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Alessandria - Spesso quando leggiamo notizie che vedono protagonista un lupo, finiamo per riscoprire emozioni contrapposte, tra il timore e la meraviglia. Molte di queste notizie, ahimè, ripercorrono nei titoli gli stessi concetti: “lupi vicino ai centri abitati”, “paura per i residenti”, “fermare i lupi”. Se il cane è “il miglior amico” dell’uomo, il lupo finisce per diventare il suo esatto opposto, attraverso una narrazione più vicina alle favole che alla realtà. Di conseguenza, ci troviamo a guardare questo animale intelligente e riservato con sensazioni di pregiudizio e timore, rinunciando a concederci la possibilità di conoscerlo meglio.
Imparare a conoscere il lupo significa innanzitutto essere consapevoli che in Europa questa specie non è considerata pericolosa per l’uomo, come riportato dal progetto LifeWolfAlps, dal WWF e altre ricerche e studi. È altresì chiaro che questi animali che temiamo, in realtà vivono molteplici situazioni di rischio per mano dell’uomo: tra le uccisioni illegali emergono l’avvelenamento e l’utilizzo di armi da fuoco che rappresentano le cause più frequenti di mortalità.
I RISCHI PER I LUPI
Imparare a conoscere questo animale significa anche cambiare per un attimo prospettiva e guardare il lupo non solo come predatore ma anche come specie vulnerabile. Per approfondire, facciamo un salto indietro di qualche giorno e più precisamente al 7 novembre dove a Castelletto d’Orba, lungo la strada comunale delle Fonti, è stato trovato il terzo lupo morto da inizio mese in provincia di Alessandria. Stando alle informazioni fornite da Aree protette Appennino Piemontese si tratta di un giovane maschio, il cui decesso è verosimilmente attribuibile all’impatto con un veicolo.
Questo singolo evento apre una più ampia riflessione rispetto alle cause della mortalità dei lupi. In Piemonte emerge infatti che la mortalità per cause antropiche sembra essere tra le cause più diffuse, siano queste accidentali (collisioni con veicoli) o intenzionali e illegali. Dagli studi condotti dal 1998 al 2021, infatti, nella Regione Piemonte, le cause di mortalità principali del lupo sono principalmente quattro: collisioni con autoveicoli e treno (57,6%), uccisioni illegali (18,4%), cause indeterminate (13,8%) e cause naturali (10,2%).
Per saperne di più parliamo con Danilo Repetto, Presidente dell’Ente Aree Protette dell’Appennino Torinese. L’Ente da anni è coinvolto in diversi progetti LifeWolfAlps per migliorare la coesistenza fra il lupo e l’essere umano e sta inoltre svolgendo un efficiente lavoro di divulgazione e informazione rivolto alla cittadinanza.
«Nonostante appaia come pericoloso, non dobbiamo dare colpe al lupo: fino a qualche tempo fa era un animale quasi sconosciuto, eccetto per i racconti delle favole che hanno contribuito a creare un’immagine distorta di questo essere. In realtà è molto spaventato da noi e per questo di carattere è schivo e diffidente. Stiamo cercando di essere un tramite tra lupo ed essere umano, di offrire gli strumenti per poter riabituare un territorio alla presenza di questo animale».
L’IMPORTANZA DEL MONITORAGGIO DELLE SPECIE
«In questi anni, attraverso una stretta collaborazione con la Regione Piemonte e altri enti parco, abbiamo svolto ricerche e monitoraggi per comprendere le abitudini e gli spostamenti di questo animale». Il ritrovamento di un lupo morto diventa infatti un episodio di grande interesse che permette di ottenere informazioni importanti per il monitoraggio e la gestione della specie. Secondo lo studio, negli anni è cresciuta la popolazione su tutta la regione Piemonte e proporzionalmente è cresciuto il numero di lupi ritrovati morti, con una prevalenza nelle province di Cuneo e Torino, dove vive anche la maggior parte dei branchi documentati.
Allo scopo di fare chiarezza e di fornire un’informazione corretta, il Centro Grandi Carnivori, del quale le Aree Protette dell’Appennino Piemontese è ente Associato, si impegna a dare notizia dei ritrovamenti di lupi morti e dei relativi risultati necroscopici non appena disponibili e quando divulgabili. È il Presidio Multizonale Veterinario di Alessandria a occuparsi degli accertamenti delle cause di morte, che vengono eseguiti in collaborazione con l’Università di Torino dal Dipartimento di Scienze veterinarie e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d’Aosta (IZP)-Centro di Referenza Nazionale per le Malattie degli Animali Selvatici (CeRMAS).
Valutando le casistiche ormai di oltre vent’anni, i dati mostrano che in Piemonte i ritrovamenti di lupi morti in area alpina sono concentrati nel periodo novembre-aprile, con un picco nel mese di marzo. «Il fatto che molti animali vengono investiti è dovuto alla discesa del lupo a bassa quota, alla ricerca di cibo. Il capriolo scende in fondovalle per cibarsi e lo stesso fa il lupo: essendo un carnivoro, necessita di trovare il sostentamento per il periodo invernale, mentre durante il periodo estivo trova maggior nutrimento in alta valle. Questa è una filiera che serve agli animali selvatici per sopravvivere e nel mezzo ci troviamo noi esseri umani».
Secondo i dati, il periodo del tardo inverno inizio primavera – ovvero i medi di fine febbraio, marzo e aprile – coincide inoltre con il momento più intenso di dispersioni di giovani lupi in cerca di nuovi territori, situazione che li espone a un maggior rischio di mortalità.
IL LUPO, UN ANIMALE PROTETTO
Per quanto riguarda le uccisioni illegali, ci spiega Danilo Repetto, «di certo il lupo non può essere abbattuto, è un animale protetto, come riconosciuto dalla Comunità Europea e per questo l’Italia rimane rigida sul protocollo dell’Unione Europea relativo alla sua tutela. Ciò che è necessario è trovare modi e metodi che possano tenere il lupo lontano dai centri abitati, oltre che sensibilizzare sui comportamenti da adottare nel caso in cui ci si trovi casualmente nei pressi di questo animale, anche se dobbiamo ricordare che per natura la sua indole è quella di nascondersi».
Il lavoro di divulgazione che sta portando avanti l’Ente Aree Protette dell’Appennino Piemontese si declina in momenti di incontro, convegni, ricerche, proiezione di filmati e attività di informazione rivolte da un lato a chi ha un interesse diretto – come nel caso del mondo della pastorizia e delle attività agricole – dall’altro alla popolazione locale.
«Attraverso fondi ricevuti dalla Regione Piemonte siamo riusciti a fornire recinzioni elettriche ai pastori per salvaguardare le proprie greggi. Di conseguenza molti si sono allineati e attrezzati per poter custodire in modo più attento le proprietà a difesa di questo animale che non ha nessuna colpa se non quella di essere carnivoro e aver bisogno di mangiare. Abbiamo cercato di preparare la popolazione, il nostro personale e i nostri volontari ad accompagnare un cambiamento che sta avvenendo nelle nostre zone. Al di là delle notizie legate alle apparizioni dei selvatici che fanno sempre scalpore, notiamo una graduale sintonia che può realmente portare a una maggior convivenza tra le persone e il lupo».
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