In Colombia gli indigeni difendono con la vita la foresta amazzonica
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Deforestazione, cambiamenti climatici e perdita di biodiversità: la tutela del patrimonio forestale mondiale intreccia tutti questi aspetti ed è quindi anche una strategia per combattere attivamente il cambiamento climatico. Ma a quale costo? L’illegal logging – ovvero i tagli boschivi che generano un impatto distruttivo sulle foreste e che, secondo il report del Basel Institute of Governance, frutta circa 150 miliardi di dollari l’anno – riguarda il 30% del legno commercializzato in tutto il mondo.
Il disboscamento illegale però trascina dietro di sé una scia di conseguenze sui piani economico, ambientale e sociale: è infatti strettamente correlato ai conflitti per la terra e le risorse, alla perdita di potere delle comunità locali e indigene, alla corruzione e ai conflitti armati. Ed è proprio di questo che parliamo oggi.
I FATTI
Ci troviamo nella zona rurale del Quibdò, nel dipartimento del Chocò, in Colombia. Qui l’11 novembre due guardie indigene dell’associazione delle comunità tradizionali OREWA sono state assassinate da un gruppo armato illegale e un terzo collega è rimasto gravemente ferito. Questo è l’ennesimo caso di omicidi in aree rurali colombiane: gli ecologisti indigeni, custodi di biodiversità, rischiano la propria vita ogni giorno per tutelare le foreste primarie1 del pianeta.
A raccontarmi questa vicenda è Roberto Salustri, direttore scientifico dell’ecoistituto Reseda, che da tempo collabora con le autorità indigene che proteggono l’Amazzonia per portare avanti progetti di riforestazione con le popolazioni locali: «Una banda armata è entrata in casa delle guardie di Ichó e li ha brutalmente uccisi. Si tratta dell’ennesimo omicidio in questa zona, dove sono morte una decina di persone solo nel 2022».
È stato quindi lanciato un appello della comunità locale, che ora vuole far sapere al mondo cosa sta accadendo in quest’area della Colombia. «I gruppi armati attaccano le comunità, si insinuano dentro le case, sparano alle persone. Oltre a minacce e torture, spesso vengono collocati dispositivi esplosivi, si mettono in atto rapimenti, violenze e stupri, su uomini, donne e bambini indistintamente». Il clima è pesante, la paura cresce e la percezione di vulnerabilità è altissima, aggravata dal completo isolamento in cui si trova la popolazione indigena, che di fatto è circondata.
Roberto mi parla anche di un altro fenomeno usuale in queste aree, il desplazamiento forzado: «Una comunità viene accerchiata, portata via dalle proprie abitazioni e trasportata anche a 100/200 chilometri di distanza da casa, il tutto magari dentro a camion senza sapere la destinazione, per essere poi abbandonata nel nulla». L’ultimo caso è avvenuto a fine maggio scorso: circa 150 persone sono state costrette a fuggire dal proprio territorio per le continue intimidazioni da parte dei gruppi armati.
LA SITUAZIONE COLOMBIANA
Quando si pensa alla foresta amazzonica il più delle volte si parla del Brasile, mentre l’associazione che si fa spesso è Colombia = narcotraffico. In realtà a caratterizzare le aree più rurali del Paese non c’è solo la coltivazione della coca, ma un fortissimo interesse per la foresta stessa.
La pressione armata dei gruppi illegali ha lo scopo di consentire alle organizzazioni criminali di agire indisturbate per disboscare un’area di foresta e impossessarsi di tutto il legname per il commercio illegale oppure di liberare lo spazio idoneo per impostare un nuovo allevamento.
«Il punto è che la terra è degli indigeni finché ci stanno sopra», mi spiega Roberto, che sottolinea la condizione di completo isolamento in cui vive la popolazione. Di fatto non ci sono forze governative a difendere queste comunità tradizionali, che sono autonome, con le proprie guardie indigene, ma senza alcuna garanzia né tutela. «Si tratta di persone che vivono in modo semplice, di sussistenza e di ciò che dona la foresta».
«Con il progetto di Reseda non solo riforestiamo nelle aree disboscate – anche in Africa oltre che in America Latina – ma stiamo agendo anche sul piano della formazione e ora anche della comunicazione, denunciando gli efferati crimini che colpiscono queste comunità». Un popolo nell’oblio, che non si sente al sicuro nemmeno a casa propria, ma che difende con la vita la foresta amazzonica, mentre i gruppi armati illegali governano i territori senza limitazioni.
1 Le foreste primarie sono le più antiche al mondo: a memoria storica sono foreste che non sono mai state tagliate e che rappresentano, quindi, ciò che rimane di un immenso manto verde che ai primordi dell’umanità copriva tutte o quasi le terre emerse. Fonte: Enciclopedia Treccani
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