Quando la poesia diventa una chiave d’interpretazione di un territorio: la storia di Francesco
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Genova - Francesco Cassissa è una guida ambientale – ve l’abbiamo presentato qui – che da qualche tempo ha sentito il bisogno di salire un gradino in più sul piano della divulgazione del territorio. Ha iniziato quindi a sviluppare un progetto che, attraverso l’interpretazione in musica di poesie dialettali, racconta il “sentire” di un luogo. Per farlo è partito per scovare autori locali, che potessero dare voce a un territorio sul piano artistico. La sua ricerca si è subito orientata sulla poesia, perché Francesco la ritiene una forma di espressione che riesce a rigenerare, rompere e allo stesso tempo ricomporre in maniera quasi magica quello che sente una persona.
E un po’ per caso è riuscito a restituire vita a un vecchio libro di poesie, impolverato su uno scaffale di una libreria, contenente poesie scritte un secolo fa nel dialetto della Valpolcevera da Federico Mario Cassissa – il caso vuole che abbiano anche lo stesso cognome – creando grazie alla sua musica una danza tra i ricordi, che aiutano chi ascolta a sentirsi parte di una comunità, stimolando nel profondo un sentimento, quello dell’appartenenza che ci aiuta a sentirci vicini, accomunati da un sentire comune fatto di tradizioni, di luoghi d’incontro e di parole simili.
La musica dal vivo fa emozionare ed è un momento che si assapora meglio in comunità. Ecco perché Francesco propone questa sua interpretazione del territorio in musica a fine escursione, dopo aver conosciuto, visto e “camminato” la terra di cui sta per cantare.
Francesco, in questo tuo progetto la cultura è l’espressione del linguaggio di una comunità: com’è nato e come hai articolato il tuo progetto di “poesie in musica”?
“Poesie in Musica” è il frutto di un qualcosa che mi accompagna nella vita ed è proprio il processo evolutivo dell’opera il punto focale del progetto. “Poesie in Musica” è per me un luogo di apprendimento, di collaborazione, di amicizia, gioco, impegno e vicinanza. L’opera nasce da un’attitudine, da un modo di vivere, che mi piace descrivere come una forma di educazione creativa.
È un lavoro di transumanza, relazione e rivoluzione dei significati espressi attraverso il linguaggio culturale, cioè di quell’insieme magico di realtà e irrealtà che compone il nostro configurare quotidiano, quello spaccato da cui nascono i sentimenti collettivi dove rendiamo vivo il presente. Si tratta in parte di un lavoro sul campo dove pongo accenti sulla simbologia rappresentativa del linguaggio culturale, al fine di favorire la traduzione e interpretazione delle relazioni sociali tra uomo e ambiente, e di prediligere lo sviluppo di sentimenti collettivi come forma di progettualità. Come libero cercatore, trovo punti di equilibrio nel dialogo del circostante. Ho ideato un metodo per interpretare i mutamenti trasformativi del presente, che vesto e metto in azione nella figura del “mediatore territoriale”.
Perché hai scelto proprio il dialetto della Valpolcevera?
Il dialetto è per me la forma organica di lingua d’uso, un tipo di relazione a noi distante nel senso di partecipazione all’ambiente. Allo stesso tempo, la lingua parlata in forma dialettale è il modo per favorire una riflessione dal punto di vista dell’indagine culturale riguardo al rapporto tra uomo e natura. Ho scelto di trasformare il veicolo del contenuto, per dare movimento ai significati e spunti di interpretazione. Ho inteso esprimere l’autenticità del racconto non solo nella forza del contenuto, neppure della forma, ma per opera del contenuto che si è fatto forma.
Trattandosi in parte di un lavoro strutturato che si sviluppa a partire dalle mie esperienze personali e conoscenze, volgendo lo sguardo all’area geografica in questione, si delineano le dinamiche per interpretare, intercettare e rivoluzionare il linguaggio della comunità di individui a cui si appartiene.
Dall’oralità alla poesia, dalla poesia alla musica, dalla rappresentazione al dialogo. “Poesie in Musica” è una proposta di “lettura culturale” del luogo, per introdurre un dialogo alle cui fondamenta si possano inserire i linguaggi culturali, artistici e creativi in senso ampio. Il lavoro intende in questo caso specifico colpire il sistema relazionale del contesto, focalizzandosi sui punti di equilibrio, di collegamento e di rottura dell’agire culturale, dei suoi elementi in continuo divenire, per mettere in comunicazione talenti, visioni, linguaggi, sentimenti e progetti nella forza espressiva del sentire messa in atto dalla creatività.
Come reagiscono le persone ascoltando i tuoi brani e quali sono secondo la tua esperienza, le occasioni migliori per tirarli fuori dal cilindro?
Ad oggi “Poesie in Musica” è approdato in momenti di laboratorio per escursioni, eventi culturali, di associazionismo e comunità, presentazioni formali e collaborazioni artistiche. Le occasioni migliori per presentare il progetto sono quelle in cui vi è la voglia di esplorare in libertà, di sentirsi parte di un dialogo comune, di approfondire in leggerezza e con spirito creativo.
L’intento è far sì che il progetto possa essere un dialogo tra emozioni e significati: un racconto dei sentimenti. Perché i sentimenti? Nell’insieme delle esperienze di vita, sia individuali che collettive, il sentire è l’unica forza capace di stravolgere e rendere armonico il senso delle cose, di dare continuità ai perché della comunità. Si tratta di una forza in grado di raccogliere il passato e dirigerlo verso il futuro vivendo esclusivamente il presente. Attraverso l’esperienza del sentire, la comunità di persone decifra il senso delle cose vivendo direttamente attraverso il corpo, i simboli, i ricordi, segni e vettori dei propri significati collettivi e individuali.
Gli elementi rappresentativi dell’espressione culturale del territorio, quindi ciò che indichiamo come “tradizione”, “folclore” e “abitudini”, sono parte integrante del progetto. Per questo, il lavoro suscita nel pubblico principi di rispecchiamento, immedesimazione e comprensione individuali: crea intermittenze nella composizione del costume culturale aprendosi ad una danza del corpo simbolico.
Quali sono i tuoi prossimi passi lungo questo cammino artistico?
In questo punto del cammino mi vedo pronto per trasformare questo talento in un elemento costruttore di dialogo sociale, di progettualità duratura e lungimirante. Vedo con immensa chiarezza la grande portata del fare unito al figurare, dell’agire libero dalla speculazione come moderatore e filtro delle discipline che regolano i rapporti umani. Solo l’arte, la cultura attiva, la creatività possono donare sentimento alla meccanicità delle relazioni dell’oggi, renderle vive, vivificate, accoglienti e inclusive. Vorrei che il come prendesse il posto del cosa, rendendo meno rigido il pensare, più libero l’agire!
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