12 Dic 2022

Il teatro ragazzi e la responsabilità: una storia a lieto fine

Scritto da: Cecilia Moreschi

In questo nuovo articolo di una serie dedicata al teatro come strumento educativo e pedagogico, affrontiamo il tema della responsabilità. Ecco una storia che testimonia come, attraverso il compito condiviso della co-creazione, sia possibile attenuare dinamiche di gruppo e personali distorte nel nome della responsabilità che deriva dal lavoro di squadra.

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Il teatro è uno strumento potentissimo, in grado di agire su una molteplicità di ambiti diversi, probabilmente ancora in parte inesplorati. E se realizzata con i ragazzi, l’esperienza teatrale offre innumerevoli spunti di riflessione e di crescita. Abbiamo cominciato a esplorare il mondo dell’educazione attraverso il teatro nel corso del precedente articolo, vediamo ora una nuova sfaccettatura di questo variegato ambito, ponendo l’attenzione su un altro aspetto: prendersi le proprie responsabilità.

Dopo qualche mese di laboratorio teatrale, si passa di solito alla scelta del testo o dell’argomento da mettere in scena. Sia che il regista abbia una commedia già scritta, sia che la realizzi insieme agli allievi, ben presto arriva il momento di distribuire ai ragazzi il copione, ovvero il testo scritto attraverso il quale ciascuno memorizzerà la propria parte. Finora il gruppo ha giocato a “fare finta”, improvvisare e inventare. Ora la faccenda inizia a farsi più seria: c’è uno spettacolo da preparare, che sarà bellissimo solo grazie al contributo di tutti. Ma le insidie cominciano ad affacciarsi già dal momento in cui i ragazzi hanno in mano il copione.

Qualcuno lo perde, qualcuno lo lascia a casa del padre dove ha trascorso il weekend visto che ha i genitori separati, qualcuno lo riporta completamente scompaginato, altri ancora affermano di non aver proprio avuto tempo per imparare la parte in quanto la loro settimana è densa di impegni e appuntamenti – «Davvero?», dico sempre io. «Quindi non avete tempo neppure per giocare alla play station?», al che sorridono e confessano che per i videogiochi il tempo si trova sempre.

teatro ragazzi 1

È questa l’occasione per riflettere insieme ai ragazzi sulle responsabilità di ciascuno. Io ho assolto ai miei compiti nei loro confronti: ho trasmesso sufficienti conoscenze per farli andare in scena e fornito a ciascuno il testo da imparare. Ma non posso sostituirmi a loro nel memorizzare le battute. Aver cura del copione e imparare la propria parte è una responsabilità di ciascuno. Altrimenti è impossibile realizzare lo spettacolo.

Li invito quindi a rivedere brevemente la propria giornata e individuare un momento in cui leggere e ripetere le proprie battute, anche solo due al giorno. Inoltre, se non trovano più il copione devono attivarsi e chiedere aiuto a un amico/a che per esempio potrebbe portare una copia del suo, senza aspettare che genitori o insegnanti, ovvero gli adulti, risolvano il problema.

A volte però, accadono delle cose straordinarie. Nel 2019 stavo lavorando con quattro classi quarte della scuola primaria. Avevamo scelto alcune fiabe classiche da mettere in scena, una per classe, e ciascun alunno e alunna poteva “intervenire” sulla vicenda aggiungendo un personaggio, approfondendo un episodio e così via. Una delle favole era Il soldatino di stagno e tutti i giovani allievi di quella classe si erano messi all’opera con entusiasmo, immaginando eventi, personaggi e dinamiche che avrebbero arricchito la storia e la messinscena.

Tutti tranne uno. Giacomo (nome di fantasia) rimanda di settimana in settimana il suo contributo. Non solo: è dall’inizio dell’anno che lo vedo più attento a disturbare e prendere in giro i compagni che a preoccuparsi del compito affidato o di fare le prove. Infatti nei primissimi incontri un altro bambino, Giovanni (nome di fantasia) mi aveva detto che quest’anno non voleva recitare, confidandomi poi in un orecchio che temeva le prese in giro di Giacomo.

teatro ragazzi 2

Mi metto a osservare meglio il suddetto ragazzino e nel corso delle settimane non è difficile rendersi conto che sta pian piano assumendo sempre più il ruolo del bulletto della classe, capobanda di altri tre o quattro che spesso e volentieri si sganasciano dalle risate alle sue battute sarcastiche. Mancano poche settimane alla messinscena e, nel salutare la classe, dico loro che è un vero peccato: lo spettacolo avrà i contributi di tutti tranne quello di Giacomo, ma io non posso di certo obbligarlo, è lui stesso che ha deciso di non collaborare in alcun modo alla realizzazione dello spettacolo, che è un’opera di tutti.

La settimana successiva Giacomo mi porta finalmente un foglietto stropicciato con su scritta la sua idea. Assolutamente fuori contesto, sciocca e provocatoria, è chiaro che l’ha scritta con il solo scopo di irritarmi e far ridere la sua cricca. Infatti noto risolini mal celati mentre la leggo a voce alta. Decido di non scompormi affatto e affermo che ho accettato finora le aggiunte di tutti, quindi farò lo stesso anche con lui.

«Sei proprio certo di voler contribuire proprio con questa idea allo spettacolo che metterete in scena davanti a genitori, parenti e amici?». Giacomo mi risponde di sì, ma la sua sicurezza inizia a vacillare. «Benissimo», riprendo io, consapevole di avere la sua completa attenzione e anche quella di tutti i suoi compagni.

«Devo però avvertirti che, visto che il tuo pezzo è molto diverso da quello degli altri, se qualche genitore mi verrà poi a chiedere chi lo ha scritto, è ovvio che farò il tuo nome. Ogni idea è una responsabilità. Se tu ci tieni tanto a questa aggiunta io la metto nello spettacolo, senza alcun problema. Dovrai però poi prenderti la responsabilità di rispondere a chi te ne chiederà il motivo. Decidi tu, per me va più che bene».

Aver cura del copione e imparare la propria parte è una responsabilità di ciascuno. Altrimenti è impossibile realizzare lo spettacolo

Non credo che Giacomo si aspettasse che io rimandassi a lui la patate bollente, scegliendo se inserire davvero quel terribile pezzo e mostrarlo a tutti. Timidamente abbassa gli occhi e si mette da una parte. Io continuo a lavorare con i suoi compagni e per tutta la lezione lui resta seduto, senza dar fastidio o chiacchierare. Alla fine viene da me e a bassa voce mi chiede un’altra settimana di tempo perché ha deciso che forse può fare qualcosa di meglio. Benissimo, rispondo, ma ribadisco che la prossima settimana è l’ultima: la data dello spettacolo si avvicina.

Sette giorni dopo sento una voce che mi chiama giù dalle scale che conducono al teatro. È Giacomo che sorridendo sventola un foglietto. Il ragazzino è più basso degli altri e per farsi notare da me deve mettersi sulle punte, oltre a gridare il mio nome. Non vede l’ora di farmi leggere il suo nuovo scritto, che finalmente si accorda con la storia e le idee dei compagni.

Il tempo corre, prepariamo lo spettacolo, andiamo in scena. I ragazzi sono bravissimi, ricevono grandi applausi e complimenti. Guardo gli occhi di Giacomo mentre fa l’inchino davanti al pubblico: brillano di orgoglio e felicità. Saluto tutti i ragazzi e infine lui. Ci guardiamo per qualche secondo in più. Lo ringrazio di essere stato così maturo da cambiare idea. Mi sorride. È lui il primo a esserne fiero.

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