Accordo sulla biodiversità di Montreal-Kunming: ecco cos’è e perché non è risolutivo
Seguici su:
Con due anni di ritardo a causa della pandemia, qualche giorno fa si è chiusa la COP15 a Montreal ed è stato approvato l’Accordo Globale per la Biodiversità, ora chiamato l’Accordo Montreal–Kunming, che dovrebbe impegnare i Paesi ad arrestare ed invertire la perdita di biodiversità entro il 2030.
Nel corso di diverse puntate di Io non mi rassegno abbiamo seguito i lavori di COP15, con un commento finale all’epilogo della conferenza il cui il nostro Andrea Degl’Innocenti osserva che “i dissidi emersi sono dovuti principalmente al finanziamento della conservazione. Detto in poche parole, i Paesi del Sud globale, tra cui Brasile, Indonesia e Repubblica Democratica del Congo – Paesi ricchi di biodiversità che ospitano le tre più grandi foreste pluviali del mondo – volevano che i Governi accettassero la creazione di un nuovo fondo per la biodiversità come parte del patto di Montreal per pagare i nuovi obiettivi di conservazione”.
Invece nell’accordo finale i Paesi hanno creato sì un nuovo fondo, ma all’interno del già esistente meccanismo di finanziamento della biodiversità delle Nazioni Unite – il Fondo globale per l’ambiente – di cui i principali beneficiari sono al momento la Cina e il Brasile. “I Paesi ricchi hanno accettato di fornire 30 miliardi di dollari di aiuti per la biodiversità a questo fondo entro la fine del decennio, un aumento molto significativo”, osserva Andrea.
L’Accordo prevede l’obiettivo di conservare almeno il 30% di terra e oceani nel rispetto dei diritti delle popolazioni indigene e delle comunità locali e riconosce il contributo dei territori indigeni e tradizionali al suo raggiungimento. Questo è un punto sicuramente positivo, che risponde a una delle richieste del WWF – e alle speranze di molti osservatori e attivisti –, che ha commentato i risultati raggiunti con una nota.
L’organizzazione del Panda però non ha visto nell’esito dei negoziati la determinazione necessaria a dare una vera svolta nella crisi di natura per i prossimi sette anni, come avrebbe richiesto la drammatica situazione che la biodiversità globale sta vivendo. Troppe azioni necessarie per rendere tale accordo trasformativo, infatti, sono state lasciate alla discrezione dei singoli Paesi.
Se non verranno, ad esempio, adottate a livello nazionale politiche per la riduzione dell’impronta ecologica di produzione e consumo – uno dei principali fattori di degrado ambientale – i target dell’accordo non saranno sufficienti a raggiungere l’obiettivo lodevole di arrestare e invertire la perdita di biodiversità entro il 2030.
Il WWF accoglie con favore l’impegno di arrestare l’estinzione delle specie entro il 2030, ma questo è il livello minimo di quanto è necessario fare, visti i fallimenti passati e una crisi ambientale sempre più grave. L’Accordo al momento è solamente un punto di partenza: se non ci saranno un’accelerazione nell’implementazione degli obiettivi e una seria mobilitazione delle risorse, l’Accordo resterà un guscio vuoto di promesse.
L’impegno dei Paesi è stato quello di eliminare i sussidi dannosi per la natura – obiettivo che avrebbe già dovuto essere stato raggiunto nel 2020 – e di aumentare il livello delle risorse finanziare, mobilitando almeno 200 miliardi di dollari all’anno, provenienti da diverse fonti. Questo impegno deve essere assolutamente mantenuto e finalmente tradotto in azioni concrete, se vogliamo dare una chance alla natura.
Sarà ora fondamentale che, a livello nazionale, gli obiettivi globali si traducano nelle singole Strategie Nazionali per la Biodiversità, in modo da allineare tutti i piani affinché si raggiungano nei prossimi otto anni gli obiettivi prefissati dall’Accordo. I singoli Stati ora possono essere veramente protagonisti del cambiamento necessario e possono pianificare ed attuare anche più di quanto deciso. All’Italia, che vanta un patrimonio di biodiversità tra i più ricchi del continente europeo, il WWF chiede un impegno concreto in questa direzione. Non è più tempo di promesse, ma di fatti. Non è più tempo di “mezze misure”, ma di scelte decise e convinte.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento