11 Nov 2022

Due delegate italiane ci raccontano com’è andata la Conference of Youth, la conferenza sul clima dei giovani

Scritto da: Redazione

Poco prima dell'inizio di COP27, si è conclusa, sempre in Egitto, la Conference of Youth. Il focus principale della COY, a cui prendono parte ogni anno giovani provenienti da tutto il mondo, è produrre il global Youth Statement, un documento che verrà poi presentato alla COP. Le due delegate italiane Elisabetta Reyneri e Irene Delfanti ci raccontano della loro esperienza alla conferenza, con qualche riflessione sugli eventi a cui hanno partecipato. 

Salva nei preferiti

Sharm el-Sheikh, la nota meta turistica famosa per i suoi resort, è il luogo scelto dalle Nazioni Unite per parlare di cambiamenti climatici. Prima dei potenti della terra, però, siamo stati noi  giovani ad incontrarci tra il deserto e il Mar Rosso. L’abbiamo fatto alla COY – global Conference of Youth –, un evento promosso da YOUNGO, la rappresentanza ufficiale dei giovani nella Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC). Come la COP, anche la COY si svolge annualmente e i delegati che vi prendono parte provengono da ogni parte del mondo per discutere dell’emergenza climatica e delle sue sfide. 

Nonostante il risultato principale della conferenza consista nel produrre un documento con proposte concrete da portare alla COP, l’anima della COY si trova tra i tavoli delle sale che ogni giorno ospitano discussioni sugli argomenti più disparati. I relatori si confrontano con vari interlocutori, sia da un punto di vista professionale – cosa fanno un biologo, un’avvocata e una designer nella stessa stanza? – che personale. Ci sono studenti di una scuola secondaria delle Bahamas e giovani delegati ufficiali dell’Austria, venuti qualche giorno prima per testare in prima persona l’efficacia delle idee con cui si troveranno a trattare nelle settimane seguenti.

conference of youth2
GLI ACCORDI DI PARIGI

La sessione che più ci ha colpito ed ispirato è stata certamente quella sugli NDCs – i piani nazionali di riduzione delle emissioni – in connessione con l’attivismo giovanile. Tutti sappiamo dell’Accordo di Parigi e del suo target per il mantenimento dell’aumento della temperatura media globale agli 1.5°C, ma qual è il piano per attuarlo da un punto di vista sostanziale e tecnico-burocratico? Ce lo ha spiegato Chiagozie Udeh delle Nazioni Unite, il principale relatore di questo workshop che punta tutto sulla responsabilità statale, la cittadinanza attiva e l’attenzione alla struttura del documento.

«Non accontentatevi di esaminare le intenzioni di cui gli Stati parlano – ha detto – ma andate a controllare cosa mettono nei piani del relativo budget, e come». Purtroppo questi piani di riduzione delle emissioni non obbligano gli Stati a fronte di eventuali sanzioni, ma possono comunque essere usati dai cittadini per mettere pressione ai loro Governi. La tesi è infatti che, nonostante il clima sia divenuto un argomento di dibattito globale, sono le azioni che gli stati implementano nei loro territori che effettivamente faranno la differenza.

LOSS AND DAMAGE

Altri temi scottanti che sono stati trattati alla COY e che sono protagonisti della COP27 sono la finanza climatica e il “loss and damage”, ovvero il rimborso in tema di danni che i paesi industrialmente meno sviluppati stanno chiedendo agli stati del Nord globale. Ma come mai? «Se l’Africa occidentale si industrializzasse ora – spiega Oba Sourou Alain, delegato del Benin –, le speranze per il clima finirebbero per davvero. Continuano a dirci che abbiamo il diritto di svilupparci, ma non è così».

coy45

E quindi cosa fare? Durante i vari confronti sono emersi anche temi come quello dei visti. «Se non possiamo lavorare a casa nostra per l’alto tasso di disoccupazione e le scarse opportunità, dobbiamo almeno avere la possibilità di lavorare in altri paesi per mantenere le nostre famiglie. È per questo che molti preferiscono emigrare», continua Alain.  «Quindi ai potenti presenti alla COP chiedo: aprite all’immigrazione e noi contribuiremo a sviluppare i nostri paesi in maniera sostenibile». 

Molti dei giovani africani, si sentono dire che il ruolo dell’Africa nella lotta al cambiamento climatico è quello di off setting, ossia di bilanciare con la sua natura e i suoi ecosistemi le emissioni effettuate dal resto del mondo. Ma questo non è necessariamente quello a cui le popolazioni locali vogliono dedicarsi a livello lavorativo. Ecco qui uno dei dilemmi non solo di quei paesi, ma di qualsiasi giovane che si trovi a bilanciare le sue ambizioni con la drastica realtà del cambiamento climatico.

COY: INCONTRI E RELAZIONI

Ma la COY non è soltanto dibattiti e seminari. È anche e soprattutto creare una rete solida fra i giovani di tutto il mondo e contribuire concretamente alla lotta ai cambiamenti climatici. Nello specifico, fra le occasioni di networking c’è stata quella espressamente dedicata ai cosiddetti green and blue jobs, ossia quei lavori che i giovani attenti a tematiche ambientali e sociali ritengono rispondenti ai loro valori. Abbiamo condiviso le nostre esperienze, le problematiche riscontrate e i contatti utili. Si è creata una straordinaria atmosfera di solidarietà e attenzione verso il prossimo, il cui obiettivo principale è stato mettere insieme le nostre conoscenze verso uno sforzo condiviso a servizio del pianeta. 

Siamo colpite e ammirate dalla forza dei giovani di tutto il mondo, dalla loro resilienza e visione del futuro

Altro argomento attualissimo è quello della biodiversità, della sua fragilità e perdita e delle possibili misure per salvaguardarla. Di grande interesse è stato il discorso sulle cosiddette nature-based solutions, cioè la gestione e l’uso sostenibile della natura per affrontare sfide socio-ambientali. Queste soluzioni possono e devono essere implementate anche negli ambiti urbani, dove siamo soliti pensare che la natura abbia poco o nulla a che fare. Al contrario, progettazione del verde per creare ecosistemi che comunichino sinergicamente tra loro, depavimentazione e tanto altro sono misure che non solo migliorano la vivibilità cittadina, ma producono grandi benefici sulla salute umana e sul clima.

COM’ERA IL CLIMA IN EGITTO?

Una considerazione importante da fare invece riguarda le proteste che solitamente accompagnano questi eventi. È noto che in Egitto il diritto di manifestazione, di parola e di espressione è limitato e non vi è stata eccezione nemmeno negli scorsi giorni. Nonostante il grande numero di attivisti per il clima, non abbiamo visto neanche un cartello o una marcia o un coro che accennasse alla protesta. Questa mancanza è particolarmente grave, soprattutto vista la fondamentale importanza di queste manifestazioni che, nel corso degli anni, hanno contribuito a portare il clima in primo piano nelle agende politiche globali. 

coy98
ALCUNE CONSIDERAZIONI

In conclusione, quello che ci sentiamo di affermare con certezza è che un evento come la COY è estremamente utile e positivo sotto diversi punti di vista. Primo fra tutti è la condivisione fra noi giovani di valori, esperienze, speranze, iniziative e progetti. Questa rete globale è preziosissima poiché già nel presente – e soprattutto nel futuro – serviranno cittadini, innovatori, leader e professionisti competenti che si impegnino per la causa climatica, sociale e ambientale.

In secondo luogo, un evento del genere colpisce per il suo essere intrinsecamente multiculturale, intersezionale e interdisciplinare: la varietà nella provenienza geografica dei partecipanti, dei background culturali, dell’istruzione ricevuta, delle priorità e dei sogni è qualcosa di veramente unico e sorprendente.

Infine lasciamo Sharm El-Sheikh con rinnovata fiducia. In un mondo al collasso geopolitico e climatico, dove i conflitti, la povertà e le crisi sembrano prevalere sulla pace, sullo sviluppo e sul riconoscimento dei diritti fondamentali, è fondamentale trovare uno spazio di accoglienza e condivisione. Siamo colpite e ammirate dalla forza dei giovani di tutto il mondo, dalla loro resilienza e visione del futuro. Non solo ideali e parole vuote, ma azioni concrete. Non solo sfiducia e isolamento, ma gioia, intraprendenza e tanta voglia di cambiamento.  

Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento

Articoli simili
Lo storyteller dell’acqua Zach Weiss e il nuovo paradigma per mitigare clima, siccità e alluvioni
Lo storyteller dell’acqua Zach Weiss e il nuovo paradigma per mitigare clima, siccità e alluvioni

Come sta Valencia un mese e mezzo dopo l’alluvione che ha provocato 220 morti?
Come sta Valencia un mese e mezzo dopo l’alluvione che ha provocato 220 morti?

C’è anche l’Università di Sassari alla COP16 sulla desertificazione di Ryadh
C’è anche l’Università di Sassari alla COP16 sulla desertificazione di Ryadh

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace

Il boom dei fast food e la fine dell’identità – INMR Sardegna #58

|

I rifiuti elettronici sono un grosso problema. La soluzione? Riparare invece che ricomprare

|

Perché dire basta ai botti di Capodanno: petizioni e proposte sostenibili

|

Smartphone, pc, elettrodomestici: ripararli è possibile con “The Restart Project” – Soluscions #4

|

Terapie psichedeliche: una soluzione ancestrale ai disturbi mentali?

|

Il futuro del vino tra crisi climatica e innovazione

|

Dalla crisi ecologica alla disumanizzazione delle guerre, l’amore è la risposta

|

Lo storyteller dell’acqua Zach Weiss e il nuovo paradigma per mitigare clima, siccità e alluvioni

string(9) "nazionale"