23 Gen 2023

Olivami: adottare un ulivo per ritrovare l’identità del territorio pugliese

Scritto da: Benedetta Torsello

Nata circa un anno fa, l’associazione Olivami è impegnata in tutta l’area della provincia di Lecce in un processo di graduale recupero del paesaggio salentino, devastato senza soluzione di continuità dal batterio della xylella. L’associazione pugliese ci racconta che adottare un ulivo rappresenta il primo piccolo passo verso la tutela del territorio e delle sue tradizioni.

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Lecce, Puglia - L’anno scorso un manager inglese ha adottato ben cento alberi di ulivo a Carpignano Salentino, mentre dalla Svizzera ne sono stati adottati altri cinquanta. L’idea è partita da Olivami, un’associazione nata circa un anno fa a Martano, nel cuore della Grecìa salentina, con l’obiettivo di riforestare il tacco dello stivale e in particolare la provincia di Lecce, duramente colpita dalla xylella.

Secondo l’ultimo rapporto della Coldiretti, sarebbero infatti 21 milioni gli ulivi colpiti dal batterio in tutto il Salento, molti dei quali monumentali. La xylella è arrivata a infettare circa 8mila chilometri quadrati di uliveti, intaccando la filiera dell’olio extra vergine di oliva per un danno che ammonta alla perdita di circa 5mila posti di lavoro.

UNIRE LE FORZE

«Volevamo fare qualcosa di concreto per il nostro territorio», esordisce Simone Chiriatti, ventinove anni, socio di Olivami e tra gli ideatori del progetto. Gli anni trascorsi fuori, tra gli studi di Management alla Bocconi e diverse esperienze lavorative, non hanno mai distolto il giovane dal desiderio di rientrare in Puglia, per costruire qualcosa da zero: «Tornato da Milano ho aperto la mia società di consulenza e da lì ho iniziato a conoscere le aziende della zona e i loro bisogni», aggiunge.

Olivami 2

In quest’impresa, al fianco di Simone ci sono altri sedici soci e una rete composta da ben dodici aziende agricole. Una di queste è di Alessandro Coricciati, imprenditore agricolo e oggi presidente di Olivami. «Il progetto nasce dal bisogno di sostenere un settore martoriato come quello dell’ulivicoltura e quindi le aziende agricole, spesso costrette a indebitarsi o – nella peggiore delle ipotesi – a chiudere», mi racconta Simone.

È un circolo vizioso: gli alberi si ammalano, non producono più, la manodopera viene drasticamente ridotta, i frantoi chiudono battenti perché non ci sono più olive da molire e spesso svenduti a pezzi nei paesi al di là del Mediterraneo, tra Grecia, Marocco e Tunisia. A crollare non è solo l’intero indotto, ma il lavoro di generazioni. C’è chi tornando non riconosce più il paesaggio e chi pur guardandolo tutti i giorni, non riesce a farsene una ragione.  Le immense distese di ulivi di un tempo oggi non sono altro che un vago ricordo, spoglio come gli ultimi tronchi rimasti in piedi.

ADOTTARE UN ULIVO E IN CAMBIO DONARE NUOVE PIANTE AI PICCOLI AGRICOLTORI

Olivami nasce dalla volontà di ritrovare la bellezza perduta, un desiderio non solo degli abitanti, ma anche dei turisti, di quelli affezionati che vi tornano ogni anno: «Una coppia di inglesi faceva tappa da queste parti ormai da quindici anni – mi racconta Simone – e volevano far qualcosa, trovare il modo per aiutare i piccoli agricoltori. Ma come? L’idea di Olivami è venuta proprio parlando con chi a questa terra per un motivo o per un altro ci è affezionato».

Il progetto nasce dal bisogno di sostenere un settore martoriato come quello dell’ulivicoltura e quindi le aziende agricole, spesso costrette a indebitarsi o a chiudere

Per sostenere il progetto è possibile adottare uno a più alberi di ulivo, presenti in oltre mille ettari di campagna salentina. «Ad essere adottati, sono proprio gli ulivi delle aziende della rete di Olivami», precisa Simone. E per ogni albero adottato, una pianta di ulivo viene regalata ai piccoli agricoltori, così da sostenere la riforestazione del territorio.

«Inoltre per ogni ulivo adottato riconosciamo al donatore un litro di olio extra-vergine di oliva – prosegue Simone – e la possibilità di recarsi direttamente in campagna per seguire la crescita dell’albero e partecipare all’attività di raccolta tutti insieme, proprio come si faceva un tempo». L’obiettivo è promuovere una nuova forma di olivicoltura partecipata e sostenibile, in un percorso mirato a seguire gli agricoltori, fornendo loro supporto e consulenze gratuite.

«La messa a dimora delle nuove piante viene fatta dagli agricoltori stessi, tenuti a rispettare un protocollo di conduzione che prevedere una distanza di almeno sette metri tra un albero e l’altro e la piantumazione lungo il perimetro dell’uliveto di specie autoctone che tutelino la biodiversità, quali querce, lecci, fichi d’india e piante mellifere», precisa Simone.

Olivami

Ad oggi la Regione Puglia autorizza la messa a dimore di sole due cultivar, la leccina e la favolosa, perché considerate maggiormente resistenti al batterio della xylella. L’auspicio, commentano i referenti dell’associazione Olivami, è che da qui a qualche anno si possa ampliare la varietà di piante da poter mettere a dimora, in un’ottica che tuteli quanto più è possibile la diversificazione delle specie e per ridurre in futuro il rischio di incorrere in nuove batteriosi.

Nell’ambito del progetto Olivami attualmente sono più di 11mila gli ulivi adottati e oltre 15mila gli alberi piantati. «Le aziende del territorio hanno bisogno di un piccolo aiuto per ripartire: questa filiera solidale ci permette di acquistare l’olio offerto ai donatori a un prezzo superiore rispetto a quello di mercato», conclude Simone. «Non si tratta solo di risollevare le sorti di decine di famiglie, ma di supportare in modo responsabile chi come gli agricoltori è tra i protagonisti della tutela del paesaggio e del modo in cui si trasforma nel corso del tempo».

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