Le banche etiche sono più redditizie di quelle convenzionali, lo dicono i numeri
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Notizie interessanti da Bruxelles. Nel Quinto rapporto. La finanza etica in Europa, presentato da Fondazione Finanza Etica al Parlamento europeo lo scorso 12 ottobre, è emerso che le banche etiche europee sono più redditizie della media delle banche mainstream e sono pioniere nella misurazione e nella riduzione dell’impatto sul clima. Il rapporto – elaborato e pubblicato dal Gruppo Banca Etica in collaborazione con Febea, la Federazione Europea delle Banche e dei finanziatori Etici e Alternativi – mette a confronto i principali dati di bilancio delle 24 banche etiche europee con quelli di circa 4.500 banche operanti nell’Eurozona, sulla base delle rilevazioni fornite dalla Banca Centrale Europea.
Ma quali sono e come si caratterizzano le banche etiche europee? Nonostante sia in crescita l’interesse e la conoscenza per questo tipo di soggetti da parte di una fetta di opinione pubblica, fino ad ora lontana da questi temi, spesso ci si avvicina a tali istituti pensando di fare riferimento a qualcosa che è genericamente buono, giusto e pulito – soprattutto in un’epoca in cui la crisi finanziaria ha compromesso la reputazione di un gran numero di banche – o a partire da una visione critica verso il sistema bancario in genere. In realtà la natura e le peculiarità delle banche “etiche” o di quelle – in un’accezione più generica – “fondate su valori”, richiede qualche considerazione più articolata. Partiamo dalle origini.
UN PO’ DI STORIA…
Le banche valoriali si sono sviluppate in Europa a partire dagli anni settanta. A oggi quelle che vengono definite “banche etiche” sono circa una trentina, tutte accomunate dall’interesse di usare il denaro per dare credito esclusivamente a imprese e organizzazioni operanti con modalità e in settori con impatto positivo su ecosistemi e società, ad esempio dedite alla cooperazione internazionale, alla tutela dell’ambiente, alla cultura, all’arte, all’integrazione sociale.
GLSBank è stata la prima banca etica fondata in Europa: è nata a Bochum, in Germania, nel 1974 all’interno del movimento antroposofico ispirato dalle idee del filosofo austriaco Rudolf Steiner. Alle banche “steineriane” si sono aggiunte poi le banche “verdi” che finanziano l’energia eolica e solare, l’agricoltura biologica e promuovono anche la democrazia economica, le pari opportunità e l’housing sociale, come ABS, Alternative Bank Schweiz (Banca Alternativa Svizzera).
L’italiana Banca Etica è una delle ultime arrivate e rientra tra quelle di ispirazione sociale e cooperativa. Fondata nel 1999, è il risultato di un percorso che ha messo insieme Mag (mutue auto gestione), botteghe del commercio equo e solidale, movimenti pacifisti, cattolici, ambientalisti e sindacali. Nonostante le diverse origini e ispirazioni queste banche sono accomunate dal volersi attivare in processi di cambiamento, sostenendo valori che tengono conto dell’aspetto economico, sociale e ambientale: l’utilizzo di una valutazione socio ambientale per erogare un credito o fare un investimento, una governance fondata sul coinvolgimento reale degli stakeholder (cioè i portatori di interessi) sono oggi alcuni degli indicatori per misurare la corrispondenza con le intuizioni e le volontà da cui queste banche sono scaturite.
E il rapporto La finanza etica in Europa mostra come, per il quinto anno consecutivo, le banche etiche siano performanti e resilienti in ambiti in cui l’Europa fatica a prendere una posizione netta e trasparente: non è un segreto, ad esempio, che la Commissione stia ipotizzando di inserire la produzione di armi tra i settori che possono essere destinatari di investimenti definiti come di “finanza sostenibile” dalle regole Ue. Col rischio quindi, se accadesse, di svuotare irreparabilmente di ogni credibilità la stessa definizione di “finanza sostenibile”, che già – attraverso il testo approvato della Tassonomia Green – accetta compromessi (gas e nucleare) che la allontanano profondamente dalla “finanza etica”.
FINANZA E CLIMA
Il Rapporto dimostra come le banche etiche siano tra le prime al mondo a contabilizzare le emissioni indirette di gas serra prodotte dai crediti e dagli investimenti servendosi della metodologia PCAF (Partnership for Carbon Accounting Financials, associazione per la contabilizzazione finanziaria del biossido di carbonio). Un percorso che stanno iniziando a intraprendere (forse?) anche le banche convenzionali, senza però fornire ancora alcuna contezza e certezza di una vera rivoluzione dei modelli di business che potrebbero intraprendere.
«Le banche in genere misurano le emissioni Scope 1 e 2, prodotte dai sistemi di riscaldamento dei loro uffici o dal consumo di elettricità – afferma Mauro Meggiolaro, analista di Fondazione Finanza Etica – e solo recentemente alcune banche tradizionali hanno iniziato a misurare e a rendere note le emissioni dell’Ambito 3, generate dai prestiti alle imprese e ai privati. Le banche etiche sono state tra le prime al mondo a divulgare i dati sulle emissioni Scope 3 dei loro portafogli finanziari e creditizi, secondo i principi del PCAF. Questo è fondamentale per effettuare analisi di scenario, fissare obiettivi, intraprendere azioni e divulgare i progressi verso la decarbonizzazione».
La rilevazione di Banca Etica del 2021, ad esempio, ha coperto le emissioni Scope 1 e Scope 2 per tutti gli asset della banca ed è riuscita a coprire le emissioni indirette Scope 3 per l’87% degli asset. Nel 2020 le attività della banca hanno prodotto 116.572 tonnellate di CO2 equivalente, circa il 40% in meno rispetto al 2019. Al momento non è possibile confrontare questi dati con nessun’altra banca italiana perché Banca Etica è la prima, e finora unica, ad aver misurato le emissioni indirette dei propri portafogli.
PROFITTO
Il sistema bancario europeo si è dimostrato resiliente nel 2020, in netto contrasto con la crisi del 2008. La pandemia ha influenzato molto la dinamica dei depositi generando una riduzione dei consumi e una crescita dei risparmi. Di questa tendenza sembrano aver beneficiato molto di più le banche etiche rispetto al sistema bancario europeo, poiché esse – numeri alla mano – fondano maggiormente e in grande misura la propria attività sull’offerta di credito e servizi all’economia reale delle banche tradizionali.
Nel 2020 i prestiti a persone e imprese rappresentavano in media il 72,98% delle attività totali per le banche etiche, solo il 36,96% per il sistema bancario europeo. Il primo anno di pandemia da Covid-19 ha visto scendere la redditività sia delle banche etiche sia del sistema bancario europeo, anche se la flessione è stata più contenuta per le etiche. Entrambi i gruppi di banche analizzati hanno aumentato i propri attivi (cioè le voci di bilancio che portano risorse: crediti, obbligazioni e azioni…) nel corso del 2020 rispetto al 2019. L’aumento per le banche etiche è stato molto più marcato: +15,24 contro il +8,6%.
Se guardiamo poi il dettaglio, notiamo che la quantità di denaro raccolta da Banca Etica attraverso i depositi è cresciuta anche in media del 16,46% all’anno negli ultimi dieci anni, contro il 7,70% delle banche etiche europee. Dal 2015 al 2020 gli utili di Banca Etica sono cresciuti in media del 53,23%, mentre le banche etiche europee hanno registrato una diminuzione (-15,77%). Tra il 2019 e il 2020 la crescita degli attivi è stata al livello più alto degli ultimi dieci anni (+28% contro il +25% del 2016 sul 2015, il record precedente). In termini assoluti i depositi sono cresciuti del 459,12% dal 2010 al 2020. I crediti in termini assoluti sono cresciuti del 198,75% dal 2010 al 2020.
LA FINANZA ETICA E LA TASSONOMIA SOCIALE
Da alcuni anni l’UE ha avviato un percorso per definire la “finanza sostenibile” arrivando a concepire una tassonomia (un elenco) delle attività ammissibili per un gestore finanziario che voglia proporre un prodotto di “finanza sostenibile” secondo le definizioni approvate dall’Europarlamento. Nel redigere questa Tassonomia Green sono entrati in gioco governi e lobby che hanno cercato di includere attività che di sostenibile hanno ben poco, basandosi su criteri economici e geopolitici piuttosto che su criteri scientifici.
Tra queste attività – come accennavamo sopra – figurano il gas e il nucleare. L’Unione Europea è arrivata a regolamentare la finanza sostenibile soprattutto per l’urgenza dei cambiamenti climatici e per la spinta dei Sustainable Development Goals, dando forza quindi a quelle intuizioni che i pionieri della finanza etica avevano esposto in tempi non sospetti.
L’investimento sostenibile è definito tale se rispetta alcuni parametri ESG (ambientali, sociali e di governance), ma senza una tassonomia sociale – che potrebbe vedere la luce nei prossimi anni – solo gli investimenti contemplati dalla Tassonomia Verde possono essere considerati ufficialmente conformi alla “finanza sostenibile”. Per tale motivo l’approvazione di una tassonomia sociale che prenda in considerazione criteri sociali e di governance sarà necessaria e, pensiamo, inevitabile. Anche perché, nel corso del 2022, saranno attuate importanti iniziative da parte dell’UE che contribuiranno allo sviluppo dell’economia sociale e sostenibile.
Tra queste il PAES (piano d’azione dell’UE per l’economia sociale), che servirà a promuovere lo sviluppo dell’economia sociale in Europa nel prossimo decennio. E le banche etiche saranno coinvolte come organizzazioni, perché parte integrante dell’economia sociale, , e come soggetti attivi nella promozione dello sviluppo dell’economia sociale. Queste politiche saranno sostenute tramite il fondo InvestEU e costituiranno un’opportunità strategica per le banche etiche per far crescere i portafogli prestiti nel prossimo decennio e avventurarsi in nuovi settori di attività.
Una buona notizia considerando quanto si evince dal Rapporto: «Per una serie di ragioni le banche etiche dovrebbero essere trattate in modo diverso dal punto di vista normativo, sia a livello europeo che nazionale», afferma Anna Fasano, presidente di Banca Etica. «Le banche etiche non hanno avuto alcuna responsabilità nella crisi finanziaria del 2008, ma la regolamentazione è stata inasprita anche per loro. Il legislatore non ha fatto alcuna differenza tra i diversi tipi di banche».
«Di conseguenza, oggi le banche etiche sono sottoposte a una mole sproporzionata di regole pensate per le banche mainstream che sono state all’origine delle crisi bancarie e rischiano di vedere indebolita la loro flessibilità nel rispondere alle esigenze delle cooperative e delle imprese sociali, delle organizzazioni ambientaliste e del Terzo Settore», conclude Fasano.
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