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Lombardia - “Siamo operatrici e operatori sanitari e sociosanitari, professionisti, professioniste, lavoratrici e lavoratori della sanità lombarda. Abbiamo vissuto nei nostri luoghi di lavoro gli ultimi due anni con gli oltre 40.000 morti per Covid; abbiamo sperimentato sulla nostra pelle i limiti e anche i fallimenti della cosiddetta “eccellenza” sanitaria della Lombardia: i piani pandemici inesistenti; i medici di medicina generale abbandonati a sé stessi; la scarsità di reagenti e di tamponi in tutta la prima fase del 2020; le USCA presenti quasi solo sulla carta; la mancanza di personale nelle strutture ospedaliere e nei servizi territoriali”.
“Abbiamo sperimentato la drammatica condizione delle RSA, fino alla sciagurata delibera dell’8 marzo 2020 che autorizzava il trasferimento in queste strutture di persone positive provenienti dagli ospedali; la mancata dichiarazione della zona rossa nel bergamasco… Non possiamo e non vogliamo dimenticare”. Così inizia l’appello di professionisti e professioniste della sanità lombarda per ristrutturare un sistema in grave ed evidente difficoltà.
Il Covid ha messo a nudo un sistema sanitario fragile, le cui debolezze vanno ricercate in decenni di riforme e politiche che lo hanno profondamente modificato dall’interno. È anche nella struttura del sistema sanitario regionale che vanno ricercate le cause della diversa incidenza che la pandemia ha avuto sui territori. In Lombardia da anni è in atto una vera e propria trasformazione. Come ha dichiarato Marco Caldiroli, Presidente nazionale di Medicina Democratica, il Servizio Sanitario Pubblico lombardo è «sempre più in balia della privatizzazione, con la conseguente fuga degli operatori dalle strutture pubbliche. Pesanti disservizi, liste d’attesa infinite, gravi disagi per i pazienti».
COME SIAMO GIUNTI A QUESTO MODELLO?
Il processo di trasformazione della sanità lombarda prese piede negli anni ’90 con l’allora presidente regionale Roberto Formigoni. La Giunta Formigoni introdusse diverse novità nell’assetto istituzionale del settore sanitario e nelle sue rispettive funzioni; in particolare aprì l’erogazione delle prestazioni sanitarie al privato convenzionato, permettendo così ai grandi gruppi privati di entrare nella sanità lombarda. I sostenitori di questo modello credevano che un “privato” avrebbe permesso di offrire gli stessi servizi, ma a un costo inferiore. Inoltre la riforma avrebbe dato ai cittadini la libertà di scegliere a quale erogatore rivolgersi per ricevere le prestazioni.
Il modello lombardo attuale raggiunse però pieno compimento con la Giunta successiva, presieduta da Roberto Maroni, che con la legge 23 del 2015 modificò la rete di offerta del sistema sanitario, introducendo un nuovo sistema di governance e di compiti tra gli attori. Anche se la riforma parlava di rilancio territoriale della sanità lombarda, i suoi effetti furono gli opposti.
Tra le maggiori criticità vi erano la creazione di Distretti sanitari sovradimensionati e svuotati di strutture specifiche per la medicina territoriale e organici enormemente ridimensionati in settori chiave come quello della prevenzione. Il tutto a favore di un accentramento di risorse e servizi nelle strutture ospedaliere, a discapito della rete territoriale, e la conseguente marginalizzazione di alcuni servizi come l’assistenza domiciliare.
Oggi il modello regionale lombardo è un unicum in Italia e non totalmente allineato con le linee guida nazionali. Questo ha spinto il Ministero della Salute a intimare alla Regione delle modifiche urgenti. Per una puntuale e tecnica analisi delle criticità del modello lombardo, qui il link al report condotto da AGENAS, l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (dicembre 2020).
DIFFERENZA FRA PUBBLICO E PRIVATO
Accanto alla riforma del 2015, rimane dirimente la questione del privato e della sempre maggiore incidenza che esso ha avuto sulla sanità pubblica. Cosa vuol dire? Il privato interviene con una garanzia di profitto, per cui deciderà di specializzarsi sulle attività e sui servizi più redditizi. La medicina è diventata cura, e non più prevenzione, anche per questo. Oggi è assolutamente urgente e indispensabile cambiare alla radice il servizio sanitario regionale. Il comitato promotore dell’appello ritiene che la “missione” del Servizio Sanitario Regionale sia la tutela e la promozione della salute pubblica e non i profitti da realizzare attraverso le prestazioni sanitarie.
In Lombardia quando si parla di sanità le persone sono considerate “clienti”, anziché portatrici di diritti. Con il paravento della “parità” e ora della “equivalenza” tra pubblico e privato, la maggioranza che governa la nostra regione ha distribuito le risorse in modo sempre più sbilanciato verso il privato senza attuare i principi previsti dalla riforma sanitaria del 1978 di un Servizio Sanitario Nazionale universale. Le ultime iniziative legislative della giunta lombarda, anche attraverso l’utilizzo dei fondi del PNRR, proseguono nella medesima direzione.
I firmatari temono che l’attuale maggioranza, qualora riuscisse a governare per altri cinque anni, porti al disfacimento completo della sanità pubblica, aumentando le disuguaglianze nell’accesso ai servizi: l’allungamento delle liste d’attesa ne è uno dei sintomi. “Accade anche che la popolazione esasperata riversi il proprio scontento verso di noi, operatori del servizio sanitario pubblico, anziché nei confronti dei decisori politici”, scrivono.
L’appello è aperto a tutte le cittadine e cittadini della Lombardia: nella mail di adesione è necessario indicare nome, cognome, professione e località di residenza. Il testo è disponibile qui e le adesioni possono essere inviate all’indirizzo sanitalombardiasos@gmail.com.
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