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Quando mi chiedono che lavoro faccio di solito rispondo «faccio filosofia con esseri umani di tutte le età!». Vedo nei miei interlocutori spesso disegnarsi una ruga di incomprensione, un’espressione stranita, uno sguardo interrogativo. Mi sento allora di dover precisare qualche punto: «Faccio dialogo filosofico; significa, in pratica, che organizzo dei laboratori durante i quali non insegno la filosofia come si fa di solito a scuola, ma creo dei momenti durante i quali il gruppo con cui lavoro si interroga, attraverso il dialogo, intorno a delle domande filosofiche. Lo faccio con le persone di tutte le età: bambini, adolescenti, adulti e anziani».
Sembra che io abbia spiegato meglio, no? Ma la ruga di incomprensione, l’espressione stranita e lo sguardo interrogativo a questo punto di solito non sono affatto scomparsi. Meglio puntualizzare parlando di un gruppo specifico e allora scelgo i bambini. A riguardo c’è tantissima letteratura, la pratica è diffusa da decenni e spesso mi aspetto che sia conosciuta. Ma la verità è che, al di fuori della cerchia ristretta di coloro che conoscono le pratiche filosofiche, il nostro campo rimane estraneo ai più. «Filosofia con i bambini!?».
Mi sono resa conto con il tempo che l’interrogativo fondamentale che sta alla base dell’incredulità con cui mi sono interfacciata ormai decine di volte non è «come si fa a fare filosofia con i bambini?», che spesso è quello che viene effettivamente formulato e che mi è stato più volte sottoposto, bensì «come fanno filosofia i bambini?». Questa domanda porta con sé spesso uno scetticismo di fondo rispetto alla capacità dei bambini di fare filosofia. «Come possono fare filosofia i bambini?», si chiedono in tanti.
La filosofia è per antonomasia riflessione razionale, profonda, e i bambini elaborano – o imparano ad elaborare – pensieri razionali, logici, approfonditi. Ma non è solo questo. Filò mi ha insegnato anche che la filosofia non è solo legata al pensiero astratto, logico, ultra-terreno; lo è, ma non solo. La filosofia ha a che fare anche con l’esistenza, con la quotidianità, con la vita che viviamo tutti i giorni e con le domande che ci sorgono durante la vita e sulla vita.
Ci sono dunque due premesse dalle quali discende la credenza riguardo la possibilità di fare filosofia con i bambini: una circa la natura della filosofia – cos’è la filosofia? Cosa si fa quando si fa filosofia? – e l’altra circa lo sviluppo del pensiero nell’infanzia – l’infanzia è capace di pensiero razionale, di pensiero esistenziale, di pensiero multidimensionale?
Come fanno filosofia i bambini? La domanda è ampissima e ovviamente la risposta dipende da bambina a bambina, da gruppo a gruppo, da momento a momento; non è che ci sia proprio una modalità predefinita a priori. Tuttavia solitamente inizio a elencare qualche punto al mio interlocutore, per dargli un’idea attraverso delle immagini: «Quando indaghiamo una domanda loro la prendono molto sul serio, non è mai solo un esercizio di pensiero. La legano esplicitamente alla loro esistenza e al mondo che conoscono: ne fanno una questione che interroga la loro stessa vita e il loro modo di vedere la vita».
«Poi, come noto, i bambini hanno una grande potenza immaginativa», spiego generalmente proseguendo la spiegazione. «Questo fa sì che quando viene loro proposto uno scenario all’interno del quale muovere il loro pensiero, come negli esperimenti mentali tipici della ricerca filosofica, sono in grado di farlo in modo approfondito e originale, sapendo anche pretendere da sé e dagli altri (inclusa me) grande coerenza e rigore, dal momento che il quadro mentale del dialogo che si sta costruendo può essere in loro molto dettagliato».
«Ma non si distraggono?», mi viene chiesto. «Ovviamente non sempre, e non tutti, sono in grado di dedicare e mantenere una attenzione elevata. E naturalmente c’è sempre il momento di confusione o di stanchezza, anche perché la filosofia richiede grande sforzo. Ci vogliono tempo e continuità per vedere i progressi di quello che sembra essere un vero e proprio muscolo in allenamento».
Mi rendo conto quasi sempre di chi sta partecipando e chi no al laboratorio, perché tutto il loro corpo è coinvolto nel processo di ricerca e di pensiero: chi lo esprime aggrottando tutta la fronte, chi spalancando la bocca per la meraviglia, chi strizzando tutto il corpicino per esprimere un “non lo so!”, chi si tocca le mani un po’ spaventato dal tema o dal dover intervenire, chi muovendo tutti gli arti quando cerca di formulare un’idea o fornire una ragione, chi spalancando gli occhi e rimanendo immobile per l’incredulità. È incredibile vedere il pensiero emergere attraverso il corpo, un pensiero che tra i grandi rimane di solito celato da una muta concentrazione.
L’interlocutore a questo punto sembra già abbastanza convinto, rimane tuttavia un ultimo punto: «Ma di cosa parlate, scusa?», mi viene chiesto. La parola, in questo caso è meglio lasciarla alle bambine e ai bambini stessi. Questo sono le domande di bambini e le bambine di una 4^ elementare dell’anno scolastico 2022/23:
- Cosa c’è dopo la morte?
- Perché il diavolo è buono anziché cattivo?
- Come faccio a essere sicuro che io esisto?
- Perché sono qui?
- Come sarebbe oggi il mondo se ci fossero ancora i dinosauri?
- Cosa farò da grande?
- Com’è nato l’universo?
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