2 Dic 2022

La storia di Paola, la mamma “scomoda” che si batte affinché la disabilità diventi di tutti

Scritto da: Valentina D'Amora

Mamme e disabilità nella società attuale: quali difficoltà incontrano, quali ostacoli devono affrontare? Abbiamo parlato con una "mamma scomoda" – così è stata definita – che ha deciso di continuare a difendere a testa alta i diritti di sua figlia, affetta da sindrome di Angelman. Ora, attraverso Fedora, la realtà che ha creato insieme a un'altra mamma con cui condivide molto, vuole tenere una lucina accesa sulla loro quotidianità e diventare un punto di riferimento per altre famiglie.

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Alessandria - Paola Frisone è una donna che vive a Persi, frazione di Borghetto Borbera, insieme a suo marito e a sua figlia Nora, di sette anni. Lei è una bambina affetta dalla sindrome di Angelman e Paola è scomoda, “una mamma che ha creato non pochi problemi”, come viene definita da alcuni. Tenace e determinata, lotta ogni giorno affinché i diritti di sua figlia non vengano calpestati.

Di Paola e Nora abbiamo parlato qualche mese fa (l’articolo si trova qui), ma questa volta la prospettiva è diversa: non è sulla disabilità che ci soffermeremo ma su ciò che questa comporta per le famiglie e come fanno queste ultime a districarsi tra i meandri della burocrazia, per capire cosa spetta o meno al proprio figlio. «Il punto è che la diversità è scomoda, ciò che ci fa uscire dal modulo prestampato crea disagio», mi spiega.

nora
Nora e Federico
Paola, raccontaci: come si articolano le tue giornate?

La mia giornata tipo è quella di un caregiver a tutti gli effetti, perché mi occupo quasi interamente di Nora, quindi il mio quotidiano è scandito da orari ben definiti. Lei va a scuola, ma non posso scegliere tutte le ore, dipende dalle coperture dei servizi sociali. E poi quasi ogni giorno ha una terapia riabilitativa o abilitativa.

Il tempo per un lavoro fisso quindi è molto limitato; mi occupo della nostra pagina Fedora, creata da me e dalla mamma di Federico, anche lui affetto dalla stessa patologia di Nora, che vuole accendere una lucina sulla nostra quotidianità, essere un piccolo approdo per altre famiglie. Lì pubblichiamo le attività, come regali solidali, giornate insieme, momenti di solidarietà, sostenuti dall’associazione Noi per Voi. E vogliamo sia un riferimento per le famiglie del territorio.

Anche se tanto del mio tempo finisce nei grovigli della burocrazia, ho scelto di dedicarmi a incontrare i genitori attraverso i servizi sociali. Faccio parte di un gruppo che si occupa di lettura e delle modalità di applicazione della convenzione ONU sui diritti dei disabili, ci troviamo a ragionare quali strategie mettere in atto nella vita di un disabile. Il tempo che resta è poco, per questo lavoro saltuariamente.

In quali occasioni ti sei sentita chiamare “mamma scomoda” e perché?

La prima volta che sono stata chiamata così, l’appellativo mi è arrivato da un’altra donna, anche lei mamma di una persona disabile. Forse pensa che il mio hobby sia quello di fare il bastian contrario di ogni situazione?! Io non mi sento così, anzi: tutto quello che faccio lo faccio semplicemente per migliorare la vita di mia figlia Nora.

Non mi dispiace essere considerata scomoda, ma credo che la radice storta sia più profonda. Ci sono persone che dimenticano che tutto ciò che ottengono con fatica sia in realtà un loro diritto: il disabile è un cittadino come gli altri che però si ritrova a dover ricevere in modo meritevole quello che agli altri spetta senza sforzo. Questo mi fa pensare che ci sia pochissima informazione in merito. Il mio atteggiamento, quindi, è rivolto a far garantire i diritti di mia figlia, non a ottenere dei privilegi. In questo senso siamo semplicemente dei cittadini che ribadiscono i propri diritti.

paola
Paola e Nora
Cosa vorresti dire alle mamme che vivono una quotidianità simile alla tua o che vorrebbero far valere i diritti dei propri bambini ma non sanno come muoversi?

Mi piacerebbe dire alle mamme e anche ai papà – che vanno esortati, perché dietro un bimbo, il più delle volte, ci sono due genitori – di uscire di casa e dal proprio dolore. Credo di essermi informata tanto su tutto quello che riguarda la cura della sindrome di mia figlia e il suo percorso assistenziale. Dopo però occorre entrare in un nuovo paradigma, che è pensare qual è la presenza del proprio figlio nel nostro quotidiano. Uscire fuori dalla famiglia, cercare di entrare nei gruppi, capire cosa c’è nel territorio.

La nostra vita non può essere solo rivolta ai bisogni assistenziali dei figli, non finisce lì, non possiamo fermarci a tutto ciò che riguarda l’assistenzialismo. Come genitore devi superare la sopravvivenza e riempire di nuovo il contenitore della tua vita come individuo e questo si può fare in molte forme. Ora mi occupo di più dei diritti di Nora e degli altri bambini come lei e questa è un’evoluzione. Diciamo che cammino guardandomi i piedi, un passo alla volta, senza alzare la testa o guardare troppo in là.

Lotto perché la mia voce, che un domani non sarà più la voce di Nora, non diventi silenzio e lei possa continuare a esprimere i suoi bisogni, ma anche i suoi sogni

Tante delle cose che so le trovo in rete, nel gruppo dedicato alla sindrome di Angelman: questi strumenti però non li tengo per me, li porto sul mio territorio, all’interno del mio Comune e in quelli limitrofi. Per avere spiegazioni sui nostri diritti e per sapere come muoversi ci sono uffici preposti a questo: da tempo io mi rivolgo all’ACLI di Alessandria, dove ci si occupa anche di disabilità.

C’è poi il nodo antidiscriminazione che supporta gratuitamente le famiglie portando avanti una mediazione con gli enti, dove la macchina burocratica si è inceppata. All’associazione YAWP di Alessandria ci si ritrova per ragionare sull’attuazione della convenzione ONU, dove genitori, fratelli e sorelle di persone disabili mettono in campo le proprie energie per organizzare giornate di sport per i ragazzi e preziosi momenti di aggregazione.

Le risorse quindi ci sono?

Sì, ma bisogna fare rete tra noi. Attraverso Fedora possiamo dare informazioni e chiarimenti a chiunque abbia bisogno di supporto. Ci mettiamo in prima linea per poter essere un ponte tra tutte le nostre competenze ed essere sempre una voce per i nostri figli. Gli enti preposti però si mettano in gioco!

Nora e Paola
Paola e Nora e Federico con la sua mamma
A chi ci si può appoggiare per sbrogliare le matasse burocratiche riguardanti la disabilità?

Ogni diversità ha bisogni differenti, che talvolta vengono visti come privilegi, ma è proprio sbagliata la visione: la persona con disabilità ha degli oggettivi svantaggi dovuti proprio alla sua condizione. Noi siamo sempre in campo, in prima linea, per questo siamo scomodi. Le persone comprendono poco le problematiche degli altri, c’è poca empatia. E poi noi portiamo alla luce qualcosa di diverso che tante volte non è gradevole, anzi è fastidioso.

Noi siamo la rappresentazione di un incubo per le altre famiglie e spesso ciò che ci fa paura non vogliamo avercelo sotto il naso. Siamo scomodi anche per ciò che chiediamo alle istituzioni: in questo senso siamo una lampadina accesa su qualcosa che tanti non vorrebbero vedere e con cui si trovano a dover fare i conti.

La disabilità deve essere un problema sociale e non solo della famiglia, perché un domani questa non ci sarà più e la comunità non può far finta che la cosa non accadrà. Ecco perché lotto: perché la mia voce, che un domani non sarà più la voce di Nora, non diventi silenzio e lei possa continuare a esprimere i suoi bisogni, ma anche i suoi sogni. Perché anche una persona con disabilità sogna.

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