Artists For Plants: il linguaggio universale di arte e musica per parlare di sostenibilità
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“Le piante ci parlano, respirano e vivono insieme a noi”. Ricordo che questa affermazione, quand’ero bambina, mi lasciò parecchio incredula perché non riuscivo a capire come mai le piante potessero respirare. E tuttavia, nonostante la mia perplessità “dall’alto” dei miei sette anni, iniziai a pensare a queste parole nella mia quotidianità e ad amare profondamente questi esseri viventi colorati e profumati.
Amavo le piante e i fiori a tal punto da “sgridare” i miei coetanei quando, durante gli intervalli scolastici, per giocare e passare il tempo facevano le collane di margherite. Mi arrabbiavo infinitamente con loro e istantaneamente pensavo: “Così sentiranno male! Questo non è rispetto! Bisogna coccolare tutte le piante e tutti i fiori”. Vi faccio questa premessa perché la storia che vi sto per raccontare oggi ha a che vedere proprio con le piante e con l’amore ed incomincia da una chiamata alla collettività. Si chiama Artists For Plants ed è un appello globale a tutti gli artisti del pianeta per valorizzare il mondo green.
Artists For Plants mette a disposizione i propri spazi, i propri canali social e le proprie energie a chi, consapevole del ruolo imprescindibile delle piante per la nostra sopravvivenza, dedica una delle sue opere al pubblico nella convinzione che questo possa sensibilizzare sempre più persone a questo tema ed agisce esclusivamente in modo spontaneo, gratuito, e volontario, seguendo una logica diffusa e orizzontale – proprio come le piante. Ne ho parlato con Silvia Chiodin, regista e produttrice e collaboratrice di una delle artiste coinvolte.
Com’è nato Artists For Plants?
L’idea di questo spazio artistico internazionale dedicato alle piante è nato dal desiderio di alcuni creativi che hanno partecipato a una residenza artistica nella foresta amazzonica nell’agosto 2019: Stijn Jansen, creativo belga, Elisabetta Zavoli, fotografa, e Sara Michieletto, primo violino del Teatro La Fenice di Venezia. Ogni anno Artists For Plants lancia una call Internazionale. La prima, nel 2020, ha generato il documentario Concerto per Artists For Plants, un film concerto unico dedicato alla centralità del mondo vegetale nell’ecosistema in occasione della 50a giornata mondiale della Terra, che ha visto la partecipazione straordinaria di dodici artisti di fama mondiale.
Oltre alla caratura degli artisti, ciò che lo ha reso straordinario è che – in perfetta sintonia con lo spirito di cooperazione che caratterizza l’agire delle piante – si è trattato di un lavoro completamente “orizzontale”: ciascuno ha aderito e collaborato al progetto in modo volontario e gratuito, davanti e dietro alle telecamere a costi zero.
Raccontaci qualcosa del lavoro che c’è stato dietro alla realizzazione di questa pellicola.
Musica e scienza si sono unite con l’obiettivo di fare della centralità del mondo vegetale una ragione d’identità culturale. Io ho curato la regia. E nelle note di regia avevo scritto: “Raccontare le piante del nostro paese con lo sguardo con cui si narrano le periferie sempre dimenticate: platani, tigli cipressi, querce, abeti rossi – foreste di abeti rossi – e mari d’erba sui quali volare senza una webcam e senza un drone; olmi, betulle, ciliegi che fioriscono, perché c’è il lockdown nella primavera italiana del 2020, ma è pur sempre la primavera del dentro e fuori”.
«Le piante sono le maestre della capacità di poter sopravvivere senza spostarsi», dice Stefano Mancuso nel film. Il documentario è nato così, con i telefonini che han sostituito le telecamere; con i musicisti che hanno aderito all’appello di Artists For Plants e si sono messi in gioco senza riserve. Tutti coloro che hanno collaborato alla produzione hanno fatto i conti con i limiti imposti dalla tecnologia e dalle misure anti Covid e sono riusciti a superarli perché il messaggio e il fine erano più importanti.
Il risultato è un concerto per le piante tra le piante. Virtuale ma reale. Con il suono dell’aria, delle foglie, dell’acqua, della natura tutta a fare da sfondo. E la voce che scandisce gli articoli della “Costituzione delle piante” a segnare il ritmo. Tutti assieme e ognuno a modo suo. Adattandosi e valorizzando. Trasformando il blocco e il divieto in occasione di contaminazione.
Cos’è avvenuto nel 2021 e di cosa vi state occupando per la call di quest’anno?
Successivamente c’è stata la call 2021, dedicata alle Dune degli Alberoni e a Choco, in Colombia. Quest’anno invece tocca alla call Seeds planting Arts, realizzata in collaborazione con lo Svalbard Global Seed Vault. Il tema del 2022 è ed era semi e arte, che sono profondamente connessi in molteplici sensi e modi. Scrivo “era” perché l’abbiamo organizzata in collaborazione con la banca dei semi delle isole Svalbard ed è stata lanciata a inizio estate.
Le opere selezionate sono state presentate dalla direttrice del centro l’11 ottobre scorso: abbiamo raccolto oltre 60 lavori da diversi paesi del mondo, che poi sono stati selezionati da una giuria di cui tra gli altri abbiamo fatto parte anche Lella Costa, un rappresentante dello Svalbard Seed Vault, Sara e io.
Ma scrivo anche “è”, al tempo presente, perché le opere selezionate, bellissime e piene di significato, grazie a un video di presentazione preparato ad hoc, rimarranno esposte allo Svalbard Global Seed Vault e al museo delle Svalbard per tutto il 2023. Inoltre verranno presentate, assieme a tutte le altre ricevute, una per una sul sito e sui canali social di Artists For Plants.
In che modo è cresciuto questo progetto negli anni e quali sono stati gli impatti positivi che ha avuto?
In tempi di pandemia – perché gli inizi sono stati quelli caratterizzati dalle modalità relazionali imposte dalla pandemia – ha significato speranza, vita, futuro, ma soprattutto connessioni belle, positive e propositive. Noi ci ispiriamo alle modalità di comunicazione delle piante, che sono sottilissime ma efficacissime. Io faccio la regista, ho imparato tanto dal mio lavoro, soprattutto a spostare il punto di vista. Ma ho anche visto quanto “spreco” c’è nelle nostre relazioni. Le piante invece sono efficaci: sembrano immobili, inattive, impassibili, ma comunicano – eccome se comunicano! – e tanto, con una modalità orizzontale e gratuita, volontaria.
Artists For Plants è cresciuto perché è riuscito a unire persone molto diverse che, con la stessa logica appena descritta, si sono attivate per uno scopo altro e alto, comune: la sensibilizzazione sull’importanza del mondo vegetale, delle piante, e la tutela di aree specifiche a rischio. Penso per esempio allo scorso anno, quando siamo riusciti a fare una bellissima azione su tutte le dune degli Alberoni, al lido di Venezia, che sono un ecosistema unico nel suo genere e importantissimo che rischia di scomparire. Sono piccole cose, ma di grande importanza. Semi che poi germogliano, come quelli della call di quest’anno.
In che modo la collettività può contribuire?
Il modo più semplice, immediato e diretto è quello di “accorgersi” del verde che ci circonda, anche in città, e di cominciare ad averne cura attuando la stessa logica cooperativa delle piante. Bastano piccoli gesti, come imparare a distinguere quello che è efficace dalle pratiche del cosiddetto “green washing”. Poi chiaramente si possono anche promuovere grandi azioni, ma è la quotidianità che fa la differenza e in questo senso tutti possono fare qualcosa.
Il verde in città è un’emergenza, ci sono grandi aree che sono in grandissima sofferenza – una per tutti l’amazzonia, ma non è la sola – e per questo motivo proteggere le piante è un’esigenza di sopravvivenza per gli esseri umani e l’arte è un meraviglioso veicolo per comunicarlo e contagiare tutti.
Progetti futuri?
Riuscire a continuare a spargere semi positivi, a lavorare in maniera coerente alla logica che ci ha ispirato. Non è assolutamente facile perché – non occorre che te lo dica io – non questa è la logica di azione e di comunicazione che guida questo mondo. Ma se non cambiamo paradigma dove andiamo?
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