Dalle separazioni agli stereotipi di genere, ecco il racconto di chi cerca di costruire una nuova genitorialità
Seguici su:
Imperia - Parlando di patriarcato e di immaginario di genere negli ultimi anni si tende a volgere lo sguardo verso le donne, domandandosi quali cambiamenti è possibile apportare nella nostra società per riuscire a raggiungere davvero una parità di genere nei più svariati ambiti della vita, da quello lavorativo a quello famigliare, sociale, narrativo. Eppure vi sono aspetti che meriterebbero avere eguale attenzione, che dal mio punto di vista – e non solo – sono sfaccettature aventi le stesse radici: parliamo dell’immaginario collettivo e delle relative conseguenze pratiche sull’uomo e sul suo ruolo contemporaneo.
Da una parte infatti esiste un nuovo modo di vivere in maniera consapevole ed evoluta questa vita per il genere maschile, con la consapevolezza delle proprie emozioni e uscendo dallo schema imposto dell’uomo forte, insensibile, stacanovista e distaccato dalla famiglia. Il modello – se così lo possiamo definire – dell’uomo patriarcale è superato. Ne esistono ancora alcuni “esemplari”, ma sono in via di estinzione. Le nuove generazioni sono sempre più spesso avanti e propongono esse stesse nuovi modi di essere donna o uomo, mettendo al centro l’essere umano, i propri bisogni al di là del ruolo sociale preimposto.
Eppure… eppure esistono ancora «normative e convinzioni sociali ancora molto legate a quel tipo di modello. Ciò si rispecchia soprattutto nella famiglia, nella gestione dei figli. O meglio, in ciò che si suppone esternamente che debba avvenire. Parlo delle normative in caso di separazione di una coppia o delle consulenze che in alcuni casi vengono proposte dai servizi sociali». A dirlo è Mauro Lami, presidente di Papà Separati Liguria, che da quasi quindici anni si occupa di sostegno in caso di divergenze e conflittualità famigliari.
In particolare l’associazione nasce da alcuni amici e genitori separati che sentivano la necessità di parlare e affrontare insieme i problemi dei padri separati. Nel corso degli anni il discorso si è ampliato, prendendo consapevolezza del fatto che più di singoli ruoli di madre e padre separati era più utile parlare di genitori – o meglio di bigenitorialità – andando oltre la questione di genere provando a mettere radici più consapevoli per entrambi.
«In questi anni – continua Roberto – le condizioni sono cambiate a livello mediatico perché si inizia ad affrontare il tema: per molto tempo abbiamo vissuto come normalità il fatto che un padre separato dovesse accontentarsi del tempo concessogli con i propri figli. L’unica funzione riconosciuta era quella di genitore del fine settimana che, da lavoratore, avrebbe dovuto continuare a pagare, anche quando ciò non era possibile».
E così, volendo uscire da queste logiche, il gruppo di volontari organizza e propone sul territorio ligure gruppi di mutuo aiuto tra genitori, sportelli per confronti, supporto psicologico e fiscale, banchi alimentari, mediazioni famigliari: molti strumenti utili e alcune volte indispensabili per andare oltre alla conflittualità e migliorare la vita all’intero nucleo famigliare, prendendosi cura di ogni suo componente.
La Liguria è tra le prime regioni in Italia come numero di separazioni annue e le esigenze di queste famiglie sono via via crescenti, tanto che l’associazione ligure conta circa 4mila persone intorno a sé, tra associati e utenti più sporadici. E dall’esperienza vissuta in questi anni di attivismo sociale e non solo, soci e sostenitori stanno assistendo a un lento ma costante cambiamento: i padri sempre più hanno un ruolo equo nelle loro famiglie, prendendosi finalmente il posto che li attendeva.
Ma a fronte di questa trasformazione sociale, la normativa sembra avere molta più inerzia: mi viene infatti spiegato quanto sia necessario cambiare la legge e il modo in cui essa venga ancora oggigiorno messa in pratica. E così inizia un lungo elenco delle problematiche che una famiglia che inizia un processo di separazione deve affrontare: una convinzione di diseguaglianza nella gestione dei figli radicata nelle istituzioni, una giustizia lentissima che di volta in volta valuta lo stesso caso in maniera diversa, una disparità trattativa di genere e spesso anche servizi sociali poco competenti in campo di separazione.
Ed è proprio su quest’ultimo punto che i racconti di ingiustizie vissute si fanno più accesi. I motivi? «Il mondo dei servizi sociali è fatto quasi esclusivamente di donne, spesso giovani, senza figli, con preconcetti carichi di stereotipi di genere. Il mix spesso produce danni non previsti e invece di supportare, aggiunge dolore e confusione». Le emozioni e i dispiaceri sono molti, ma altrettanta è la voglia di essere co-costruttori di un cambiamento profondo e trasversale che possa gettare le basi per una società più consapevole e meno conflittuale, dove le persone – e soprattutto i più piccoli – siano davvero al centro.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento