La storia di Francesca Mazzara, fra volontariato, attivismo, solidarietà e antispecismo
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Roma, Lazio - Francesca Mazzara è una volontaria che si prende cura dell’ambiente, delle persone fragili e degli animali. Ma cos’è per lei il volontariato? È molto di più che un’azione di aiuto. È una visione del mondo che coinvolge ogni ambito della propria vita. Lei che ha molte passioni – dai viaggi all’arte, dalla fotografia all’architettura al digital design – ha deciso di integrare tutte queste attitudini e interessi personali con l’attivismo nel volontariato, trovando una direzione che vada verso i propri interessi e verso la costruzione di un mondo migliore dove prendersi cura di altri esseri umani è il passo più importante che si possa fare.
Chi sei? Raccontaci la tua storia.
In passato ho lavorato in volo e a terra come hostess, perché ho scelto di seguire una mia grande passione che è viaggiare. Il viaggio mi permette d’entrare a contatto con persone di tutto il mondo e con culture distanti dalla mia. Da diversi anni ho reso questi contatti con popoli e luoghi più profondi e introspettivi, iniziando a viaggiare in solitaria, a contatto solo con la gente del posto e vivendo secondo i loro costumi.
Altra mia passione è l’arte. Ho studiato tre anni architettura – formando gran parte del mio bagaglio culturale artistico –, percorso interrotto e mai concluso quando ho iniziato a lavorare in volo. Anni dopo, quando ho ripreso gli studi, ho scelto di laurearmi come digital designer. Amo qualunque forma d’arte e ho avuto la fortuna di vedere nel mondo quello che ho studiato. Amo molto anche la fotografia, il mio primo regalo importante a 18 anni fu una Nikon reflex e negli ultimi anni mi sono dedicata spesso a fotografare street portrait, urbex e street art.
Come nasce la tua passione per l’ambiente e gli animali?
Sono sempre stata un’ecologista, la mia prima vacanza da sola, ancora minorenne, l’ho fatta con un’associazione ambientalista nel parco regionale della Maremma, aiutando nel censimento di specie selvatiche e nella costruzione di punti d’avvistamento per bird watchers sulla laguna. Ho sempre partecipato, negli anni del liceo e dell’università, a campagne di sensibilizzazione per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli animali con varie associazioni impegnate contro la vivisezione, per la tutela della fauna selvatica e per la difesa dell’ecosistema marittimo.
Qual è il tuo percorso nel volontariato a difesa degli animali?
Il volontariato come impegno costante e programmato è iniziato nel canile comunale della mia città. Inizialmente pensavo che sarebbe stata un’esperienza drammatica psicologicamente, ma che sentivo civicamente necessaria, vista la situazione dei canili. Mi sono sorpresa positivamente nel vedere la forza e la motivazione dei miei concittadini che prestavano il proprio tempo ad aiutare e, nonostante il tanto dolore presente nei canili, ho avuto un piccolo bagliore che mi ha fatto ricredere sull’essere umano. In altri ambiti mi sono relazionata con animali da reddito salvati dal mattatoio, con animali sequestrati per maltrattamenti e con animali selvatici in centri di recupero per fauna selvatica.
Come prosegue il tuo percorso di attivista?
Contemporaneamente ho portato avanti i miei interessi nel sociale, non solo viaggiando ma anche facendo volontariato a contatto con culture diverse, prestando servizio per svariati anni in associazioni che si occupano di migranti, d’accoglienza, anche con un’esperienza con i bambini in casa famiglia.
Durante il lockdown la situazione sociale ha vissuto una crisi che le istituzioni non sono state in grado di risolvere. Proprio in questo periodo l’apporto del volontariato, strutturato o con iniziative singole, è stato fondamentale per affrontare e contrastare i problemi sociali d’intere categorie lasciate praticamente sole e con difficoltà d’accesso ai presidi socio-sanitari: chi è in condizione di povertà, chi vive in strada, chi è senza documenti o permesso di soggiorno.
Quando è avvenuto l’incontro tra il volontariato per le persone fragili e quello verso gli animali?
In quel momento del mio percorso di attivista mi è stato chiesto, come volontaria, di gestire le emergenze di persone fragili in difficoltà con i propri animali e allora due mondi si sono uniti: da una parte le persone socialmente più deboli e dall’altra gli animali, gli ultimi nelle priorità sociali.
Le persone che hanno risentito della crisi economica e perso il lavoro faticavano ad affrontare spese per loro stessi, figuriamoci per i propri animali che richiedono spese alimentari e veterinarie. C’erano anche persone sole positive al Covid in lockdown, che non potevano uscire e avevano bisogno di portare fuori il cane. Anziani soli, in difficoltà economiche, che non potevano accudire il proprio animale, spesso unica fonte d’affetto in un completo isolamento sociale.
Cos’è per te il volontariato?
Non ho mai nominato le associazioni con cui ho collaborato come volontaria o lavorativamente perché penso che il focus non sia l’associazione ma il volontariato, che non importi tanto con chi o per chi, quanto piuttosto il fine e lo spirito con cui ci si approccia all’attività. Il tempo è assolutamente il bene più prezioso che abbiamo e chi fa volontariato dona il proprio tempo, energie e una parte di sé. Penso che trovare nel volontariato una direzione che vada verso i propri interessi e verso la propria visione di mondo da costruire sia la cosa più importante. Si diceva che la pandemia ci avrebbe resi migliori. Non credo serva una pandemia per renderci migliori, basta un piccolo passo fuori dalla nostra comfort zone ed iniziare a spendersi per gli altri.
Qual è la tua visione del mondo?
Il volontariato verso persone e animali si allinea con la mia visione di mondo antispecista. In una società antispecista ogni forma di vita ha pari dignità al di là della specie. Va scardinato il paradigma dell’uomo all’apice d’una piramide e sotto tutte le altre specie animali a lui asservite secondo un ordine d’utilità. Spesso si giustificano preconcetti o discriminazioni con la frase “prima le persone, poi gli animali”, che viene declinata con gli stessi pregiudizi discriminatori in “prima gli italiani poi gli altri”. La visione di mondo che sento mia e che mi preme far arrivare come messaggio è che un aiuto non esclude l’altro e ogni vita ha diritto d’essere aiutata.
Cosa consiglieresti alle Moderne Persefone che vogliono impegnarsi nel volontariato
Far capire che si possono conciliare le due cose è molto difficile, anche all’interno delle stesse associazioni di volontariato: chi si occupa di persone spesso ha molti pregiudizi verso chi spende il proprio tempo a occuparsi di animali e chi s’occupa d’animali non sempre ha la stessa accondiscendenza verso le persone. Io mi sono sempre attivata per cancellare il limite secondo cui adoperarsi in una direzione tolga qualcosa all’altra. Aiutare gli animali non toglie agli umani. Aiutare è sempre giusto.
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