RECUP Roma: “Ridiamo un valore sociale a quel cibo che ha perso valore economico”
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Roma, Lazio - Eleonora, Elena, Federico, Michele Clemente. Sono i nomi degli attivisti e attiviste che ci parlano di RECUP, l’associazione che salva il cibo invenduto dalla spazzatura aiutando chi ne ha bisogno e combattendo gli sprechi alimentari. In passato abbiamo conosciuto da vicino l’attività del gruppo milanese. Oggi invece ci spostiamo a Roma per scoprire come funziona il recupero di cibo nella Capitale, dove è partito nel 2021 nell’VIII Municipio, per poi espandersi in un anno e mezzo a cinque diversi Municipi, coinvolgendo più di 30 associazioni, enti e aziende.
Dove agite e perché proprio in questi luoghi?
Agiamo principalmente nei mercati scoperti, che sono uno dei luoghi in cui avviene più spreco e allo stesso tempo in cui è più facile fare aggregazione e inclusione sociale. Nei mercati passa tanta gente che si ferma al nostro banchetto anche solo per curiosità! Divulgare il nostro progetto nelle strade è una delle cose più belle.
Agiamo nei mercati rionali perché ci occupiamo di recuperare principalmente frutta e verdura e perché sono dei punti importanti di rappresentanza del commercio locale, aspetto a cui diamo molto valore. E abbiamo scelto tali luoghi per far sì di ottimizzare il recupero del fresco, che nei mercati è preponderante, e anche per tentare di riqualificare l’immagine dei mercati stessi, che sono dei micro-cosmi che non devono essere abbandonati.
Come avviene il processo di scelta dei mercati, recupero della merce invenduta e redistribuzione?
I mercati in cui iniziamo a recuperare sono quelli in cui abbiamo un numero minimo di persone RECUP disponibili. La raccolta è molto semplice: ci si incontra a fine mercato, si fa un giro tra le bancarelle chiedendo se c’è del cibo invenduto che ci possono donare e poi si porta tutto in un punto del mercato in cui allestiamo un banchetto. Chiunque collabora al recupero, può portarsi a casa quello che desidera. Su Roma collaboriamo principalmente con associazioni. La scelta dei mercati va in base alla disponibilità a collaborare dei commercianti del mercato stesso.
Quali sono gli alimenti maggiormente recuperati?
Per lo più frutta e verdura. L’alimento più recuperato in assoluto è la banana, da cui deriva la lettera “C” inserita nel nostro logo. Fortunatamente la merce varia molto in base alle stagioni e all’andamento dei prezzi: in estate melanzane, zucchine, pesche e albicocche vanno per la maggiore; in autunno verdura a foglia, broccoli, uva, kiwi e mele; in inverno carciofi, verdure a foglia, agrumi e ancora mele, mentre in primavera fragole e ancora fragole.
Perché è importante recuperare gli invenduti dei mercati e poi ridistribuirli?
Sprecare cibo vuol dire sprecare tutte le risorse che sono state impiegate nel produrre quel cibo: del suolo, idriche, elettriche, dei lavoratori e così via. Noi cerchiamo di ridare un valore sociale a quel cibo che ha perso valore economico e soprattutto vogliamo contribuire alla lotta allo spreco e restituire un valore anche e soprattutto sociale a quel cibo che arriva dalla terra, frutto di duro lavoro, di ingiustizie sociali e climatiche, troppo spesso nascoste e minimizzate. Per restituire valore e visibilità al mercato rionale, in un momento in cui il contatto tra la campagna e la città è sulla bocca di tanti e il mercato rappresenta una soluzione da sempre.
Che valore hanno le vostre attività?
Sociale, economico, e nutrizionale. Ma anche e sicuramente un valore politico, in quanto cerchiamo di cambiare la realtà che ci circonda e di creare consapevolezza nelle persone. Quello che recuperiamo è un cibo appena uscito da un circuito economico per diventare un rifiuto. Qui inizia il nostro viaggio, per cui quel cibo lo riprendiamo e gli restituiamo un valore immettendolo in circuito sociale ed eliminando un potenziale scarto di quel ciclo produttivo, che ha dei costi di smaltimento e degli impatti negativi, sociali e ambientali.
Incontrate difficoltà nelle vostre attività?
Ogni città – o meglio ancora, ogni mercato – è un micro-organismo a sé che funziona in modo diverso. Per questo motivo bisogna adattarsi ai bisogni del luogo in cui ci si trova. Ci viene spesso chiesto come reagiscono i commercianti dei mercati in cui operiamo. Con loro si è instaurato un rapporto di fiducia e di collaborazione, molti di loro sono contenti di non dover sprecare quel cibo. A volte è difficile trasmettere un messaggio che scardina i canoni tradizionali dell’assistenza alimentare, il cui l’aspetto predominante diventa la lotta allo spreco alimentare. Inoltre può essere difficile scardinare l’idea secondo cui il cibo recuperato è destinato a persone in stato di bisogno.
Quale impatto hanno le vostre azioni sulla collettività e sul territorio?
Vogliamo attivarci per sensibilizzare e ispirare ad attivarsi e generare comportamenti più inclusivi, ognuno a proprio modo. E speriamo che si generi un impatto positivo. Il rapporto con le istituzioni è ambivalente. Rimaniamo fiduciosi per un maggiore sostegno in futuro, soprattutto rispetto alla food policy di Roma. In generale, le istituzioni sanno chi siamo e per ora questo ci basta.
Portate avanti altri progetti oltre al recupero e la redistribuzione delle merci?
Ci stiamo concentrando sull’obiettivo di portare le nostre esperienze all’interno delle scuole. Organizziamo laboratori di colori naturali per bambini e partecipiamo a fiere, conferenze ed eventi in generale per promuovere il nostro progetto e la nostra missione.
Chi sono gli attivisti di RECUP e come si fa per diventare dei vostri?
Il gruppo RECUP è molto eterogeneo: ci sono tante persone diverse tra di loro – pensionati, studenti, lavoratrici, disoccupati –, ma sicuramente tutte le persone che si avvicinano all’associazione condividono dei valori e un’etica comune. In generale, gli attivisti e le attiviste di RECUP sono persone meravigliose. Chiunque può essere attivista di RECUP: per diventare dei nostri basta andare sul nostro sito, nella sezione Entra a far parte di RECUP, oppure scrivere una mail a recuproma@gmail.com e collabora.recup@gmail.com.
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