Da Bologna a Milano, le azioni per la giustizia climatica continuano a scuotere l’Italia
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Fra novembre e dicembre le – fortunatamente – numerose e attivissime sigle che si occupano di giustizia climatica non hanno rallentato il ritmo delle loro azioni, anzi, lo hanno intensificato per non rimanere indietro rispetto alla drammatica attualità delle ultime settimane, alimentata da notizie come il fallimento di COP27, le drammatiche conseguenze degli effetti della crisi ambientale e la conferma dell’inazione delle istituzioni, a partire dal nuovo Governo.
BOLOGNA: RIPRENDERSI LA CITTÀ
Alle 8:40 mi presento uno dei vari punti di assembramento indicati da Extinction Rebellion e nonostante il freddo e l’intirizzimento la tensione è palpabile. Iniziamo alcune attività per scioglierci un po’, come l’ascolto attivo, dove a gruppi di due, per tre minuti ciascuno, si ascoltano dubbi, sentimenti e sensazioni dell’altro. Il “coordinatore del gruppo” informa i partecipanti dei rischi del blocco e fornisce, a chi ne è sprovvisto, un cartoncino con i propri diritti in caso di arresto.
Finita la parte tecnica c’è solo da aspettare il segnale dagli altri gruppi e nel mentre si balla per scaldarsi. Intorno alle 10, tra biscotti, caffe e abbracci, arriva il segnale e iniziamo a muoverci in tutta fretta verso il luogo dell’incontro. Chiunque viva a Bologna conosce il Ponte Matteotti, che con le sue quattro corsie collega la periferia con il centro della città, ergendosi sopra la ferrovia subito accanto alla stazione. È questione di pochi secondi: non appena scatta il verde per i pedoni, due dozzine di attivisti bloccano la strada all’altezza di via dei Carracci da una parte e dell’incrocio con via Indipendenza dall’altra, mentre un altro gruppo occupa il ponte ormai sgombro.
I momenti successivi sembrano più ricordare una festa che una protesta: la musica della Murga pervade l’aria mentre si formano gli spazi delle attività che avrebbero occupato il ponte fino alle 16. Attività quali slack-line, giocoleria, yoga e acro-yoga per intrattenere i partecipanti e anche alcuni passanti. Per quanto si possa pensare che si tratti di stupidaggini, tutto risponde a una logica precisa: quella del riprendersi la città e creare degli spazi “liberi”, persino dal traffico. Infatti oltre al disagio, che sappiamo essere funzionale ad ogni sciopero, gli attivisti e le attiviste raccontano che l’obiettivo è creare un luogo che rappresenti la loro idea di “città”: solidale, aperta ed ecologista.
Il programma comprendeva diversi interventi delle principali realtà politiche che si occupano di giustizia sociale, civile e climatica a Bologna, dagli anarchici del CUA, passando per i movimenti per i diritti Mapuche fino ad Animal Rebellion, per ribadire l’intersezionalità della lotta portata avanti dal movimento. In contemporanea alle attività si poteva vedere alcuni attivisti e attiviste fare quello che in gergo si chiama “outreach”, cioè spiegare i motivi della protesta a chiunque fosse interessato.
In generale XR fa nascere le proprie azioni da tre richieste verso le autorità: “Dire la verità”, “Agire ora” e l’ottenimento di assemblee cittadine. Ma si chiede anche alla Regione Emilia-Romagna di fare pressione sul Governo per dichiarare l’emergenza climatica nazionale e il blocco del passante di mezzo [grande opera che interesserebbe il nodo autostradale di Bologna, ndr]. Molte delle persone si mostrano solidali alla protesta, una signora dice di essere molto spaventata dal riscaldamento climatico e che vorrebbe fare qualcosa per il futuro dei propri nipotini, ma non sa cosa.
Le attività procedono senza problemi fino all’ora di pranzo, quando il clima costringe i ragazzi e le ragazze di XR a togliere il blocco e continuare le attività in Piazzetta Lucio Dalla. Al blocco sono seguite altre azioni del movimento anche in sinergia con altri gruppi ambientalisti e l’urlo che sale da ciascuna di esse è sempre lo stesso: “Il 2050 è troppo tardi”. Se ne rendono conto gli agricoltori senza più acqua, ce ne rendiamo conto noi quando constatiamo che ogni estate è la più calda degli ultimi 50 anni e se ne rende conto la gente di Ischia, colpita da un clima tutt’altro che impazzito, bensì figlio delle nostre scelte quotidiane.
MILANO: COLPITA LA SCALA, LUOGO SIMBOLO DELLA TRAGEDIA ODIERNA
Boris Godunov è l’opera lirica che ha inaugurato mercoledì 7 dicembre la stagione de La Scala. Una storia tragica che abbraccia, oltre al dramma personale del protagonista, la miseria del popolo russo, dilaniato dalla fame ed esitante tra impulso alla rivolta e timore reverenziale verso il potere costituito. Altrettanto tragica è la situazione del popolo italiano, ferito dal cataclisma di Ischia e tradito dall’indifferenza del Governo.
È per questo che, proprio il giorno della famosa “prima”, Ultima Generazione ha imbrattato i muri esterni del Teatro. «Abbiamo deciso di imbrattare con della vernice il Teatro alla Scala per chiedere ai politici presenti di tirare fuori la testa dalla sabbia e intervenire per salvare la popolazione. La situazione economica e ambientale del Paese peggiora di giorno in giorno e, invece di prendere le misure necessarie a salvaguardare il futuro dell’Italia da siccità e disastri climatici, la politica si rinchiude a godersi uno spettacolo per poche persone, così come riserva a poche persone la possibilità di salvarsi dal disastro alimentato dai continui stanziamenti all’industria del fossile», ha dichiarato Alessandro, un attivista.
«Ci spiace prendercela con il Teatro alla Scala. Vorremmo che le attrici e gli attori che interpreteranno la storia di un’oligarca comprendessero che lo stanno facendo per altri oligarchi e decidessero di ribellarsi insieme a noi. Speriamo che le istituzioni culturali comincino ad alzare l’asticella delle loro proteste. Non c’è in ballo il mero interesse egoistico del rischio del proprio lavoro, parliamo di vite umane: siamo tutti attori e attrici in questa prima dell’apocalisse e, in quanto tali, possiamo agire nella storia. È un dovere morale verso le persone a noi care, verso i bambini e le bambine che dovremmo accompagnare alla vita e non verso l’estinzione», conclude Bjork, un’attivista.
Anche l’azione di Milano ha ribadito le due richieste cardine avanzate del movimento, ovvero interrompere immediatamente la riapertura delle centrali a carbone dismesse e cancellare il progetto di nuove trivellazioni per la ricerca ed estrazione di gas naturale; procedere a un incremento di energia solare ed eolica di almeno 20GW immediatamente, e creare migliaia di nuovi posti di lavoro nell’energia rinnovabile, aiutando gli operai dell’industria fossile a trovare impiego in mansioni più sostenibili.
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