Seguici su:
Torino - Qualche settimana fa a Torino due cittadini, Chiara e il suo compagno, hanno avviato un’azione legale civile contro la Regione Piemonte, per il diritto a respirare aria pulita e sana. È successo dopo che il loro figlio di sei anni ha iniziato ad accusare significativi problemi alla salute, in particolare ai polmoni.
Come vi abbiamo raccontato in questo articolo che spiega la vicenda, lo smog costantemente sopra i limiti consentiti a Torino non è di certo una novità, ma essere consapevoli di vivere in un quartiere fortemente trafficato dove anche all’interno della propria abitazione si è esposti ai livelli di inquinamento elevati, ci mette di fronte a una situazione tanto diffusa quanto inaccettabile.
Durante il percorso Chiara è stata sostenuta e appoggiata da alcune realtà del territorio, come il comitato di cittadini Torino Respira, e dall’organizzazione di diritto ambientale ClientEarth. La consapevolezza è che se l’azione legale da lei presentata dovesse avere successo, questo diventerebbe un precedente importante per tutte le persone che vivono in città con livelli di inquinamento fuori legge.
LE INDAGINI SULL’INQUINAMENTO
A Torino l’indagine sullo smog prosegue in virtù del diritto di ciascun cittadino e cittadina a respirare aria pulita: già nel 2017 il presidente del Comitato Torino Respira, Roberto Mezzalama, aveva presentato un esposto finalizzato ad accertare se la situazione di grave inquinamento atmosferico che affligge da anni la nostra città potesse integrare il reato di inquinamento ambientale (art. 452 bis codice penale) introdotto dal legislatore nel 2015.
Oggi il Tribunale di Torino, Sezione per le indagini preliminari, ha disposto la prosecuzione delle indagini relative al procedimento penale scaturito dall’esposto e ha accolto l’opposizione degli avvocati di Torino Respira – Marino Careglio e Giuseppe Civale – alla precedente richiesta di archiviazione che era stata presentata dai Pubblici Ministeri.
Emerge però che nei fatti è stata la stessa Procura della Repubblica a voler proseguire le indagini: la richiesta di archiviazione era stata presentata non perché le indagini avessero fatto emergere l’assenza di responsabilità in capo agli amministratori pubblici coinvolti, bensì per ottenere dal Giudice, attraverso uno stratagemma tecnico, l’autorizzazione al deposito di ben tre consulenze già disposte ad altrettanti professionisti, in quanto nel frattempo erano scaduti i termini di indagine previsti dal codice di procedura penale.
LA GRAVE SITUAZIONE DI INQUINAMENTO ATMOSFERICO CHE AFFLIGGE TORINO
Come emerge da una nota stampa, “il Giudice per le indagini preliminari ha assegnato un termine massimo di sei mesi ai Pubblici Ministeri per completare le indagini e speriamo che in tale modo si giunga rapidamente alla definizione di ogni approfondimento necessario”. Gli avvocati hanno già provveduto in questi anni a depositare in questo procedimento numerose memorie con le quali hanno approfondito gli aspetti giuridico-ambientali della vicenda, in quanto ritengono che la grave situazione di inquinamento atmosferico che affligge Torino abbia rilevanza anche di carattere penale.
Come affermato dall’avvocato Marino Careglio, che con il collega Giuseppe Civale assiste il Comitato Torino Respira in questa azione legale, «gli enti territoriali, titolari di una posizione di garanzia in materia di tutela di qualità dell’aria hanno adottato negli anni misure inadeguate a raggiungere il rispetto dei valori limite di concentrazione degli inquinanti nell’aria previsti dalla legge, peraltro molto meno rigorosi di quelli suggeriti sin dal 2005 dall’OMS».
«Tale condotta, che ha concorso a cagionare la grave situazione di inquinamento a Torino, con i conseguenti danni alla salute affermati ormai da anni dalla letteratura scientifica in materia, può integrare il reato di inquinamento ambientale colposo, se non quello di disastro ambientale colposo», conclude l’avvocato Careglio.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento