29 Dic 2022

Un bosco per amico, un bosco che cura, che vive e ci parla

Scritto da: Daniel Tarozzi

Se solo sapessimo ascoltare… I boschi sono lì, come il mare, come le montagne, come i fiumi. Sono lì e ci parlano ma noi - sordi, ciechi, ottenebrati - non li sappiamo più ascoltare. E allora il libro di Fiammetta Piras ci aiuta a riscoprire quel legame ancestrale che noi abbiamo, con questi “amici fogliosi”. Di cosa stiamo parlando? Lo scoprirete in questo articolo!

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Questa è una storia vera. È la storia vera di un Bosco e del popolo variegato, stupefacente e talvolta persino saggio che lo abita, ed è la storia di un Bosco che si rivela infine come un unico macro organismo, capace di soffrire, lottare, dialogare e di prendersi cura di chi lo ama”.

“Questa è la storia vera della donna curiosa che lo riteneva solo un bel luogo ma che, pur tra molte traversie, ha scoperto alla fine quale prezioso amico possa diventare un Bosco per un essere umano. Una storia che può diventare vera per chiunque sia disposto a incontrare un Bosco con la mente e il cuore pronti a raccoglierne l’armonia e l’amore”.

Queste parole – riportate qui tra virgolette – sono nella quarta di copertina del sorprendente libro di Pierangela Fiammetta Piras: Un bosco per amico – Di come i boschi si prendono cura di chi li ama, edito da Youcanprint.

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Un bosco per amico – Di come i boschi si prendono cura di chi li ama – Un libro di Pierangela Fiammetta Piras

Il libro racconta la storia di Fiammetta, la storia della Dottoressa Piras, la storia del bosco di Puck ma forse, in fondo, racconta anche un po’ la mia storia e forse un giorno potrebbe raccontare la tua. Io ho avuto il privilegio di leggere questo testo prima che diventasse un libro. Qualche anno fa (due? tre? non ricordo) il Professor Giuseppe Barbiero  – sempre sia lodato – mi invita a leggere un testo di una sua amica chiedendomi consiglio per un possibile editore.

Io apro il file sul mio lettore ebook, comincio a leggere e non riesco più a staccarmi. La scrittura è coinvolgente, ironica ed emozionante. La storia semplice, potente, complessa, lineare. I contenuti… I contenuti mi risuonano dentro come campane in una chiesa.

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All’epoca non riesco a trovare un editore per il libro, ma ho il privilegio di conoscere Fiammetta e di confrontarmi con lei e Giuseppe per un po’ di tempo. Poi ci perdiamo un po’, anche se Italia che Cambia racconta la nascita di TeFFIT e io e Fiammetta ci sfioriamo negli studi televisivi di GEO, senza riconoscerci.

Improvvisamente scopro che quel testo che lessi in anteprima è finamente diventato un libro cartaceo, arricchito da nuovi capitoli, dalla prefazione di Giuseppe Barbiero e dalla postfazione del Prof. Bartolomeo Schirone. Ho detto tanto e non ho detto niente. “Di cosa parla davvero questo libro?” Vi starete chiedendo voi.

Parla di tutto e di niente (nel senso più nobile del “niente). Parla di una guarigione fisica ma forse spirituale, parla di licheni, parla di animali persi e ritrovati, parla di scettici e cinici, parla di amore, di inverni, di primavere, di cura, di sole, di pioggia, di caminetto. Parla di umiltà, di dolore, di emozioni, di consapevolezza.

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E ci fa sentire come il bosco siamo noi e noi siamo il bosco e di quanto sia arrogante e limitato pensare di doverlo “gestire” questo “povero bosco”, questi “poveri noi”. E lo fa con il piglio scientifico di un medico che si confronta con le proprie conoscenze, le proprie sapienze e i propri colleghi.

Proprio da questo bisogno di conoscere e capire, nasce l’idea del libro. Dalla corrispondenza tra Fiammetta e il già citato Professor Barbiero. Contatto quindi Fiammetta (in arte la Dottoressa Piras) e parliamo un po’ di questa pubblicazione.

ESSERE IN RELAZIONE CON IL BOSCO

«Le persone sono sempre convinte di amare la natura – esordisce Fiammetta – poi scopri che alcuni  amano la natura nel senso che la sfidano – li ho conosciuti come medico dello sport – altri la amano nel senso che la sfruttano in modo opportunistico, andando per funghi o a caccia e altri ancora la amano “in modo romantico” e sono i peggiori».

«Tutte queste persone pensano di conoscere tutto, e non si rendono conto che la loro convinzione è folle proprio come se pretendessi di conoscerti perché ti ho fatto una risonanza magnetica. Ho scritto questo libro – tra le altre cose – per smontare alcuni pre-concetti. Siamo sempre convinti di dover fare qualcosa, anche nel bosco. In realtà finché pensiamo di avere qualcosa da fare non siamo in relazione con la natura, così come una relazione con un partner non è definita da cosa si fa durante una giornata».

IL RUOLO DELLA SOFFERENZA E L’IMPORTANZA DELLA CONTEMPLAZIONE

«Nel racconto la protagonista soffre molte volte, ma anche il bosco soffre. La sofferenza è molto più unificante di tutto questo benessere, me ne sono resa conto nella mia professione. In questi anni mi sono resa conto che le persone malate entravano in relazione con il bosco più della media e che quelli che ne traevano più beneficio erano quelli che coglievano la sofferenza del bosco, ad esempio nei periodi di siccità».

Fiammetta è molto dura nei confronti della “retorica” del bosco, degli abbracciatori di alberi (si sono mai chiesti se all’albero piace essere abbracciato?), di chi fa “attività fisica” nel bosco o “medita nel bosco”. Non perché non ritenga queste attività sane o saggie ma perché si scambia la parte con il tutto. Meno si fa meglio è. Per questo le piace il termine “contemplare” riferito ai boschi.

«L’idea di con-templare, “passare del tempo con te”, mi piace molto. Inoltre templo richiama al tempo sacro. E’ l’opposto del concentrarsi che in questo ambito è deleterio! In foresta si dice take note, guardare con la coda dell’occhio. Invece noi spesso vogliamo “dimostrare affetto” ad un’altra creatura senza chiederci se a quella piace. Lo facciamo anche con i cani o con i bambini».

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Pierangela Fiammetta Piras

«Eppure, tra adulti umani è implicito che non è educato toccare l’altro se non richiesto. Questo non significa che non si debbano mai toccare degli alberi.  I miei pazienti quando stanno molto male mettono la fronte sugli alberi e in effetti sentono piacere, lo fanno stando attenti a non schiacciare formiche o altre creature viventi. Anche appoggiare la schiena agli alberi dà beneficio».

TRA EMPATIA ED EXOTOPIA

Le parole di Fiammetta mi richiamano al concetto di biofilia e ancor prima a quello di empatia. «Io non amo chiamarla empatia – mi spiega – preferisco exotopia, uscire dal mio luogo mentale e accettare che esiste un altro modo. Posso aiutarti anche se mi stai antipatico, anche se non empatizzo con te. Io non amo le zanzare ma comprendo che sono una forma di vita diversa, obbligare all’empatia asimmetrica richiede lo sforzo mentale di immedesimarsi, ma in molti casi mi sarà impossibile farlo».

«Posso invece allargare la mia mente. L’empatia è antropocentrica, per l’exotopia l’essere umano potrebbe anche non esistere. Il bosco ti riduce all’essenziale, nel bosco che ogni istante ammazza “quintalate di roba” anche solo respirando, ma questo lo fanno anche le creature del bosco, è la morte inutile che non esiste nel bosco. Cerco quindi di evitare la morte prodotta per pigrizia, inutilmente. Non ci sono animali obesi nel bosco..».

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