Benvenuti nel fantastico mondo dell’illustratrice Elisa Seitzinger: un viaggio tra iconografia e cultura pop
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Verbania - Pensate di immergervi tra le imponenti e solenni atmosfere di un antico Collegio, di percorrerne il refettorio, ammirare le vetrate, oltrepassare la biblioteca che custodisce oltre sessantamila volumi e giungere al museo di scienze naturali con le collezioni ottocentesche di erbari, minerali e reperti archeologici e paleontologici. Immaginatelo come un percorso immersivo tra sacro e profano, attraverso le opere di una delle artiste che più sta facendo parlare di sé nel panorama dell’arte contemporanea.
Parliamo di Elisa Seitzinger: illustratrice curiosa ed eclettica che ci farà immergere nel suo straordinario mondo fatto di simboli e icone. Sabato 5 novembre a Domodossola ha inaugurato la mostra Seitzinger Alchemica, la prima personale dell’artista che nelle sue opere attinge e dialoga con l’arte medievale sacra e cortese, rivisita bestiari, modella mosaici bizantini e icone ortodosse, ci introduce nel mondo dei tarocchi, guarda all’iconografia esoterica e a quella classica, partendo sempre dal disegno manuale a china.
Il suo è un vero e proprio ritorno alle origini, in quelle valli alpine ossolane dove è nata e cresciuta. In passato la sua strada, tra arte visiva e illustrazione, l’ha portata in città come Firenze, Atlanta, Nizza e Londra e il suo lavoro in questi anni le è valso importanti riconoscimenti nazionali e internazionali. Dal 2015 al 2020 è stata docente all’Istituto Europeo di Design di Torino e tra i suoi lavori non mancano significative collaborazioni, come con il cantautore Vinicio Capossela, con il Salone del Libro di Torino o con la scrittrice e conduttrice radiofonica Loredana Lipperini.
Oggi Seitzinger Alchemica ripercorre le tappe fondamentali della carriera dell’autrice: i progetti, la poetica, le ispirazioni, ma anche i dialoghi con importanti nomi dell’arte, della cultura, della musica e dell’editoria. E le atmosfere dello storico Collegio Mellerio Rosmini non potevano che essere il posto più adatto, in quanto istituto dedicato a una personalità che, anch’essa, ha saputo far comunicare mondi diversi: Antonio Rosmini Serbati è infatti uno dei maggiori pensatori italiani dell’Ottocento, ma anche sacerdote, autore di scritti di ascetica, teologia, filosofia, pedagogia.
Ispirazioni, magia, iconografie. L’arte di Elisa Seitzinger è capace di mostrare storie, personaggi e concetti astratti attraverso simboli, capaci di svelare nuovi significati. La sua mostra nasce dalla collaborazione con l’Associazione Culturale Verticale d’Arte di Macerata e fa parte del progetto Interreg Italia-Svizzera “Di-Se – DiSegnare il territorio”: tre anni all’insegna del disegno e dell’arte a cura di Associazione Musei d’Ossola, Museumzentrum La Caverna di Naters e Associazione Asilo Bianco.
Fino al 5 febbraio al Collegio Rosmini di Domodossola sarà possibile immergersi nel suo fantastico mondo attraverso un percorso espositivo. In questo ritorno alle origini parliamo con Elisa Seitzinger che ci racconta la sua affascinante arte, in un salto tra passato e futuro.
La Val D’Ossola è una terra unica, tra i suoi sacri monti, la natura incontaminata e gli scenari naturali. In che modo questo territorio in cui sei cresciuta ti ha ispirata nella tua arte?
La Val D’Ossola è la mia heimat, una parola tedesca che è impossibile tradurre in italiano. Posso definirla la mia piccola patria, il mio rifugio. Qui i paesaggi hanno una forza straordinaria e credo che il mio amore per la fauna e la botanica, ma anche il lato “stregonesco” del mio lavoro, affondino le radici nei boschi, nelle montagne e nei laghi di questa terra magica. I miei progetti artistici più complessi li eseguo in semi clausura nella mia casa a Macugnaga.
C’è qualche ricordo del tuo passato che vuoi condividere?
Un mio ricordo di questi luoghi proviene dal Lago d’Orta, non distante dalla Val d’Ossola. Qui è dove ho visto per la prima volta, quando ero una bambina, la mano con l’occhio, rappresentata in un affresco romanico nella Basilica di San Giulio sull’omonima isola. Poi me la sono dimenticata e sono andata a giocare con le Barbie. Passano gli anni e qualche mese fa torno su quell’isola, rivedo l’affresco e decido di ridisegnare quel simbolo potentissimo senza chiedermi neanche il significato.
Poi inizio a vedere quella mano dotata della vista su tatuaggi e altri disegni. Oggi mi fermo a riflettere e ricordare e scopro che quel simbolo, che ritroviamo in tantissime culture nel mondo, esprime il legame profondo tra l’osservare e l’agire, il complesso ideale umano di onniscienza e onnipotenza. Io l’ho fatto senza sapere perché i sensi precedono la conoscenza.
Tra icone e le simbologie, cosa racconti attraverso le tue opere? Che significati svelano i tuoi personaggi?
Difficile dare una risposta generica a questa domanda: dipende dai progetti e dal messaggio che voglio veicolare in ciascuno. In molti miei disegni esiste questo legame con il cosiddetto “nuovo Medioevo”. La pandemia, la demagogia, ma anche la necessità umana di percepire qualcosa di trascendente sono solo alcuni degli aspetti che emergono oggi come allora.
Il mio è solo un linguaggio che attraverso la riappropriazione in chiave eclettica di alcuni aspetti simbolici, a volte aulici, altre volte grotteschi e popolari, rifugge la mimesi con il reale usando gli stessi codici stilistici dell’arte medievale. Sono l’opposto di un pittore impressionista o semplicemente di uno di quei disegnatori che hanno sempre lo sketchbook o l’i-pad pro con sé.
Sono un animale da studio, prima di affrontare un progetto leggo, attingo a piene mani da iconografie di altre epoche storiche, non solo medievali. I miei personaggi e i miei bestiari, protagonisti assoluti delle mie illustrazioni, sono caratterizzati dai loro dettagli anatomici, dalle loro vesti o dai loro accessori se sono nudi, dal loro apparato simbolico, esseri stranianti che troneggiano sul loro palcoscenico, la superficie piatta del foglio.
Cosa significa per te dedicarti all’illustrazione in Italia e all’estero?
A dire il vero ho studiato molto all’estero, ma ho lavorato soprattutto in Italia. E adesso sento che è venuto il momento di tornare in alcuni Paesi per trovare nuovi spazi professionali. Il mercato italiano, soprattutto quello editoriale, mi ha accolto a braccia aperte. Mi piacerebbe sapere se le mie opere, così intrise di rimandi alle nostre radici storiche, sia artistiche che folkloriche, possano funzionare bene anche all’estero. Per le esperienze lavorative finora fatte e i riconoscimenti anche su scala internazionale mi sembra di sì, speriamo di incrementare. Ho in programma di andare presto a New York.
Torino è una città magica ed esoterica. In che modo ti ispira nel tuo lavoro quotidiano?
La convergenza tra il Po (Sole) e la Dora (Luna) creano in questa città un indubbio campo energetico percepibile credo da tutti e da cui si pensa derivi la sua fondazione che le leggende attribuiscono al figlio di un faraone o al mitico Fetonte. Adoro Torino, la sua aura misteriosa, le sue strade da cui si scorge in fondo il punto di fuga, e abitare vicino al fiume e alla natura mi fa dimenticare la metropoli.
Ci sono innumerevoli luoghi della Torino magica che m’ispirano. Alcuni dei miei preferiti sono Casa Mollino, il mausoleo domestico del grandissimo architetto, designer, nonché esoterista, il museo Lombroso, San Filippo Neri, le ville abbandonate della collina. Poi lo ripeto, la città stessa, nella sua interezza, è intrisa di atmosfere occulte di luce e tenebra, a partire dalla Gran Madre, la chiesa che sorge sul tempio dedicato al culto di Iside.
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