7 Nov 2022

Cinema in Ospedale: nei reparti pediatrici si curano solitudine e sofferenza anche grazie ai film

Scritto da: Benedetta Torsello

Si chiama Film in Hospital il progetto europeo nato nel 2021 per portare il cinema per ragazzi tra le corsie degli ospedali pediatrici dei sei paesi coinvolti nel partenariato. Attraverso una piattaforma online e un ricco catalogo di corto e lungo metraggi d’autore, ragazzi e ragazze in degenza ospedaliera o alle cure domiciliari possono ritrovare grazie al cinema uno spazio privilegiato di confronto tra pari e con il mondo esterno.

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Bari, Puglia - Portare la magia del cinema fuori dalle sale, a bambini e bambine che per un periodo più o meno lungo si trovano in ospedale: questo l’intento di Film in Hospital, progetto nato nel 2021 grazie a un bando europeo che coinvolge diverse realtà e associazioni tra Italia, Belgio, Croazia, Slovenia, Spagna e Svezia. Cofinanziato da EACEA Crea Media 2021-AudFilmEdu, dal Ministero della Cultura – Direzione Generale Cinema e audiovisivo – Progetti speciali e dal Garante dei diritti dei minori della Regione Puglia, Cinema in Ospedale irrompe nei reparti pediatrici delle strutture sanitarie pugliesi, per curare i pazienti più piccoli anche attraverso l’espressione artistica.

Si parla ormai da tempo di cinematherapy e di come la visione di un film crei sotto il profilo psicologico un “effetto pausa” nei malati e un conseguente stato di benessere a livello neurologico e psicofisico. La novità di Cinema in Ospedale è nella selezione dei film proposti: «Divisi per tematiche e paesi di produzione, questi film sono pensati principalmente per un pubblico tra i 3 e i 17 anni e scelti dalle più prestigiose rassegne cinematografiche europee per ragazzi», chiarisce Rosa Ferro, operatrice della cooperativa sociale Il Nuovo Fantarca, esperta di didattica del cinema e degli audiovisivi per i più piccoli e ideatrice di CinemaO’, il primo festival di cinema in ospedale.

CINEMA SENZA FRONTIERE

In prima linea nel partenariato del progetto, Il Nuovo Fantarca nasce nel 1999 a Bari, nel quartiere San Paolo, considerato allora uno dei più difficili della città. Membro della European Children Festival Association di Bruxelles e dell’International Association Media Education, la cooperativa opera da anni nella promozione della giustizia sociale, dei diritti umani, della lotta alla criminalità e dell’integrazione attraverso il cinema.

Cinema in Ospedale 3

Il linguaggio delle arti audiovisive permette forse più di altri di sfondare il muro di invisibilità dietro cui si nascondono realtà di marginalità sociale, indigenza e solitudine: «Il nostro impegno in questi anni di lavoro è stato quello di portare il cinema ovunque, in tutti quei luoghi mai raggiunti prima: nelle periferie, nelle scuole, nelle carceri, nei campi rom», prosegue Rosa.

In collaborazione con la rete europea Film in Hospital, Cinema in Ospedale coinvolge ad oggi tutti gli ospedali pediatrici pugliesi e l’ospedale Bambino Gesù di Roma. Una piattaforma online raccoglie un ricco catalogo di novantasette film tra corto e lungo metraggi, ideati per un pubblico di bambini e ragazzi. Si accede facilmente tramite un codice personale e un indirizzo e-mail. Ciò non solo consente la tutela del diritto d’autore, ma restituisce anche un resoconto complessivo dei film più visti e apprezzati dal pubblico, così da poter orientare le scelte future dei film da rendere disponibili on demand.

Il cinema e tutte le altre forme d’arte possono alleviare i lunghi periodi di degenza, colmare il vuoto della solitudine e distrarre dal dolore chi soffre

«A tal proposito, è da poco stata attivata una convenzione con l’Università Cattolica di Milano», aggiunge Rosa. «Un team di docenti e studenti del corso di laurea in Media Education Management analizzerà i dati raccolti tramite la piattaforma e le schede interattiva proposte dopo la visione di ciascun film e definirà delle linee guida per la scelta dei corto e lungo metraggi da proporre nei reparti pediatrici ad oggi coinvolti nell’iniziativa».

Quando è partito il progetto, gli ospedali erano inaccessibili per volontari e operatori: «Siamo entrati per la prima volta in reparto a luglio scorso – prosegue Rosa – e in quel momento ci siamo resi conto di quanto fosse importante per i bambini e le bambine guardare un film con gli altri, perché il cinema è soprattutto un’esperienza condivisa. È proprio di questi giorni la notizia che negli ospedali baresi sarà possibile finalmente ospitare piccoli gruppi di bambini per attività didattiche e proiezioni di film».

Nei mesi più difficili durante la pandemia, la sofferenza e la solitudine di malati e familiari hanno pesato come macigni nella vita di molti: ferite condivise ma non per questo meno dolorose. «Per fare andare avanti il progetto, è stato fondamentale il contributo degli insegnati delle scuole con delle sezioni in ospedale: gli unici a cui fosse consentito l’accesso», commenta Rosa. «Grazie a loro abbiamo realizzato i primi atelier di animazione cinematografica e raccolto le testimonianze dei piccoli pazienti e dei loro genitori». 

Cinema in Ospedale 2
CINEÒ: IL PRIMO FESTIVAL DI CINEMA IN OSPEDALE

Sulla scia delle varie iniziative previste dal progetto, dal 12 al 14 ottobre si è tenuto a Bari CineÒ, il primo festival di cinema in ospedale. I film in concorso sono stati proiettati contemporaneamente al cinema Galleria di Bari e sulla piattaforma, in modo da raggiungere i bambini in degenza ospedaliera o alle cure domiciliari.

«Alla fine sono stati assegnati tre premi: uno dalla giuria docenti, uno dalla giuria dei piccoli e uno dalla giuria dei genitori, che sono costantemente al fianco dei propri figli nei reparti pediatrici», racconta Rosa «I registi dei film a concorso hanno poi raggiunto i bambini ricoverati per degli atelier creativi di animazione cinematografica. Insomma, il bilancio di questa prima edizione è stato molto positivo e non vediamo l’ora di realizzarne una seconda».

In occasione del festival sono stati proiettati Aqua magica a Villa d’Este di Ylenia Azzurretti, cortometraggio promosso dall’Istituto di Villa Adriana e Villa d’Este per accrescere l’inclusività di questi luoghi, spesso inaccessibile per i bambini che non possono visitarli per motivi di salute, e Cerottino, un cortometraggio in stop motion realizzato dai bambini ricoverati negli ospedali di Bari, Foggia e Lecce.

Presentato in anteprima a Bari, Cerottino è stato selezionato per la prossima edizione del Sottodiciotto Film Festival di Torino nella sezione off, dedicata ai cortometraggi realizzati non in contesti strettamente scolastici. Come in un’antologia di storie, il corto realizzato dalle classi in ospedale delle scuole pugliesi racconta, con disegni e cartoncini colorati, il dolore, la guarigione, il bisogno di evasione e il lento scorrere del tempo, mentre si è costretti in ospedale.

«Il cinema è lo spunto per parlare di sé», mi dice Rosa quando le chiedo perché proprio questa forma d’arte sembra raccontarci meglio di altre. «A contatto con questi bambini e le loro famiglie ho capito quanto sia importante in una situazione di sofferenza e di disagio guardarsi in profondità e provare a esprimersi partendo dalla storia raccontata in un film. È una forma di trasfigurazione: dal film a sé stessi. C’è un bisogno vitale di comunicare le proprie speranze, la paura, il senso di solitudine e di farlo come atto condiviso».

E poi c’è il potere evocativo del cinema, comune a tutte le altre forme d’arte: «Quello delle immagini è forse più forte di quello delle parole. Perché il cinema è multimediale, è fatto tanto di parole, quanto di silenzi e di immagini. Ma soprattutto di segni, che sono il linguaggio privilegiato delle nuove generazioni», aggiunge Rosa. «In molti ospedali purtroppo ci siamo resi conto di quanto sia difficile portare avanti un progetto come il nostro: mancano le infrastrutture, la connessione ad internet in alcuni casi è del tutto assente e non ci sono quasi mai degli spazi pensati per le attività artistiche».

Il cinema e tutte le altre forme d’arte possono alleviare i lunghi periodi di degenza, colmare il vuoto della solitudine e distrarre dal dolore chi soffre. Forse è davvero arrivato il momento di ripensare ai luoghi preposti alla cura, affinché tengano sempre più conto dei pazienti e del loro insopprimibile bisogno di normalità e condivisione, anche della sofferenza.

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