13 Ott 2022

Arianna Occhipinti: “Sono tornata in Sicilia per fare vini di qualità che nutrano la terra” – Io Faccio Così #361

Scritto da: Salvina Elisa Cutuli
Riprese di: Federica Vero
Montaggio di: Paolo Cignini

Nel territorio di Vittoria, Arianna Occhipinti circa vent'anni fa ha deciso di tornare per dedicarsi alla terra e alla produzione di vini naturali. Oggi la sua azienda esporta bottiglie in cinquanta paesi del mondo. Gli ingredienti del suo vino sono tanto studio, caparbietà, passione e rispetto profondo della terra.

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Ragusa - Una giornata assolata di fine agosto, cielo azzurro e sullo sfondo i Monti Iblei spiccano con le loro alture su una distesa occupata per lo più da coltivazioni. Una luce abbagliante delinea i contorni e la bellezza di questo luogo. Bellezza che si contrappone a un uso spesso scellerato di queste terre, rese infertili soprattutto a seguito dell’avvento della serricoltura.

Siamo nella contrada storica di Cerasuolo a Vittoria. Qui ha scelto di tornare Arianna Occhipinti, viticoltrice. Con coraggio e caparbietà si è scontrata con una mentalità spesso retrograda e poco incline al cambiamento. Ma è proprio qui che è riuscita a produrre un vino di qualità senza ereditare e/o portare avanti una tradizione di famiglia. La incontriamo a Bombolieri, il baglio che ha acquistato nel 2012 e ristrutturato trasformandolo nell’azienda agricola che porta il suo nome. All’epoca era completamente disabitato come molti caseggiati della zona.

Palmenti e frantoi testimoniano la ricchezza di un tempo: la fillossera (un afide), che ha distrutto la viticoltura italiana ed europea, da queste parti è arrivata molto dopo, permettendo alla Sicilia di primeggiare per circa trent’anni nella produzione di vino. Vittoria, luogo natale di Arianna, conta circa 800 palmenti, e chi ha deciso di riportare alla luce questa eredità coniuga passato con tradizione e innovazione. Come nel caso di Arianna.

LA SUA STORIA

L’incontro con il vino avviene per caso. Zio Giusto la invita a Vinitaly. «Ero molto contenta di saltare qualche giorno di scuola, avevo 17 anni. Mi ha sorpreso la gioia di vivere delle persone che ruotano intorno al mondo del vino. Facevano affari ridendo, intorno a un bicchiere. Una volta tornata ho iniziato ad aiutare lo zio in campagna, in cantina, per poi decidere di trasferirmi a Milano per studiare enologia all’Università», mi racconta nell’intervista che potete guardare e ascoltare nel video qui sopra.

Arianna, un po’ come molti altri, era ancora poco cosciente delle potenzialità di quei luoghi, aveva solo il desiderio di allontanarsi. Durante una lezione di enologia e viticoltura si sono risvegliati in lei alcuni ricordi e il desiderio di ritornare. Una telefonata al padre per comunicare il suo arrivo e l’inizio di una nuova avventura. Nel 2004 decide di affittare una vigna nella contrada di Fossa di lupo e da allora non si è più fermata.

LA VISIONE: VINI NATURALI E AGRICOLTURA BIODINAMICA

Durante gli anni milanesi, grazie all’incontro con piccoli produttori, Arianna ha scoperto una viticoltura molto diversa da quella appresa all’Università. Due visioni opposte che nella sua azienda hanno trovato modo di coesistere. «Come per l’industria agroalimentare, anche il campo dell’enologia ha subito un violento processo di industrializzazione con conseguenze impattanti: suoli sfruttati, prodotti sistemici additivi per trattamenti fogliari che puntano alla “bellezza” del frutto e non alla qualità».

arianna occhipinti

In Francia e in Italia sono nati movimenti di protesta di persone e contadini che volevano un ritorno all’origine, a una viticoltura che non depauperasse la sostanza organica, non rovinasse i suoli e permettesse di produrre un vino in maniera sincera. «In questo processo di trasformazione il viticoltore è una figura fondamentale, non centrale» racconta Arianna.

Ad esprimersi, dal suo punto di vista, devono essere il suolo, l’uva e le potenzialità di un territorio; qualsiasi alterazione apportata modifica l’identità del prodotto generando una omologazione. «Il lavoro dell’agricoltore non è togliere, ma restituire qualcosa alla terra, quell’equilibrio che si crea spontaneamente. Lo studio all’università non bastava per abbracciare questo approccio, così mi sono avvicinata all’agricoltura biodinamica e naturale. Il mio vino racconta di questi territori, delle caratteristiche climatiche, pedologiche e umane, di questo calcare, delle sabbie rosse e dei venti di scirocco e provenzale che spesso soffiano da queste parti», continua Arianna.

L’AZIENDA AGRICOLA ARIANNA OCCHIPINTI

Negli anni ha messo in piedi un’azienda che conta circa 32 ettari di vigneto autoctono e 30 di terra con alberi da frutto, olive, grano tumminia e un orto che ha permesso di instaurare anche una collaborazione con la ristorazione locale. All’inizio non è stato semplice: essere giovane e donna non le ha permesso di avere uno scambio immediato con gli agricoltori locali. «Il mio è stato un percorso individuale, oggi rifarei tutto, ma ho impiegato dieci anni prima di farmi riconoscere insieme a tanta passione e caparbietà». Arianna ha unito tradizione e innovazione cercando di evitare alcuni degli errori causati dai processi di modernizzazione agricola.

Qui c’è ancora tanto da investire. Il mio è un invito a conoscere questi territori perché qui si può fare un bellissimo vino anche a queste latitudini

Ha ripreso alcune delle tecniche ormai abbandonate, ad esempio l’allevamento ad alberello con innesti in campo che permettono una selezione massale. Si è servita dell’esperienza dei pochi rimasti che mantengono la tradizione e che hanno permesso di ripristinare una parte di varietà autoctone direttamente in campo.  La sua azienda agricola ha mantenuto la biodiversità del luogo e per impiantare un nuovo vigneto non è stato mai estirpato nulla intorno.

«Un’agricoltura sana che permette una produzione limitata. Io non irrigo, ho fatto una scelta ben precisa di indipendenza della pianta dall’uomo e dall’eccesso di acqua. Le radici vanno in profondità e dalla roccia assorbono tutto ciò di cui hanno bisogno. Il mio è un percorso di rispetto nei confronti del territorio e del suolo». Tra le varietà autoctone spicca il Nero d’Avola e il Frappato tra i rossi, lo Zibibbo, l’Albanello, il Grillo – a Santa Margherita, sui Monti Iblei a 500 metri sul livello del mare, per un gusto più austero – tra i bianchi.

Oggi l’azienda conta 25 collaboratori. «È un luogo bello e sano, dove oltre ai vini buoni riusciamo a vivere bene. È stata la parte più difficile, ma anche la più bella. Il rapporto con gli altri è sempre un’opportunità di scambio. Qui ho accolto ragazzi meravigliosi che vengono per stage, altri che passano per imparare e iniziare un percorso simile. Spero che questo luogo abbia un futuro anche dopo di me, o perché ci saranno i miei figli o perché qualcuno se ne prenderà cura. La forza di una squadra è anche questo».

Ciò che conta, secondo Arianna, sono le scelte che verranno fatte anche in maniera forte e incisiva. E lei di forza ne ha mostrata tanta in questi anni, dimostrando anche che l’agricoltura è donna, coinvolgendo nel lavoro di squadra molte altre ragazze, dalla cantina alla campagna, cambiando più volte il volto dell’azienda. 

IL FUTURO

Secondo Arianna produrre vino è un privilegio e un grande strumento di aiuto per quella parte di agricoltura che non ha ancora trovato una via d’uscita ai sistemi di produzione industrializzati. «A Vittoria intorno agli anni ’50/’60 è nata la selvicoltura, un territorio di frontiera dove l’agricoltura si è talmente industrializzata che non sai più se stai coltivando un pomodoro o se stai producendo plastica. Esiste un’altra agricoltura intorno alla quale possono nascere grandi opportunità. In Sicilia non puoi non fare agricoltura sostenibile, abbiamo delle condizioni che ce lo consentono».

Arianna Occhipinti Winery Sicily

L’azienda Occhipinti ne è la dimostrazione: produce circa 140/150 mila bottiglie all’anno e il suo vino arriva in cinquanta paesi esportando così l’identità del territorio di Vittoria nel mondo. Arianna spera che il suo lavoro possa servire da esempio per tutti quei ragazzi che vanno via dal Sud per poi fare ritorno dopo qualche anno.

«C’è bisogno di gente che va e che rientra, altrimenti ci ritroveremo soli. In questo periodo storico particolare esiste un’Italia che cambia, sono tutti questi progetti di agricoltura che mostrano un volto diverso dell’Italia, ma anche di questa Sicilia, persone che finalmente si ribellano ai soprusi spesso inflitti al paesaggio: abbandono, rifiuti, incendi. Negli anni in cui sono tornata a vivere in Sicilia ho potuto avvalermi di finanziamenti per i giovani imprenditori in un territorio dove la terra abbandonata veniva svenduta. Qui c’è ancora tanto da investire. Il mio è un invito a conoscere questi territori perché qui si può fare un bellissimo vino anche a queste latitudini», conclude Arianna. 

Tra i vari filari di viti si raccoglie in modo naturale anche un vino con gradazioni alcoliche basse, che per freschezza ed eleganza non ha niente in meno rispetto ai vini di altri luoghi in cui si anticipa la maturazione per avere le stesse caratteristiche. L’identità di questa terra si rispecchia nel vino prodotto da Arianna, sanguigno, fresco e umano. Proprio come lei. Dice di non avere alcuna formula segreta, solo un dialogo silenzioso e autentico con la terra.

Ha appreso il linguaggio dei contadini del luogo per poter avere un confronto con loro e per produrre un vino con metodi innovativi. E anche per questo il suo vino ha un forte valore politico: è facile fare vini in contesti noti e conciliabili, meno semplice farlo in altri. Il suo contatto diretto con la terra si è trasformato in conoscenza e rispetto profondo. E da un’uva buona viene un vino buono secondo Arianna. E noi la prendiamo in parola. Sorseggiare per credere!

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