo.

«È vero che l’Italia esporta cervelli – prosegue la dirigente –, ma dobbiamo renderci conto che a scuola dobbiamo accompagnare la crescita di persone nel modo più sano e armonioso, in modo che stiano bene anche da un punto di vista emotivo ed emozionale. Noia, insicurezza, ansia sono gli stati d’animo predominanti secondo l’ultima ricerca regionale “Adolescenti tra presente e futuro” realizzata dall’Osservatorio Adolescenti del Comune di Ferrara e dalla Regione Emilia-Romagna su un campione di più di 15mila ragazzi. Un ripensamento delle modalità didattiche dovrebbe andare di pari passo con gli investimenti sulla scuola e con il contesto intorno».

È vero quanto detto dalla mamma finlandese, ma perché si lascia spazio solo a questo tipo di narrazione e non si raccontano i cambiamenti positivi in atto già da anni in scuole di tutta la penisola?

Secondo la preside palermitana, «la Sicilia ha pregi, che non dipendono da noi, e un potenziale già di base fortunatissimo tra natura, clima e arte, eppure il contesto non sempre è di aiuto. I trasporti, ad esempio, funzionano poco e niente e le piste ciclabili sono quasi inesistenti. La scuola non è un corpo a sé stante, il suo ripensamento deve includere tante cose. Mi chiedo se esiste davvero la volontà per farlo».

«Il calo demografico è stato usato come occasione di risparmio, veniamo da decenni di tagli sulla scuola», conclude Antonella Di Bartolo. «Ascoltiamo, riflettiamo, guardiamo altrove per capire se possiamo non per forza traslare le esperienze estere da noi, ma a partire dalle condizioni attuali fare qualcosa per far stare bene i nostri ragazzi. Stare sei ore seduti non è il modo più funzionale e opportuno per agevolare un processo di apprendimento». 

Un’occasione per ripensare al nostro sistema scolastico nazionale e provare a capire se c’è qualcosa da sistemare, da rivalutare, allargando lo sguardo non solo alla scuola, ma alla città che c’è intorno. La scuola italiana così com’è ci piace? Risponde alle aspirazioni, al benessere dei ragazzi, alle aspettative delle famiglie? Malgrado sia agita da insegnanti validi, nonostante qualche eccezione, si ritrova in un contesto strutturale che fa fatica a mettere in pratica le giuste osservazioni della mamma finlandese. Questo è il punto di vista di Antonella Di Bartolo.

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LE SCUOLE INNOVATIVE ITALIANE

Secondo Alfina Bertè è vero quanto detto dalla mamma finlandese, ma perché si lascia spazio solo a questo tipo di narrazione e non si raccontano i cambiamenti positivi in atto già da anni in scuole di tutta la penisola? «In tutta Italia ci sono tantissime scuole pubbliche e statali del movimento dell’avanguardia educative – circa 1000 dal 2014 – e la mia scuola è capofila per la Sicilia. Sono poli in tutta Italia legati al movimento senza zaino o alla rete per le scuole all’aperto, che stanno abbracciando degli approcci organizzati e metodologici che rispondono di più ai bisogni di cui parla la mamma finlandese. Micro lezioni e spazio all’esperienza».

«Dal 2015, grazie anche all’asilo nel bosco, l’attività di apprendimento con l’aula in natura ormai è diffusa, certo non in tutte le scuole, ma a macchia di leopardo ci sono tante realtà in tutta Italia. Tutto ciò che è etichettato come “scuola finlandese” lo troviamo semplicemente fuori dall’Italia, dove si applica cooperative learning e outdoor education. Abbiamo anche Indire, un Istituto di ricerca che raccoglie dati, per noi utilissimi, dai primi anni del ‘900, costituendo un riferimento continuo soprattutto per le scuole che generano innovazione», sottolinea Alfina Berté.

Esistono tante scuole in Italia che stanno cercando di mettere in pratica anche tutte le indicazioni utili raccolte da Indire, per andare incontro al bisogno della persona: «Noi facciamo didattica all’aperto e osserviamo sempre una pausa tra una lezione e l’altra, soprattutto dopo il lockdown. Le notizie come la lettera pubblicata non sono sempre utili, non perché bisogna fare finta che vada tutto bene, ma perché spesso veniamo attaccati e si fa fatica a portare avanti processi che richiedono molto tempo».

scuola istituto

Secondo Alfine Bertè dunque, il rischio è quello di trasformare un punto di vista parziale in verità assoluta per molti: «Se il ministero prendesse una posizione sarebbe più semplice. Tra l’altro i documenti ministeriali sono a passo con i tempi, parlano di scuola comunità, e noi stiamo applicando quanto riportato in queste indicazioni. L’Istituto Giovanni XXIII, ad esempio, svolge un lavoro di mentoring con scuole più piccole siciliane supportandole nell’introduzione dell’outdoor education e delle tecnologie. Si preferisce dare spazio alla mamma finlandese – che non critico, anzi – e si sottovaluta il grande lavoro fatto fino a qui».

«In Italia, è vero, la scuola fornisce maggiori contenuti rispetto al resto dell’Europa, ma avrebbe più senso approfondire le life skills come si fa all’estero, prolungare il tempo di permanenza a scuola – da Roma in giù è una battaglia – in modo da veicolare tali contenuti in maniera approfondita o altrimenti adottare la didattica essenziale. La strada è segnata e abbiamo l’esperienza dei grandi maestri italiani, non ci stiamo inventando nulla: il movimento di cooperazione educativa, Maria Montessori, Gianni Rodari, Mario Lodi», conclude Alfina Berté.

Le testimonianze delle dirigenti Antonella e Alfina sono la dimostrazione che in Italia esistono migliaia di dirigenti scolastici, docenti e personale scolastico che quotidianamente lavorano per costruire una scuola migliore che, di fatto, esiste già, nonostante le tante lacune e difficoltà. Non esiste una verità assoluta, esistono tante verità e realtà che vale la pena conoscere, approfondire e raccontare per comprendere meglio il mondo in cui viviamo.

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