Emergenza smog: “Il futuro Governo e le Regioni mettano la qualità dell’aria tra le priorità”
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L’entrata in carica del nuovo Parlamento coincide quest’anno con l’avvio della stagione “calda” per la qualità dell’aria in pianura padana. Secondo i dati di Legambiente del 2021 sulla qualità dell’aria in città infatti i livelli di sostanze inquinanti misurati nei capoluoghi del Nord Italia hanno superato decisamente i valori consigliati dalle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, esponendo residenti e lavoratori a condizioni ambientali dannose per la loro salute.
È poi risaputo che con l’avvicinarsi del periodo freddo i livelli di inquinamento si concentrano. Riportiamo allora alcune riflessioni di Legambiente, che si rivolge direttamente alle istituzioni. Secondo l’associazione ambientalista è urgente innanzitutto il bisogno di un piano di riduzione delle emissioni agricole, di un disincentivo all’uso del mezzo privato, del miglioramento del trasporto pubblico locale, della riduzione dei limiti di velocità in autostrada e della riconversione degli impianti di riscaldamento.
LE INFRAZIONI SULL’INQUINAMENTO SECONDO L’UNIONE EUROPEA
Ebbene, a proposito dell’urgenza di agire per contrastare l’inquinamento nelle nostre città – e non solo –, non possiamo non citare le condizioni che hanno portato l’Unione Europea ad aprire nei confronti dell’Italia ben tre procedure d’infrazione in materia di qualità dell’aria.
La prima infrazione è stata la 2014/2147 e si è “concretizzata” nel 2020 attraverso la sentenza di condanna da parte della Corte europea di giustizia (causa 644/18); per la seconda infrazione (2015/2043), relativa ai superamenti da NO2, la Commissione ha aperto un contenzioso facendo ricorso alla Corte europea di giustizia (causa 573/19) che, nel maggio 2022, le ha dato ragione e ci ha dunque condannato anche per questa seconda procedura.
La terza, la 2020/2299 relativa ai superamenti per il PM2,5, è ancora agli inizi del procedimento. A queste infrazioni si aggiunge un fatto che non possiamo sottovalutare: l’Unione Europea sta per aggiornare la direttiva aria con la quale verosimilmente verranno adottati limiti più stringenti rispetto agli attuali.
Come ha dichiarato Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, «l’aggiornamento delle linee guida da parte dell’OMS e la prossima emanazione di una nuova direttiva europea sulla qualità dell’aria devono essere uno sprone per i decisori politici italiani». Per questo, come sostiene, non si dovranno chiedere deroghe all’Unione Europea, ma occorrerà dimostrare di saper spendere in modo saggio le risorse europee per favorire una vera transizione ecologica.
«Riteniamo infatti necessaria un’azione trasversale e coordinata, per consentire all’accordo per la qualità dell’aria del bacino padano di arrivare a risultati concreti riducendo il più presto possibile il livello di inquinamento atmosferico, ogni anno responsabile di oltre 350.000 morti nell’intera Unione Europea, di cui 50.000 solo in Italia».
RIDURRE LE EMISSIONI IN AGRICOLTURA
Il settore agricolo è il primo responsabile dell’inquinamento da polveri secondo l’ultima analisi effettuata dalle agenzie ARPA, a cui si aggiungono il settore dei trasporti e il riscaldamento domestico. Legambiente e i comitati regionali del bacino padano – Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto – ribadiscono la necessità di un’azione trasversale a scala nazionale e regionale affinché l’Accordo per il miglioramento della qualità dell’aria nel bacino padano preveda azioni concrete per mantenere bassi i livelli di sostanze inquinanti nel corso della stagione invernale.
Partendo quindi dal settore agricolo, per Legambiente occorre innanzitutto rafforzare il sistema dei controlli, parallelamente al sostegno all’applicazione delle soluzioni tecnologiche più avanzate per ridurre le emissioni. Per questo le Regioni dovrebbero definire una programmazione dedicata del Piano Strategico della PAC (Politica Agricola Comunitaria) che allochi risorse per investimenti finalizzati alla riduzione delle emissioni di ammoniaca, inquinante responsabile della formazione delle polveri sottili, per il quale ad oggi non sono state ancora adottate politiche incisive.
Serve inoltre che le Regioni, insieme alle associazioni di categoria, definiscano un programma per la riduzione del carico zootecnico, portandolo a livelli compatibili con i limiti posti dalla “Direttiva Nitrati” per ridurre complessivamente i quantitativi di composti dell’azoto che oggi impattano sull’aria e sui corpi idrici. È poi necessario, sempre per limitare le emissioni di ammoniaca, che il recente decreto interministeriale sull’utilizzo del digestato ottenuto da liquami ne imponga l’impiego in campo esclusivamente attraverso tecniche che ne assicurino l’immediato interramento.
TRASPORTO PUBBLICO E INFRASTRUTTURE FERROVIARIE AL CENTRO
Come sottolinea Giorgio Prino, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, assieme ai presidenti dei comitati regionali di Legambiente dell’area padana, «anche i fondi destinati al comparto delle infrastrutture di collegamento non possono essere sprecati per finanziare progetti vecchi e nuovi di autostrade, che sono causa di aumento delle emissioni: trasporto pubblico e infrastrutture ferroviarie devono essere al centro della strategia di investimenti delle Regioni sul trasporto».
Per quanto riguarda il settore dei trasporti occorrono infatti risorse per rendere il Trasporto Pubblico Locale competitivo rispetto alla mobilità automobilistica, sia rispetto ai mezzi disponibili, sia dal punto di vista del personale soprattutto in alcuni capoluoghi. Per Legambiente è importante anche un intervento del Governo sui limiti di velocità in autostrada per abbassare le emissioni provenienti dal traffico su lunga distanza: ad esempio si può agire riducendo a 100 km/h la velocità massima nel corso dei mesi invernali (ottobre-marzo), velocità che si dimostra essere adeguata a garantire una sostanziale riduzione nelle emissioni come ha sottolineato l’Agenzia Europea per l’Ambiente.
RICONVERTIRE GLI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO
E ancora, si fa riferimento alla necessità di un sostegno per la riconversione degli impianti di riscaldamento: a fronte dell’innalzamento del prezzo dei combustibili fossili, in particolare del metano, è atteso un incremento dell’utilizzo degli impianti di riscaldamento a biomassa (stufe e camini), che tuttavia già negli anni passati hanno contribuito negativamente alla qualità dell’aria.
Gli impianti a biomasse – sostiene Giorgio Prino – verranno utilizzati di più, dove presenti, in sostituzione di quelli a metano. Un danno per l’aria che le Regioni devono evitare potenziando la comunicazione finalizzata all’utilizzo dei fondi per la sostituzione degli impianti più vecchi, per aumentarne l’informazione sul loro corretto utilizzo, oltre che definendo ed aumentando i controlli.
Servono forme di incentivazione che promuovano, insieme al processo di transizione degli impianti di riscaldamento verso i sistemi elettrici (pompe di calore) e all’efficientamento degli edifici, la sostituzione degli impianti a biomassa obsoleti con quelli moderni a basse emissioni.
«È necessario lo stanziamento di incentivi adeguati, oltre alla promozione di un sistema di controlli che consenta, tra le altre cose, di aggiornare i dati contenuti nei Catasti regionali degli impianti termici, favorendo così sia le sostituzioni sia il monitoraggio delle emissioni in atmosfera prodotte dal settore residenziale. Il tutto deve essere accompagnato da una campagna informativa che, oltre a promuovere l’utilizzo di tali risorse, spieghi anche il corretto utilizzo di tali impianti».
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