Circ’Opificio: disciplina, impegno e condivisione arrivano nei quartieri più emarginati grazie alle arti circensi
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Palermo - «Circ’Opificio è uno spazio in cui si trasforma la materia prima in un gioiello finito. Noi accogliamo bambini per dare loro strumenti utili a crearsi tante opportunità. Alcuni di loro arrivati da noi dieci anni fa e oggi si stanno preparando a intraprendere il circo come professione, ecco perché abbiamo voluto chiamarlo Circ’Opificio». Con queste parole Josh Rizzuto comincia a raccontarmi il suo lavoro, la sua passione e la sua missione.
Lo si capisce anche da come parla: l’arte del circo fa parte del suo modo di essere e relazionarsi. Mentre si racconta è in “equilibrio” tra i tanti progetti, le nuove idee che gli passano per la mente e l’attimo dopo che è già presente. Un esercizio di equilibrio, appunto, e di giocoleria, nel circo come nella vita.
Dieci anni fa Josh, da sempre ballerino e sportivo, ha incontrato Marika Riggio – che poco dopo sarebbe diventata sua moglie – trapezista, acrobata, coreografa e creativa. E con lei il circo. Insieme hanno cominciato a diffondere l’arte e la cultura del circo contemporaneo fatto di disciplina, fatica e impegno, ma anche divertimento e condivisione. Tra gli obiettivi, quello di promuoverlo come una valida alternativa agli sport più conosciuti e diffusi.
Attraverso il circo infatti si possono apprendere i principi fondamentali della psicomotricità: coordinazione, forza, resistenza fisica, equilibrio, agilità, mobilità corporea, concentrazione e ritmo. Un percorso in cui si allena insieme corpo e spirito, fantasia, creatività, abilità psicologiche, che promuove e accresce la fiducia in sé stessi facilitando la capacità di relazionarsi con gli altri, la cooperazione di gruppo e il lavoro di squadra.
Aspetti che acquistano un valore aggiunto per lo scopo sociale che Josh e Marika hanno voluto dare ai progetti che da anni portano anche nei quartieri più complessi di Palermo. «Abbiamo aperto il nostro primo spazio a Capaci, una stanzetta dove facevamo lezioni di piccolo circo. Avevamo circa quaranta associati. Un anno dopo ci siamo spostati allo Zen, dove abbiamo attivato progetti a pagamento e non, anche con le scuole. Con le famiglie che non potevano permetterselo facevamo scambi e baratti».
Dopo tre anni allo Zen il gruppo si è allargato tanto: una segreteria, nuovi collaboratori sportivi, ma soprattutto tanti allievi che si sono appassionati. Tra i collaboratori di oggi ci sono ragazzi, come un ingegnere gestionale, che hanno lasciato il lavoro per dedicarsi al circo. Circ’Opificio sta dando opportunità di lavoro in ambito non solo tecnico, ma anche professionale. Oggi sono 29 i nostri collaboratori», specifica Josh.
Circ’Opificio sviluppa progetti di intrattenimento e creativi, ma anche attività sportive all’interno delle scuole durante le ore pomeridiane che puntano allo sviluppo motorio e cognitivo. Sperone, Brancaccio, Danisinni sono alcuni dei quartieri più a rischio della città dove Josh e Marika hanno un progetto permanente di circo sociale e accolgono gruppi di ragazzini che, in loro assenza, starebbero in strada tutto il giorno.
«Noi siamo partner creativi del progetto Sperone 167, a Danisinni lavoriamo con il centro Tao, con Insieme Danisinni e con Fra Mauro. Il nostro linguaggio permette un’integrazione comune e globale. Fa un effetto positivo vedere come il centro Tao a Danisinni o le scuole di Brancaccio si sforzino per trovare economie che possano garantire i progetti che proponiamo. Siamo del buon ossigeno, la proposta alternativa che fa divertire, giocare, che mette in discussione e dà forza al loro lato fisico».
Nei territori a rischio il lavoro sul corpo fisico, se non è ben attenzionato, può essere rischioso. «Al contrario, se fatto bene, può aprire a percezioni prima mai provate che stimolano sensazioni positive e relazioni che possono fare la differenza» continua Josh.
E a essere contenti non sono solo i ragazzi ma anche i loro genitori, che dopo paure, titubanze e indifferenza partecipano e si fanno coinvolgere. Il circo nella mente di molti è ancora associato a domatori e animali, ma quello contemporaneo è tutt’altra cosa e dal racconto di Josh sembra che a Palermo si stia diffondendo con facilità. Dieci anni fa lui e la moglie erano i soli a proporre attività di questo tipo, oggi per fortuna non è più così.
«Nella nostra sede di via Ammiraglio Piraino svolgiamo il Circobaleno, il circo adattato ai bimbi con bisogni speciali, che grazie alla presenza di figure tecniche specializzate permette di supportare le famiglie e il lavoro di integrazione tra il bambino e il gruppo e viceversa. Abbiamo anche laboratori con e per le famiglie. Con l’uso spropositato del cellulare a qualsiasi età si è perso il contatto fisico, i genitori hanno paura di toccare i propri bimbi, di giocare con loro per via di un rischio legato solo a tensioni personali».
«Noi proviamo a creare dei momenti ludici durante i quali raccontiamo e accogliamo le tensioni e cerchiamo di affrontarle in modo diverso. I bambini hanno bisogno di uno spazio più sereno dove poter correre, arrampicarsi, salire sulle spalle del genitore, abbracciare e rotolarsi con libertà», racconta Josh.
Le proposte di Circo’Opificio non finiscono qui. Ogni volta che la chiacchierata sembra arrivata alla fine, Josh tira fuori dal suo cilindro magico nuovi progetti in corso. Come l’asilo nel circo – Saltinbanco, un percorso rivolto ai bambini dai 3 ai 6 anni. Per il terzo anno consecutivo infatti, al Circ’Opificio una classe di 15 bambini – seguita da una educatrice domiciliare, una ambientale, una logopedista, una psicomotricista e un operatore di circo – ogni giorno fa esperienza sportiva, motoria e cognitiva e di strumenti.
Il circo sociale e il circo terapeutico sono solo alcune delle applicazioni delle arti circensi e per Circ’Opificio sono un mezzo di intervento innovativo e significativo che contribuisce ad arricchire il tessuto sociale su cui bisognerebbe investire costantemente. Soprattutto nei territori più emarginati e difficili infatti può essere un’occasione di incontro e relazione che permette di guardare al futuro con più ottimismo nonostante una quotidianità non sempre agevole.
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