24 Nov 2022

Family Support: la comunità si attiva per sostenere e prendersi cura dei neo-genitori

Scritto da: Francesco Bevilacqua

Da diversi anni nel territorio altoatesino si è creato un precedente virtuoso che ha riempito un vuoto nel fantastico e avventuroso percorso della genitorialità. Ma non solo: Family Support vuole recuperare quegli atteggiamenti di cura, accudimento e fiducia propri delle relazioni sociali di una volta e lo fa attraverso un supporto emotivo, concreto e volontario ai neo-genitori.

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Bolzano, Trentino Alto Adige - C’erano una volta la famiglia allargata, la comunità educante, relazioni umane più solide, reti di vicinato solidali e amicali. C’erano una volta e oggi, a parte casi sempre più sporadici, non ci sono più. Ma può succedere che i retaggi abbandonati del passato abbiano un valore non solo intrinseco ma anche pratico, di supporto concreto nella vita quotidiana. Qualcosa di cui avevamo e abbiamo ancora bisogno.

Sono queste, a grandi linee, le riflessioni che hanno dato origine diversi anni fa al progetto Family Support. Siamo in Alto Adige, nel paese di Lana, vicino a Merano. Qui incontro – virtualmente – Sara Passler, della rete Centri Genitori Bambini dell’Alto Adige. Con lei intrattengo una lunga chiacchierata su questa interessante iniziativa di supporto alla famiglia nel periodo post-nascita, ma anche sulla cultura della cura e della fiducia, sulla solidarietà, sulla necessità di tessere nuovi legami sociali e comunitari.

ELKI

Sara lavora per la rete Elki – dal tedesco Eltern Kind Zentren, ovvero centro genitori bambini –, organizzazioni sorte dal basso che esistono da ormai trent’anni, ispirate alla realtà tedesca. «Gli Elki nascono da iniziative di genitori che avevano bisogno di spazio e tempo per confrontarsi e condividere», mi spiega Sara. «Sono associazioni basate sul volontariato e sull’autogestione, che però col passare del tempo si sono anche sviluppate in maniere diverse, anche assumendo dipendenti, pur rimanendo sempre vicine ai bisogni delle famiglie del territorio».

Gli Elki organizzano attività di formazione, gruppi gioco, corsi, ma soprattutto sono uno spazio libero e aperto. «Da circa quindici anni gli Elki si sono uniti in una rete, che all’inizio era informale ma poi si è strutturata meglio in associazione, con consiglio amministrativo e dipendenti. Fino al 70% delle spese è coperto dall’Agenzia alla famiglia della Provincia Autonoma, il resto è autofinanziato tramite le attività associative».

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FAMILY SUPPORT

È in questo contesto già fortemente predisposto alla cura e allo scambio fiduciario che germoglia un progetto tanto semplice dal punto di vista concettuale quanto rivoluzionario da quello sociale. Racconta Sara: «Era il 2014 e l’Elki del mio paese, Lana, ha cominciato a confrontarsi con i servizi locali; da questo confronto è emersa la necessità da parte delle famiglie di un supporto nel primo anno di vita dei bambini».

Vale la pena di soffermarsi un attimo e inquadrare bene la situazione. Esistono già tanti servizi professionali nell’ambito della genitorialità, ma quando nasce un bebè cambia tutto. «Anche se ti prepari non puoi essere preparato – osserva Sara – poiché la mamma cambia, il papà pure, cambiano la coppia, il corpo, la routine, le relazioni sociali e tante altre cose. Se vivi questa esperienza insieme ad altri puoi confrontarti, ma se non è così sei molto solo. Anche la struttura della famiglia d’origine allargata è cambiata ed è meno di supporto. Senza contare che la donna entra prima nel mondo del lavoro, con tutto ciò che questo comporta in termini di disponibilità».

Quello che il gruppo dell’Elki notava era quindi il fatto che nelle famiglie c’è tanta solitudine, da cui può nascere sovraccarico. Perché dunque non rispondere con un “family support”? Emblematicamente, il simbolo scelto per l’iniziativa è la bilancia, perché «le sfide fanno parte della vita e ci sono, ma ogni famiglia ha anche tante risorse da mettere sul piatto».

Ciò che non bisogna fare è sottovalutare tali sfide: «Se a stanchezza, solitudine e bisogno di ricaricarsi si aggiungono altre difficoltà, la bilancia si sbilancia», osserva Sara. Family Support nasce da queste riflessioni, basandosi sul volontariato. Non è necessario infatti che operatori e operatrici siano figure professionali – per quello esistono già altri servizi –, basta che abbiano la capacità di alleggerire la famiglia.

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COME FUNZIONA

Family Support è legato a una realtà locale – spesso un Elki, ma non necessariamente, può essere anche un’associazione diversa. «Come rete Elki però seguiamo molto da vicino il progetto, sia perché si sta ampliando molto, sia perché c’è bisogno di una puntuale attività di management». Le persone che partecipano in qualità di volontarie infatti vengono formate.

«I volontari fanno supporto concreto alla genitorialità – dice Sara spiegando come funziona nel concreto Family Support –, per esempio giocando col fratellino, facendo una passeggiata col bebè, accompagnando la mamma ad appuntamenti o visite, facendo la spesa, cucinando e così via. Non si tratta di “semplice” babysitting, ma di stare con tutta la famiglia, sostenendola nelle piccole cose quotidiane, anche solamente con chiacchiere e compagnia».

C’è infatti un supporto concreto, ma spesso è ancora più importante la relazione – «e su questo ci vuole formazione», osserva Sara –, che è forse un compito ancora più impegnativo, poiché il volontario deve saper essere sensibile e attento ai bisogni, deve rispettare i limiti, conquistare fiducia attraverso la delicatezza, non essere invasivo, ma far sentire la propria presenza.

Al momento c’è solo un uomo volontario e il resto sono tutte donne. Non c’è grande flessibilità, poiché quasi tutte hanno famiglia o lavorano e hanno a disposizione circa 3 ore una o due volte alla settimana. «Chi inizia a collaborare con Family Support svolge un periodo di prova di 3/4 mesi e poi si valuta se prolungare l’accompagnamento in base al feedback dei partecipanti, al rapporto che si instaura fra loro e alla situazione in famiglia, che magari dopo un primo intervento non richiede più un sostegno».

Il messaggio fondamentale è che è un segno di forza e non di debolezza utilizzare delle risorse come il supporto familiare

Ogni Elki ha a disposizione una figura professionale con background socio-psico-pedagogico che raccoglie le richieste da parte delle famiglie del territorio e le gestisce. Inoltre fa formazione ai volontari e si occupa del matching, scegliendo quello più adatto alla famiglia che ha fatto richiesta. Se ci sono problemi più grandi questa figura parla con le famiglie ed eventualmente attiva anche altre risorse. Ogni territorio ha un “distretto sociale” e ogni distretto – ora sono nove – ha la sua figura professionale di riferimento. La rete Elki organizza poi incontri di formazione e scambio fra queste e figure.

EFFETTI E REAZIONI

Chiedo a Sara quali feedback hanno raccolto dal territorio in questi primi anni di lavoro. «In ogni area in cui partono i servizi – mi risponde – le famiglie che partecipano sono molto contente perché sanno che questo Family Support va a riempire un vuoto. C’è ovviamente il supporto diretto alla famiglia, che fornisce sempre un feedback, anche se spesso non si esplicita l’importanza che la rete sociale che si crea riveste per i volontari stessi, che sono molto diversi fra loro ma accomunati dal riconoscimento del valore di questo tipo di intervento».

Sovente infatti accade che si creino legami duraturi fra i volontari e fra volontari e famiglie, anche se l’obiettivo ufficiale non è che da ogni accompagnamento nasca un’amicizia. Quello che si cerca di favorire – e che in effetti succede spesso – è la diffusione di una cultura del supporto reciproco. «È successo – racconta Sara – che famiglie accompagnate dal progetto siano diventate a loro volta volontarie».

Family Support sta generando un cambiamento radicato nel territorio altoatesino. La rete Elki organizza incontri tra professionisti, fa pubbliche relazioni e divulgazione, scrive articoli, usa i social, partecipa alle attività di rete. In Alto Adige si sta sviluppando una rete di servizi per la fascia 0-3 che si chiama Aiuti Familiari Precoci. Per il 2023 si pianifica un grande incontro con tutti i volontari del territorio.

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CURA E FIDUCIA, PILASTRI DI UNA NUOVA CULTURA

Family Support punta sul cambio di paradigma: «Il messaggio fondamentale – sottolinea Sara – è che è un segno di forza e non di debolezza utilizzare delle risorse come il supporto familiare. Abbiamo tutti dei bisogni, è normale che un bambino non venga cresciuto da poche persone. Ai genitori noi diciamo: prendetevi cura di voi stessi, accettate i vostri limiti. È per questo che parliamo di “supporto” e mai di “aiuto”, perché questo abbassa la soglia e fa sentire deboli».

La stessa Sara è stata sia figura professionale sia utente, per il suo quarto figlio: «Durante la gravidanza l’idea di sapere che c’era questa possibilità mi ha dato più tranquillità e l’ho utilizzata quando mio figlio è nato. Con la volontaria che mi supportava ho fatto cose molto semplici, un caffè o una passeggiata. Lei poi era cuoca e cucinava prendendosi cura di me – il concetto chiave di mothering the mother. Cose concrete, ma anche semplicemente dire “sono qua”».

Uno degli aspetti più interessanti di Family Support è vedere la grande diversità delle famiglie dal punto di vista delle risorse, degli obiettivi, dei valori e questa è la grande sfida del progetto. «Ogni giorno ci rendiamo conto che le difficoltà sono concrete e a volte non c’è una risposta. Abbiamo dovuto fronteggiare situazioni dure, malattie o morte di un membro della famiglia. Noi eravamo lì e abbiamo fatto che dovevamo e potevamo: supportare, fare rete, prenderci cura, conquistare fiducia».

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