26 Ott 2022

Daccapo: quante vite possono avere gli oggetti che non usiamo più?

Scritto da: Benedetta Torsello

Nato da un’intuizione quasi dieci anni fa, Daccapo è oggi un sistema solidale di riuso e riciclo di oggetti non più utilizzati ma a cui è ancora possibile dare una seconda vita. Salvati da discariche e isole ecologiche, questi beni ritrovano temporaneamente casa nell’emporio solidale, dove storie di persone e cose si intrecciano in microfiliere virtuose e sostenibili.

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Lucca, Toscana - Quando nel 2014 a un gruppo di cittadini venne in mente di piantonare le isole ecologiche  della provincia di Lucca per salvare vecchi oggetti ancora in buono stato prima che venissero gettati, Daccapo era solo una scintilla di cittadinanza attiva: «Un’intuizione, se vogliamo: salvare quelli che erano destinati a diventare rifiuti e metterli a disposizione di chi ne avesse bisogno», mi racconta Daniele Guidotti, musicista dall’animo ecologico, come si autodefinisce, ex dipendente del Centro di Ricerca Rifiuti Zero di Capannori e uno dei pilastri della cooperativa sociale Nanina, che lavora a Daccapo e a tutti i progetti portati avanti nel corso di questi anni.

UNA FILIERA CIRCOLARE E SOLIDALE

Il progetto nasce ormai otto anni fa a Lucca dalla collaborazione con la Caritas diocesana, il Comune di Lucca, il Comune di Capannori, Ascit, Sistema Ambiente e l’associazione Ascolta la mia voce. Da incitazione al riuso e lotta allo spreco, Daccapo diventa poco per volta un sistema solidale di recupero di vecchi oggetti e distribuzione gratuita a famiglie in gravi difficoltà economiche e condizioni di estrema marginalità sociale.

daccapo cover

«Le isole ecologiche sono come dei punti di non ritorno: una volta varcata la soglia, gli oggetti di cui ci si vuole sbarazzare vengono considerati rifiuti e non possono più essere toccati, eccetto che dalle aziende preposte», prosegue Daniele. Agli inizi, quando Daccapo era solo l’iniziativa dal basso di un gruppo di volontari, intercettare i futuri rifiuti e dar loro una seconda vita è stato pioneristico. Si trattava di superare uno scoglio culturale e strappare l’usato a un immaginario che non gli rendeva giustizia, fatto solo di cianfrusaglie e roba che ormai non vuole più nessuno.

«Non andrebbero chiamati rifiuti: sono risorse – prosegue Daniele – e il nostro lavoro consiste sostanzialmente nel restituire valore a questi oggetti, non sempre vecchi. Spesso è qualcosa di cui ci si vuole semplicemente disfare». Ogni giorno si recupera di tutto: indumenti, vecchi mobili, stoviglie. E dopo un’attenta valutazione si tiene quello che è ancora in buone condizioni. «A monte c’è un complesso lavoro di selezione. Una parte di quanto recuperato viene distribuito gratuitamente alle persone in difficoltà, grazie alla Caritas che ci segnala i destinatari di questa rete di solidarietà. Il resto viene portato all’emporio di Coselli per la vendita».

L’emporio di Daccapo è il posto di tutti, uno spazio aperto alla comunità dove ridare valore e dignità a oggetti e persone

Daccapo oggi è una rete con tre nodi principali, che sono i centri dove è possibile donare gli oggetti che non si usano più, tutti collocati vicino alle stazioni ecologiche della provincia di Lucca: Pontetetto, Lammari e Coselli. «Quando ho iniziato a lavorare al progetto Daccapo eravamo in cinque», racconta Daniele. «Oggi la cooperativa sociale costituita tre anni fa conta ventotto dipendenti più decine di volontari dai diciotto ai novantadue anni che credono fermamente in ciò che facciamo».

Inclusione e accoglienza sono gli ingredienti principali di questa filiera virtuosa: l’emporio di Daccapo è il posto di tutti, uno spazio aperto alla comunità dove ridare valore e dignità a oggetti e persone. Il progetto infatti prevede l’inserimento lavorativo di ex detenuti, migranti e persone con disturbi psichici. «Con molti di loro – spiega Daniele – è già una vittoria vederli uscire di casa, venire qui e rimboccarsi le maniche. Alcuni sono partiti come volontari e poi siamo riusciti ad assumerli: c’è un grande sforzo dietro a ciò che portiamo avanti e la sfida a renderci sempre più sostenibili e l’orizzonte verso cui ci muoviamo ogni giorno».

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Con Daccapo è nata anche una falegnameria in cui si riparano vecchi mobili e se ne realizzano di nuovi a partire dal legno di recupero. Grazie alla creatività degli artigiani e designer di Daccapo, scarti di imballi industriali e di altre lavorazioni diventano oggetti di arredo unici e sostenibili. A volte basta una mano di colore per trasformare ciò che nuovo non è, altre volte si recupera la materia prima e si allunga la vita del legno. Nascono così gli scaffali Cistatutto, Cistabello, il tavolino Poitiracconto e tutte le altre creazioni di questa falegnameria solidale: non semplici oggetti, ma storie da raccontare.

FAST FASHION: DOVE METTIAMO I VESTITI CHE NON INDOSSIAMO PIÙ?

Da un bilancio complessivo, la maggior parte degli oggetti che vengono recuperati quotidianamente sono vecchi mobili e indumenti: circa otto tonnellate di vestiti al mese, che vanno selezionati e sanificati prima di poter essere venduti nell’emporio solidale o distribuiti gratuitamente. «A volte mi capita di sognare valanghe di vestiti: è uno dei miei incubi più ricorrenti», ironizza Daniele. «Se ne gettano in quantità esorbitanti e spesso non riusciamo né a rivenderli né a distribuirli grazie alla Caritas. Si dovrebbe pensare molto più spesso a che fine facciano le cose che non usiamo più».

Spesso realizzati con mix di fibre sintetiche solo in parte prodotte da materiale riciclato, la maggior parte dei vestiti in commercio si trasforma a stretto giro in tonnellate di rifiuti. «Questa provincia è da sempre considerato il distretto tessile più grande d’Europa. Da bambino ero affascinato mentre guardavo le operaie riconoscere i tessuti al tatto e selezionare i vecchi capi per il recupero delle fibre», ricorda Daniele. Oggi questo non è più possibile, perché l’industria della moda non fa altro che produrre capi poco durevoli, con un ciclo di vita molto breve.

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IL SERVIZIO BUONO DI FAMIGLIA

Per anni in Italia quella del second hand è stata un’usanza poco diffusa, legata all’immagine di giardini addobbati dove poter acquistare quello di cui il proprio vicino voleva disfarsi: nient’altro che una veloce comparsa da commedia americana. «Oggi usato non è più sinonimo di brutto – conferma Daniele – e il nostro emporio solidale è uno spazio realmente aperto a tutti e non solo a chi si trova in difficoltà. In questi anni abbiamo assistito e un vero e proprio salto culturale».

In fondo ogni oggetto è una storia, molto più di quanto si riesca a vedere. Una cosa può avere due, tre, decine di vite, magari più interessanti delle precedenti. Con Daccapo tutto ha sempre un nuovo inizio: persone, storie e – perché no? – anche vecchie cose. «Penso spesso a quella volta in cui un signore ci portò il servizio di famiglia ricevuto in dono al matrimonio», mi racconta Daniele poco prima di salutarci.

«Ce lo lasciò con grande premura e qualche raccomandazione, quasi a dire “abbiamo condiviso una vita insieme, abbiatene cura!”. Ricordo che lo misi in bella mostra e disposi il set di piatti come probabilmente era già stato fatto centinaia di volte dalla famiglia a cui era appartenuto. Perché gli oggetti sono soprattutto affetti e ricordi e riconoscerne il valore è forse il senso più profondo di quello che facciamo ogni giorno».

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