4 Gen 2023

Costruire la pace partendo da empatia e comunicazione: il ruolo del teatro

Scritto da: Cecilia Moreschi

Il teatro può avere un ruolo fondamentale nel costruire una cultura di pace, poiché offre la possibilità di analizzare in profondità e quindi comprendere il messaggio comunicativo. Una corretta comunicazione che eviti fraintendimenti ed errate interpretazioni è infatti un presupposto irrinunciabile per la diffusione di modelli di relazione incentrati su pace e dialogo.

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Quante volte abbiamo sentito dire che la pace si costruisce innanzitutto fra due persone? Allargando sempre più questa cellula iniziale, si passa a comporre pace in famiglia, poi nel proprio condominio o sul posto di lavoro. Quindi fra i gruppi, le comunità, i popoli, le religioni e le nazioni. Ma con l’esperienza di teatro a scuola, è possibile iniziare a edificare la più piccola cellula di pace? Certo che sì.

Mi sono trovata spesso a riflettere sul fatto che i fraintendimenti sono uno dei peggiori mali della nostra società. Spesso qualcuno intende dare un messaggio che il più delle volte viene mal interpretato da chi ascolta e suscita di conseguenza una reazione negativa, alla quale possono seguire discussioni, aggressività, chiusura, offese, addirittura la volontà di concludere amicizie che duravano da tempo. Tutto per aver ascoltato male, non fino in fondo; per non aver compreso.

Una mattina mi trovo a condurre il laboratorio con una classe terza della scuola primaria. In un momento di pausa, mi accorgo che Federico dice una frase a Rebecca [i nomi sono di fantasia, nda] nominando la mamma di quest’ultima. La frase non è affatto offensiva ma Rebecca, al solo sentir parlare di sua madre, si mette sulla difensiva e risponde in malo modo. Vedo Federico restare malissimo. La risposta della sua compagna è talmente inaspettata e fuori luogo da farlo bloccare, non riesce più a proferire parola. Non ha compreso il perché delle parole scortesi.

pace teatro2

Il tutto avviene in una manciata di secondi e non avrebbe avuto seguito – tranne forse nel lasciare una ferita nell’animo del bambino – se io non avessi deciso di lasciar perdere il gioco che stavo per proporre ai miei alunni per permettere loro di riflettere e rivivere l’accaduto. Chiedo all’intera classe di fermarsi, sedersi a terra e ascoltare, quindi ricreo il tutto come fosse la scena di una commedia.

Ci troviamo in una classe e due compagni stanno conversando. Invito Federico a entrare in scena e ripetere la frase appena pronunciata sulla mamma di Rebecca, ma molto più lentamente, così che la bambina possa avere qualche secondo in più per comprenderne il significato. Non solo: conoscendo già il testo verbale, può osservare la prosodia, la gestualità, la mimica dell’amico; ovvero può accogliere dentro di sé l’intero messaggio comunicativo, non solo una piccola parte.

Quindi le chiedo di ripetere anche lei la frase appena data in risposta e subito dopo interrogo l’uditorio, spostando l’attenzione da Rebecca: se fossimo in uno spettacolo teatrale, sarebbe una battuta adeguata? Naturalmente ancor prima che tutti i compagni rispondano di no, è la stessa bambina ad affermare di essersi sbagliata, di aver capito male, e a scusarsi con Federico per la sarcastica risposta datagli un attimo prima.

Quando ci troviamo a condurre un laboratorio teatrale con l’età evolutiva non stiamo solo insegnando ai bambini a recitare. Stiamo assolvendo a un compito infinitamente più grande, più importante. Stiamo offrendo loro l’opportunità di isolare e di conseguenza comprendere, i singoli elementi che compongono un messaggio comunicativo: le parole pronunciate, l’emozione veicolata, la gestualità e la mimica facciale che inevitabilmente accompagnano il tutto.

pace teatro1

Una volta compresi questi elementi, mettiamo la battuta recitata nel contesto dal quale proviene e vedremo che tutto quel che abbiamo afferrato finora è solo un pezzetto di una narrazione più grande e complessa, come la perla di una collana. Stiamo pertanto donando ai nostri allievi elementi per comprendere meglio loro stessi, gli altri e gli adulti. Stiamo diminuendo le possibilità di fraintendimenti e al contempo aumentando l’ascolto, l’empatia, la comprensione dell’altro e di cosa sta vivendo in quel preciso momento. Tutto questo è il mattoncino iniziale per la costruzione della pace.

Nel 2006 la pace conquistò a pieno titolo la ribalta, visto che fu protagonista indiscussa dello spettacolo di quell’anno realizzato con quattro classi quinte, dal titolo Se ci fosse stata la pace. Con il folto gruppo di giovani attori mi trovai a ripercorrere gli eventi più salienti della nostra storia, cercando ogni volta un finale diverso.

L’idea alla base di tutto l’impianto scenico era che non esistono scelte obbligate. Nessuno, mai, in nessun luogo o nessun tempo, è obbligato ad attaccare un popolo, a invadere la nazione altrui, a depredare e saccheggiare le ricchezze che vi trova o ridurre in schiavitù i suoi abitanti. Si possono sempre fare scelte diverse, scelte che imbocchino la via della pace e non quella della guerra.

Quando ci troviamo a condurre un laboratorio teatrale con l’età evolutiva stiamo offrendo l’opportunità di isolare e comprendere i singoli elementi che compongono un messaggio comunicativo

Scrivere tutto il testo e montare lo spettacolo insieme a 85 ragazzi di undici anni non fu affatto facile, ma nessuna opera grande è mai semplice. I ragazzi compresero immediatamente il punto di vista, la chiave di lettura che doveva avere lo spettacolo, e si impegnarono con grande profondità e maturità.

Invitammo l’allora Sindaco della capitale Walter Veltroni ad assistere alla performance e il primo cittadino fece la scelta di venire da noi, anche se – ma questo lo scoprimmo solo nei giorni successivi – lo spettacolo cadeva nello stesso giorno di un congresso del partito, al quale infatti Veltroni arrivò in ritardo. Anche lui fece la scelta di far felici 85 ragazzini di quinta e magari un po’ meno felici gli adulti radunati nella sala congressi ad aspettarlo…

Da quell’esperienza ho continuato a portarmi dietro il “fare scelte diverse”. Spesso mi ritrovo a dirlo a ragazzi che litigano, a un’amica impermalosita o un’altra che rimprovera a più non posso l’amico affetto da iperattività. Che possono fare scelte diverse. Che possono fermarsi a riflettere. Respirare, sorridere. E magari la scelta diversa renderà felice chi la compie ancor prima di chi la riceve. Forse una volta l’anno, o anche ogni due anni, capita di realizzare cose grandi come uno spettacolo con 85 attori al quale invitare il sindaco della propria città. Ma le cose piccole, come cercare di comprendere meglio chi vive accanto a noi, le possiamo fare tutti i giorni

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