Da libraia ad autrice di libri per l’infanzia, dalla città alle colline: la storia di Mariapaola
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Alessandria - Il Pesce Mariapaola è decisamente singolare. Cura antologie di animali leggendari di cui lei stessa fa parte. Questo fa di lei un pesce-ricercatore. Spruzza inchiostro a ogni occasione. Questo fa di lei un pesce-scrittore. Si aggira con i suoi occhiali lungo i fondali dell’immaginazione. Questo fa di lei un pesce-esploratore. Ma la sua caratteristica più peculiare è che si circonda di matite colorate, penne glitterate, pennarelli, gessetti, pastelli e ogni altro strumento da disegno per il solo gusto di mimetizzarcisi in mezzo.
Mariapaola Pesce è un’ex libraia genovese, oggi scrittrice e formatrice, che ho avuto modo di incontrare in diverse occasioni, tutte legate ai libri per l’infanzia, sparse qua e là nell’entroterra tra Liguria e Piemonte. Ho colto l’occasione dell’uscita del suo nuovo libro, Ho sentito dire che…, per farmi raccontare la sua storia, così pregna di cambiamento.
Mariapaola, raccontaci: qual è stato il tuo percorso di vita?
Se ci penso superficialmente mi sembra un po’ ondivago, quasi casuale. In effetti non ho cercato la scrittura, che è arrivata un po’ da sola e molto grazie alla spinta di cari amici e ottimi autori, primo tra tutti, Davide Calì, che mi ha pungolato per anni. In realtà credo che la vera costante della mia vita siano stati sempre i libri: letti – assorbiti, quasi – e venduti con la determinazione di condividere con il maggior numero possibile di persone la gioia di certe storie.
Ho avuto la fortuna di trascorrere la mia infanzia in libreria, perché i miei ne sono diventati proprietari quando avevo circa due anni e mezzo, per cui ho letto di tutto e ho assistito all’uscita di titoli ormai leggendari – soprattutto per la letteratura per l’infanzia, il mio ambito di riferimento – e alla nascita di editori che hanno rivoluzionato l’approccio alla lettura e scrittura per ragazzi, in Italia e nel mondo.
Ho lavorato con così tanta gioia in quel settore che ho continuato a leggere e informarmi anche quando ho trascorso tanto tempo facendo tutt’altro, ovvero lavorando per grandi aziende che mi hanno fatto scoprire la bellezza della formazione. Ho formato operatori di customer care nel settore delle telecomunicazioni per 14 anni, in Italia e all’estero.
È stata un’esperienza impagabile, che mi ha fatto conoscere culture vicine e più affini di quanto pensassi e apprendere una professione che amo. Quando ho avuto occasione di cambiare, mi sono trovata con un bellissimo bagaglio di esperienze e competenze e ho capito che potevo rientrare nel mondo che faceva per me, coniugando la voglia di scrivere, che nel frattempo si era fatta sentire, con quella di formare e divulgare. Ed eccoci ad oggi!
Cosa ti ha spinto a lasciare Genova per spostarti in basso Piemonte e cosa senti che questo cambiamento abbia portato in te?
Sono scappata da un contesto urbano che, complici speculazioni finanziarie, impoverimento e disattenzione sociale, era diventato un ghetto nel quale parcheggiare i cittadini stranieri poco illustri, quelli con i lavori incerti, con le famiglie numerose a cui affittare immobili in pessime condizioni a prezzi sopravvalutati. Era una situazione detestabile e il Piemonte – o meglio Ovada, la cittadina in cui vivo – aveva un felice retaggio familiare. Il ramo materno della mia famiglia è nato lì e io oggi vivo nella casa costruita dai miei bisnonni. Un cambiamento micro che in realtà è macro, perché ha influito fortemente sul mio benessere fisico e psicologico.
Pensa, dalla finestra del mio studio vedo i due tigli che ho in giardino: durante il lockdown, per la prima volta, ho visto spuntare ogni singola foglia sui loro rami. Una magia che non avrei vissuto se fossi rimasta a Genova. A parte la tranquillità e la scoperta del pendolarismo – ho viaggiato ogni giorno per circa dieci anni su e giù per la linea Acqui Terme-Genova –, una volta lasciata l’azienda ho tessuto rapidamente una rete di collaborazioni.
Ho amiche libraie, bibliotecarie, educatrici con cui costruire opportunità; qui le istituzioni rispondono, ci sono bandi per progetti educativi ben scritti, ci sono associazioni attive e operative. In una realtà più piccola è più facile arrivare agli assessori o ai sindaci e il coinvolgimento è più diretto: si capisce in fretta a chi proporre e si possono costruire reti. Il Piemonte in generale ha una bella tradizione di librerie, di festival dedicati ai libri e alla lettura e nascono continuamente occasioni, per cui devo dire che lo spostamento mi ha giovato pienamente.
In che modo prendono vita le tue storie? Credi che questa nuova vita abbia portato a un prolificare di nuove idee?
Uh, le idee arrivano in tanti modi, ma soprattutto camminando! Non so se sia l’ossigeno che arriva dal movimento o il fatto che mi stacco dalla scrivania, ma quelli sono i momenti migliori. A volte un’idea si affaccia in treno e per quello ho sempre un quaderno per appuntare una frase o uno spunto che non voglio dimenticare.
Poi ci si ferma a pensare e ci si fanno domande: per chi è la storia? Cosa voglio davvero dire? Cosa assolutamente non voglio rischiare di dire? Chi può essere il/la protagonista migliore per raccontare questa vicenda? E man mano l’idea cresce e si sviluppa! Sono assolutamente certa che il cambiamento – anche se non è stato un trasloco da un emisfero ad un altro – abbia giovato: restare sempre fermi nello stesso posto è comodo, ma rischia di far avvizzire le idee e offre sempre lo stesso scenario, per cui è difficile che le idee si rinnovino!
Oltre a lavorare come formatrice per adulti, curi workshop e laboratori per bambini che affrontano diversi temi e nei quali usi svariati approcci: cosa ti porti a casa dopo gli incontri con i più piccoli?
A parte tonnellate di disegni e regalini, mi porto indietro sorrisi, abbracci, sguardi e piccoli gesti necessari a conoscere sempre meglio i miei lettori e a rinnovare con loro il patto di onestà e sincerità. Devo sempre ricordare che se i libri li comprano gli adulti, io li scrivo per i bambini e i ragazzi, per cui a loro devo rispetto, attenzione, conoscenza e quando ci incontriamo, oltre a divertirmi io per prima, faccio esperienza, necessaria e vitale!
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