La storia come strumento per ricostruire le comunità dilaniate dal terremoto
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Macerata, Marche - La storia che si mette a disposizione della ricostruzione delle comunità colpite dal sisma del 2016 nell’Appennino Centrale. Paolo Coppari, già presidente dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Macerata, descrive bene l’originalità e l’incredulità che hanno accompagnato questa sfida. La raccolta delle diciotto biografie raccolte nel volume Quando arriva primavera – curato da Chiara Caporicci, Paolo Coppari e Silvana Nobili con introduzione di Franco Arminio e prefazione di Pietro Clemente – ci restituisce “uno spaccato narrativo plurale e multi cromatico”, parafrasando lo stesso Clemente.
“Questo libro è prezioso – scrive Arminio – perché fa sentire come le persone vedono i luoghi. Sono scritture limpide, si capisce tutto benissimo, non ci sono artifici letterari e le narrazioni ci portano dentro i luoghi come se fossimo lì anche noi. Leggendo queste testimonianze viene voglia di parlare con ognuna delle persone che raccontano, viene voglia di dire con forza che i paesi non moriranno. Torneranno i paesi, torneranno i monti”.
La raccolta delle biografie viene da lontano, da un percorso che nasce all’interno dei Cantieri Mobili di Storia, un’esperienza straordinaria a cui, oltre lo stesso Coppari, hanno contribuito storici importanti dell’Appennino come Marco Moroni e Augusto Ciuffetti. È proprio quest’ultimo, docente di storia economica al Politecnico delle Marche e grande studioso dell’Appennino, a lanciare l’idea dello “storico condotto”, una sorta di provocazione che il gruppo dei Cantieri Mobili credo abbia raccolto e interpretato al meglio superando ogni scetticismo.
Nel descrivere il percorso che ha portato alla raccolta delle biografie, Paolo Coppari riprende la domanda iniziale su quale ruolo può avere la storia in un paese devastato dal terremoto. Che cosa si può dire agli sfollati, a chi ha perso tutto? Ebbene, prima con i Cantieri Mobili e poi con il progetto Scrivere per ricostruire – che vede la collaborazione con la Libera Università di Anghiari fondata dal filosofo Duccio Demetrio – credo che la domanda iniziale sul ruolo della storia trovi la sua piena ed efficace giustificazione.
Sempre dalle pagine di Paolo Coppari si coglie il senso dell’originale percorso che dai cantieri ha portato alla formazione di biografi e alla raccolta delle varie narrazioni : “[…] anche dalle macerie interiori ed esterne, di chi ha vissuto il dramma del terremoto, possono nascere parole e storie di vita da restituire e donare alla comunità come patrimonio collettivo, perché il racconto di sé è sempre e comunque un evento relazionale”.
“Lavorare in questa direzione può essere importante nella delicata fase del post terremoto, quando insieme alle case e alle strade, occorre ricostruire anche e soprattutto le infrastrutture, in particolare quelle civiche come la fiducia ed il senso di appartenenza”, aggiunge Coppari concludendo la sua riflessione.
Il libro ha una sua originalità anche nella struttura, che però risulta molto utile per una lettura attenta e coinvolgente. La prima parte è riservata alle diciotto biografie, la seconda alle autobiografie dei corsisti che prima di raccogliere le storie di vita altrui, si sono esercitati nella scrittura della propria storia: “Mettersi all’ascolto di sé è infatti la premessa per potersi predisporre all’ascolto degli altri”.
La terza parte illustra, attraverso gli interventi dei curatori, il percorso che ha portato alla realizzazione dell’intero progetto raccolto in un volume che risulta essere molto utile alla ricostruzione di un senso comunitario e ai decisori politici e istituzionali, se avranno l’umiltà di comprendere che la ricostruzione solo edificatoria rischia di essere asettica e senza memoria.
Aver raccolto le storie di persone provenienti da luoghi diversi dell’Appennino ferito, come diverse sono l’estrazione sociale e l’età, e averlo fatto con una trascrizione che tiene fede ai contenuti e alle sfumature di un linguaggio non rielaborato dai biografi, dona alle storie quella dimensione umana e senza veli da cui forse bisognerà ripartire, parallelamente alla ricostruzione di case e infrastrutture materiali.
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