Obbligo vaccinale, la Commissione Medica indipendente: la Corte Costituzionale ha ricevuto informazioni errate
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Dalla Cina arrivano notizie allarmanti su una nuova ondata che sta colpendo molte città del paese e in Italia si è subito puntato il dito contro l’insufficiente campagna vaccinale e la politica zero Covid adottata dal paese. Eppure il 90% della popolazione cinese risulta vaccinata, anche se secondo il South Cina Morning le percentuali di chi ha ricevuto il booster rimangono relativamente basse: il 69,8% tra gli over 60 e il 42,4% tra gli over 80. Lo scenario previsto dal Centro Cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie ipotizza circa 1 milione di decessi da SARS-CoV-2, lo 0,07% della popolazione, quattro volte meno dello 0,3% della popolazione morta per Covid da inizio pandemia in Italia.
E a proposito di Italia, che aria tira nel nostro paese? Circa un mese fa la Corte Costituzionale si è espressa riconoscendo la legittimità dell’obbligo vaccinale introdotto dal Governo di Mario Draghi nel 2021, ritenendo inammissibili e non fondate le questioni poste da cinque uffici giudiziari. Sulla base dei dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità in merito all’efficacia dei vaccini nel prevenire l’infezione da SARS-CoV-2, ha dichiarato la prevalenza della salvaguardia della salute di tutti i cittadini sull’interesse dei singoli.
Abbiamo chiesto al dottor Alberto Donzelli, già membro del Consiglio Superiore di Sanità, fondatore e componente del Consiglio direttivo della Fondazione Allineare Sanità e Salute e membro della Commissione Medico-Scientifica indipendente (CMSi) se questa scelta ha motivo di sussistere alla luce dei dati che ci vengono forniti periodicamente e delle ricerche in corso. «In genere i dati sono presentati sotto forma di media pesata dei diversi intervalli temporali in cui si sono effettuate le misurazioni, di norma in un periodo limitato di mesi», ha osservato il dottor Donzelli.
«Ciò non favorisce la consapevolezza del fatto che la protezione dall’infezione data dal vaccino era buona nelle prime settimane con le precedenti varianti, ma solo mediocre con Omicron, declina poi nei mesi fino a zero, cioè al livello dei non vaccinati, e proseguendo il follow-up si negativizza in tendenza o in modo statisticamente significativo. Ciò in Italia si verificava anche nell’era di Delta, ma era stato documentato anche in altri paesi, come Qatar o Svezia. Il tempo trascorso dall’ultima dose di vaccino è di fatto la variabile fondamentale» spiega Alberto Donzelli.
Dal suo punto di vista e da quello della CMSi non vi sono le condizioni previste dalla Costituzione per legittimare l’obbligatorietà della vaccinazione perché ad oggi sono tanti i quesiti che non trovano ancora una risposta e che non rispettano quanto richiesto dalle stesse leggi. L’obbligatorietà si può prevedere:
- se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri;
- se vi sia la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili.
Vediamo nel dettaglio quali effetti ha avuto la vaccinazione su queste due condizioni.
RUOLO DEI VACCINI ANTI SARS-COV-2 NELLA PREVENZIONE DELL’INFEZIONE
Analizzando i dati del Bollettino ISS del 21 dicembre 2022 (Tab. 5A pag. 25 e Tab. 6, pag. 29), oggi, in media e rispetto ai non vaccinati di pari fascia d’età:
- i bambini di 5-11 anni con due dosi di vaccino si infettano il 39% in più;
- i giovani 12-39 anni con booster si infettano il 36% in più;
- gli adulti 40-59 anni con booster si infettano il 64% in più;
- gli anziani 60-79 anni con un booster si infettano il 3% in più dei non vaccinati e se fermi a 2 dosi – dunque probabilmente a maggior distanza dall’ultimo inoculo – si infettano il 19% in più;
- solo nella fascia d’età di 80 e più anni i dati ISS mostrano nei vaccinati con un booster meno infezioni dei non vaccinati.
I dati italiani sono in linea con quanto accade in altri paesi. Ad esempio in Danimarca la protezione da Omicron nei vaccinati Pfizer con 2 dosi è stata del 55% nel 1° mese, tra il 2° e il 3° mese è scesa al 9% e tra il 3°e il 5° mese era -76% sotto il livello dei non vaccinati. Secondo i dati dell’UK Health Security Agency del Regno Unito, le persone che sono state completamente vaccinate e che hanno ricevuto una vaccinazione di richiamo avrebbero una probabilità quasi tre volte maggiore di risultare positive a Omicron rispetto a coloro che non sono vaccinati, nella settimana 13 del 2022.
In Scozia dopo tre mesi e mezzo dalla seconda dose i vaccinati si infettano più dei non vaccinati. Una tendenza negativa si riscontra anche in Qatar e in UK (dalla 36a settimana del 2021 alla 13a settimana del 2022, dopo allora questi dati non sono stati più pubblicati). Lo stesso si è verificato anche nei bambini. Studi realizzati nello Stato di New York, in North Carolina, Qatar mostrano maggiori infezioni nei bambini vaccinati rispetto a quelli non vaccinati.
«Non sono in grado di dire con certezza il motivo di questa inversione di tendenza, potrebbe essere dovuto ad un indebolimento del sistema immunitario. Nei mesi scorsi alcuni studiosi si appellavano a una serie di atteggiamenti adottati dai vaccinati, “liberi” da restrizioni e privazioni e quindi con maggiore possibilità di infettarsi. Oggi questa spiegazione non è più verosimile», commenta il dottor Donzelli.
«Questi dati, se correttamente riportati alla Consulta, avrebbero già potuto chiudere il discorso sulla legittimità di un obbligo “per ragioni di solidarietà”, a meno di non ipotizzare continui richiami per ripristinare una certa protezione. A medio termine per la comunità il vantaggio si traduce in svantaggio. E poi alla luce di dubbi ancora aperti è sostenibile continuare a promuovere booster generalizzati?», si chiede Donzelli.
È risaputo che la protezione iniziale viene ripristinata in modo transitorio con i booster, ma dopo poco tempo si perde velocemente la protezione dall’infezione, addirittura in maniera accelerata al ripetersi degli inoculi successivi. Come si legge in uno studio israeliano “l’efficacia della quarta dose contro l’infezione svanisce più presto, in 10 settimane, in modo simile al fatto che la terza dose svanisce prima della seconda dose”.
EVENTI AVVERSI E MORTALITÈ VACCINATI VS NON VACCINATI
Gli studi concordano nel dimostrare una maggiore e più duratura efficacia vaccinale contro le forme gravi da COVID-19 – anche se nel tempo declina anche questa protezione – rispetto a una minore efficacia contro l’infezione, ma i trial randomizzati controllati registrativi dei vaccini a mRNA negli adulti hanno dimostrato che l’insieme degli eventi avversi gravi di speciale interesse (AESI) in eccesso nei gruppi dei vaccinati supera di oltre 2-4 volte i ricoveri per COVID-19 in eccesso nei gruppi placebo, che la vaccinazione avrebbe evitato.
C’è un’enorme sottostima delle sospette reazioni avverse tra i sistemi di sorveglianza passiva o segnalazione spontanea adottati, ad esempio dall’AIFA in Italia, rispetto alla sorveglianza attiva attuata grazie a studi clinici randomizzati e controllati negli adulti per i vaccini Pfizer e Moderna e dal programma v-safe dei CDC (Centers for Disease Control and Prevention) negli USA. In questi le reazioni avverse, e anche gravi, ai vaccini a mRNA superano di tre ordini di grandezza le reazioni avverse segnalate nei sistemi di sorveglianza passiva.
Lo studio di Peter Doshi ha dimostrato che l’eccesso di eventi avversi gravi di speciale interesse nei gruppi vaccinati supera di oltre 2 volte (con il vaccino Moderna) e di oltre 4 volte (con Pfizer) l’eccesso di ospedalizzazioni da COVID-19 che si è documentato nei gruppi di controllo. Dunque le malattie gravi totali nette sono risultate maggiori nei vaccinati rispetto ai non vaccinati nei trial randomizzati. Stesso discorso per gli adolescenti.
Inoltre, nonostante la variante Omicron si sia dimostrata meno letale di un’influenza stagionale con riduzione al minimo dei rischi da COVID-19 grave, i dati inglesi dell’Ufficio Nazionale per le statistiche UK relativi al 2022, purtroppo pubblicati per stato vaccinale solo da gennaio a maggio, mostrano una tendenza all’aumento della mortalità totale in tutte le fasce di età nei vaccinati rispetto ai non vaccinati, con grandi differenze rispetto al 2021.
«In generale anche in base allo studio di due dei più noti esponenti del gruppo HART, Norman Fenton e Clare Craig, nel 2022 il livello vaccinale è direttamente proporzionale all’aumento di mortalità nei vari paesi, mentre nel 2021 la relazione tra mortalità e livello vaccinale era inversa. Questi dati imporrebbero una discussione scientifica aperta e senza censure. Le due condizioni richieste dalla legge per l’obbligatorietà di una vaccinazione non sono rispettate, dunque non è giustificato l’obbligo di questa vaccinazione» commenta il Dott. Donzelli.
CHI SONO I VACCINATI?
C’è ancora una grande confusione in merito. Ad esempio l’ISS considera “non vaccinati” i soggetti con una dose di vaccino inoculata da meno di 14 giorni. In caso di morte in questo lasso di tempo questi soggetti vengono conteggiati nel gruppo dei non vaccinati. Le aziende ospedaliere a volte adottano criteri differenti tra loro. All’Istituto Spallanzani, ad esempio, avevano dichiarato di considerare vaccinato solo chi ha fatto la dose booster.
A distanza di due anni servirebbe avere maggiore chiarezza a partire da questa “semplice” suddivisione, perché sebbene vaccinazioni e booster riducano per qualche mese i casi Covid, la durata di questo effetto è limitata e per ristabilirlo servirebbero continue dosi che possono avere effetti avversi non trascurabili, che possono sommarsi a possibili danni nel tempo della risposta immunitaria, oltre a possibili aumenti di mortalità non-COVID (dati Inglesi).
In vista di possibili nuove ondate e relativi allarmismi – anche se speriamo ciò non accada – per quanto si sta verificando in Cina, sarebbe utile, anche per non ripetere gli errori di questi ultimi anni, accogliere l’invito di John Ioannidis, epidemiologo dell’Università di Stanford, che ha mostrato come i vaccini in pratica non abbiano avuto effetti nel contenimento dell’ondata epidemica e ha richiamato la necessità, nella corrente fase endemica, di attuare rigorosi studi randomizzati prima di procedere a ulteriori booster sulla generalità della popolazione.
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