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L’area rurale del Guatemala non è l’Africa subsahariana della malnutrizione dilagante. Non è nemmeno il Medio Oriente della guerra permanente o il sud est asiatico dei campi per rifugiati a cielo aperto. È invece una terra silenziosa, chiusa, lontana, fatta di ricchezze sconfinate e una storia recente impregnata di sangue e violenza invisibile, suolo fertile e schiavitù, dove oggi un quarto dei giovani sotto i trent’anni aspira a emigrare in maniera clandestina verso il nord per assaporare la speranza di tornare dopo dieci anni e avere una casa in mattoni.
Qui la proprietà è accentrata nelle mani di pochi latifondisti, spesso stranieri, e il cuore della produzione agricola è destinato alla esportazione sottocosto: caffè, cacao, cardamomo, zucchero, banane, ananas, ma anche petrolio grezzo, gomma e legnami preziosi. Ogni cosa viene prodotta a costi minimi e infagottata in container ciclopici diretti verso l’Europa o il Nord America.
Quello che resta tra le mani indurite dei contadini sono solo pochi spicci – il salario mensile medio di un contadino che lavora per un’azienda agricola non supera i 2500 quetzales, poco più di 300 euro – e una rassegnata delusione tramandata da generazioni. Per cambiare questo sistema perverso c’è bisogno di promuovere un’alternativa interna, aprire spazi di vendita locale capaci di accorciare le distanze tra chi produce e chi acquista e rendere il contadinə consapevole del proprio potere d’impresa.
Per questo Elena e io chiediamo a chi può, con i mezzi a disposizione, un sostegno: dopo più di sei mesi di vita in questa trama densa, abbiamo deciso insieme ad AMKA di aprire una campagna di raccolta fondi per la costruzione di un negozio collettivo nella comunità che è divenuta casa, Nuevo Horizonte in Petén, destinato a prendere le forme di un punto di riferimento per centinaia di contadini e contadine della zona.
È un sogno di giustizia che passa attraverso l’esigenza pratica di dare vita a nuovi spazi di emancipazione e autonomia, in un paese che ha vissuto per secoli il peso del saccheggio. Un nuovo negozio comunitario significa un canale di vendita sicuro, nuovi posti di lavoro, la garanzia di un pagamento giusto alleggerito dal peso di intermediari di comodo, la possibilità di contribuire all’emancipazione femminile attraverso il coinvolgimento delle donne nel servizio di attenzione alla clientela e l’ispirazione di un modello di economia locale virtuosa.
Ogni contributo, ogni centesimo e ogni condivisione della campagna ci aiuterà ad avvicinarci un mattone in più all’obiettivo e rendere reale il sogno di fornire alle comunità locali un luogo per la vendita diretta dei propri prodotti di qualità. Un angolo di lavoro etico. Una via di fuga dalle regole di un mercato impietrito, infinitamente più grande e proiettato migliaia di chilometri più in là dei bisogni del territorio da cui trae risorse fondamentali.
Se ti va, se puoi, sii parte di questo sogno e supporta la campagna anche con una piccola donazione o con la condivisione tra i tuoi contatti. Dona ora o condividi la campagna su CostruiamoLaTienda. Aiutaci a far sì che l’area rurale dove operiamo in Guatemala apra gli occhi sul potenziale del proprio lavoro e che l’emigrazione diventi una opzione tra le tante e non l’unica uscita. Aiutaci a strappare il cielo del silenzio e dare linfa a un nuovo ritmo fatto di speranza e dignità.
Elena e io saremo a Nuevo Horizonte fino al termine dei lavori e potremo garantire sul corretto utilizzo di ogni centesimo. Gli aggiornamenti sull’avanzamento del cantiere saranno condivisi in maniera periodica tanto sul blog di AMKA quanto sulle nostre pagine social. Saremo parte di uno stesso cammino. Grazie fin d’ora per aiutarci a renderlo un percorso di riscatto per decine di donne e uomini a un oceano di distanza.
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