Creature fantastiche e dove trovarle. Gabriele Pino ci racconta (e disegna) quelle della val Borbera
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Alessandria - “La mia prima volta in val Borbera sono stato accolto da nubi temporalesche e dal vento delle Streije, non potevo chiedere di meglio! La mia prima volta in Val Borbera è stata un rito di iniziazione. La bassa valle conduce alle strette che mi hanno ricordato quelle prove da superare ad un certo punto della vita: a sinistra la montagna, a destra il dirupo e la gola scavata dal Borbera che dorme e respira, pronto ad agguantarti al primo passo falso, solo la Volpe Zoppa, il guardiano delle strette, può farti entrare”.
Così descrive la val Borbera Gabriele Pino, l’illustratore piemontese ma cittadino di ogni pezzetto del mondo capace di svelare calore e gesti di cura. Durante i suoi viaggi in giro per l’Italia ha scoperto che proprio qui tante creature leggendarie e della tradizione orale sono sopravvissute. O forse è in valle che hanno deciso di rifugiarsi.
Gabriele è talmente innamorato di questa fetta di Piemonte che non solo ne parla con gli occhi pieni di entusiasmo, ma da quando l’ha scoperta non riesce a fare a meno di tornarci ogni volta che può. La definisce sorridendo una “pozione magica”. «A differenza di altre zone in cui ho vissuto, ho notato che qui diverse generazioni hanno realmente voglia di una sincera condivisione, c’è un clima di profonda socialità che è rimasto intatto negli anni. E poi mi sono sentito accolto da persone di tutte le età».
La calamita che l’ha attirato e l’ha spinto ad avventurarsi in val Borbera è stato il Sarvego Festival e la ricerca per Il Bestiario d’Italia. Gabriele mi racconta che da quando la sua idea è atterrata sulla terraferma, paesino dopo paesino, è riuscito a stanare tutte le creature mitologiche che stava disperatamente cercando, la cui storia rischiava di perdersi: «Le ho trovate e illustrate, così da lasciarne traccia».
GABRIELE E LA VAL BORBERA
Così, con una piccola residenza d’artista per fare ricerca sul campo, è iniziata la perlustrazione di Gabriele in valle. «Il viaggio è andato benissimo: ho passato una settimana e un paio di weekend a esplorare la zona e avuto modo di conoscere alcune persone iconiche per quella terra, come la signora Mariarosa, Geppe, Paolo, la maestra Luigina, Cicci e tanti e tante altri con cui abbiamo fatto camminate insieme, abbiamo chiacchierato e grazie alle loro storie ho immaginato alcune creature».
Gabriele mi parla del Barbàn, del Borbera, del gatto che emanava luce, del fantasma dei cavoli, dei partigiani che si è immaginato come degli spiriti che abitano i boschi e del castagno magico. «Gli spaventapasseri di Vendèrsi li ho subito visualizzati come persone della valle che assumono queste sembianze quando il proprio tempo di vita si conclude». Ne è nata una mostra, inaugurata a Cabella Ligure, ma diventata itinerante perché le sagome delle varie creature si sono via via spostate nei diversi paesi durante le tappe del Sarvego Festival.
Il bello è che Gabriele a volte trasforma anche i luoghi in personaggi, proprio come facevano gli esploratori medievali: «Con queste storie spingo le persone ad andare lì, tenendo il mio libro nello zaino, parlando con le persone del posto per farsi raccontare dal vivo le storie che hanno letto». Il suo intento però non è trascrivere le storie della tradizione orale per non perderle: «Sono dell’idea che se una storia è destinata a morire, morirà. Io voglio salvare i personaggi che in mano ad altri esseri umani possono prendere anche altre forme».
Ed è questo ciò che ha mosso in valle Gabriele, il quale non smette di ripetermi che senza le ragazze che organizzano il Sarvego Festival tutto questo non sarebbe stato possibile: «Sono profondamente grato a loro e a tutti coloro che mi hanno fatto entrare in casa propria per raccontarmi le storie che ascoltavano da bambini. E sono grato anche alle persone che, individuando il vero senso del mio progetto, vogliono farne parte e mi aiutano a realizzarlo, senza rendersi conto che questo è un viaggio che arricchisce anche loro, di esperienze e di conoscenze». Ecco perché quando parte da solo per questi viaggi di ricerca non ha mai la percezione di essere solo.
LA SUA STORIA
Da bambino Gabriele sognava di fare magie, poi ha iniziato a disegnare e ha realizzato il suo sogno. Ora viaggia molto, soprattutto esplorando le zone rurali, alla ricerca delle creature fantastiche della tradizione orale. E poi disegna fumetti, illustra ceramiche, lavora nelle scuole, disegna in tivù e nel tempo libero non riesce a fare a meno di trasformare i suoi viaggi in libri.
È cresciuto a Moncrivello e a Cigliano ed è proprio qui che, circondato da Masche, Babau, folletti, Om Servaj, Fate Melusine e Pe d’Oca, ha preso forma la sua passione per le creature fantastiche. Gabriele mi spiega, con dovizia di particolari che a un’occhiata superficiale queste zone non hanno niente da dire, ma in realtà «offrono tutto quello di cui una vita umana, tranquilla e a contatto con la natura ha bisogno. Dall’aspetto un po’ fatato e dal fascino medievale sono il mio faro, il mio luogo del buon ritorno». Sarà per questo che è scoccata la scintilla con la val Borbera: gli animi sensibili come lui riescono a cogliere le sfumature di un luogo così speciale.
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