17 Ott 2022

In Sicilia 25 cavalli e asini sopravvissuti all’incendio del bosco di Calaforno rischiano la macellazione

Scritto da: Anna Basagni

Asini e cavalli sopravvissuti al gravissimo incendio che ha colpito il bosco di Calaforno l'anno scorso rischiano di finire al macello. Questa è solo la punta dell'iceberg di una cultura alimentare siciliana poco responsabile e troppo legata a logiche di profitto, alimentata anche da una politica che non ha la capacità né la volontà di cambiare le cose.

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Ragusa - Solamente un anno fa – l’11 agosto 2021 – il bosco di Calaforno (RG), parco forestale nel cuore degli Iblei, tra Monterosso e Giarratana, fu vittima di un grande incendio che distrusse buona parte dell’habitat naturale del territorio. Il rogo, di origine dolosa, mise a rischio alcune abitazioni e gli agriturismi della zona e devastò diversi ettari di piantagioni. Gli abitanti della zona furono costretti a evacuare le proprie abitazioni e il fuoco uccise diverse forme di specie animali.

Domato il fuoco, le famiglie contadine decisero allora di rimboccarsi le mani per ricominciare, partendo proprio dal reimpiantare gli uliveti per riportarli alla piena produzione originaria. Lo fecero senza alcuna tipologia di appoggio economico da parte dello Stato. L’incendio fu terribile e molte vite si spensero tra le fiamme. Ciononostante, alcuni animali riuscirono a scappare e furono portati in salvo in aree protette. Questa è la storia di 6 asini e 19 cavalli, i sopravvissuti dall’esplosione dell’area boschiva di Calaforno.

Il parco forestale Calaforno, all’uscita di Giarratana, accoglieva al suo interno una fresca e rigogliosa pineta. Tra la vegetazione si poteva avere la fortuna di incrociare diverse specie di animali correre libere nei prati, come cavalli, asini e pecore. Gli equidi, sebbene registrati come “Dpa”, ovvero “destinati alla produzione di alimenti”, erano considerati protetti all’interno del parco e tenuti allo stato semi-brado dell’azienda pilota regionale nel Parco Forestale di Calaforno. L’obbiettivo iniziale dell’azienda era difatti d’interesse al progetto di conservazione dell’asino ragusano per il ridimensionamento della specie.

bosco calaforno
L’INCUBO NON È ANCORA FINITO

Tuttavia, dopo il salvataggio di questi animali da morte certa, sembra che le carte in tavola siano cambiate. Adesso i 25 cavalli e asini rischiano di essere svenduti alle aste pubbliche e destinati al macello per diventare cibo “prelibato” sulle tavole dei siciliani. È l’allarme lanciato dagli attivisti, in particolare l’associazione animalista Lega Anti vivisezione (Lav). È plausibile infatti che questi equidi vengano sperati dalle relazioni affettive nei vari gruppi d’appartenenza della specie per finire in contesti ben diversi dalla visione iniziale, probabilmente acquistati da allevatori e commercianti della filiera alimentare interessati solo alla loro carne.

Stupisce il disinteresse del Dipartimento Sviluppo Rurale e Territoriale della Regione Siciliana, che non ha preso provvedimenti alternativi al mantenimento degli animali, già scampati una volta dalla morte e adesso di nuovo in pericolo. Per come appare momentaneamente la situazione, sembra che basti oltrepassare la soglia del recinto, trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato e con le persone sbagliate per svalutare il valore di una vita.

LA TRISTE SORTE DEGLI EQUIDI IN SICILIA

Il consumo della carne di cavallo è alquanto diffuso in Sicilia, lo testimonia il numero delle macellerie equine sparse sul territorio. Viene spacciata come carne sopraffina della tradizione culinaria siciliana, ma la macellazione equina è un business tanto recente quanto incivile. Anni fa la carne si mangiava solo una volta alla settimana, la domenica, perché considerato un piatto borghese. In particolare nella terra della trinacria, fino a un secolo fa si utilizzavano muli e asini per il lavoro e la loro carne era riservata prevalentemente ai nobili e alle milizie.

Ciò che viene definito “d’eccellenza” non sempre deriva da scelte etiche e solidali. Soprattutto se consideriamo che cosa devono subire questi bellissimi animali destinati alla macellazione “legale” o durante la reclusione nelle fasi di trasporto verso gli impianti di macellazione: stress per il trasporto – mancanza di spazi, rumori forti e movimenti imprevedibili –, affaticamento durante il viaggio, rischio di lesioni e rischi di disidratazione. Per questi animali inizia un vero e proprio calvario: i cavalli terrorizzati assistono alla morte di chi li precede, tentando di indietreggiare nei corridoi e accasciandosi a terra inutilmente per ribellarsi.

Adesso i 25 cavalli e asini rischiano di essere svenduti alle aste pubbliche e destinati al macello

Tutti questi fattori provocano gravi sofferenze fisiche e psicologiche non solo ai cavalli, ma a tutti gli animali senzienti destinati alla morte. Gli equidi etichettati fin dalla pre-nascita come “Dpa”, destinati alla produzione alimentare, spesso provengono da allevamenti il cui scopo è la produzione in massa di carne o in alternativa utilizzati nei circoli sportivi e nel settore turistico equestre per poi essere uccisi nei macelli.

Diversamente dovrebbe essere la sorte per i cavalli dichiarati “non Dpa”, non destinati alla produzione alimentare, utilizzati sempre nell’ippica ma somministrati con farmaci che potrebbero essere nocivi per i consumatori di carne. Tuttavia accade in alcuni casi che i cavalli “non Dpa” vengano inseriti in maniera fraudolenta nella filiera alimentare, falsificando i documenti o finendo negli impianti clandestini se non considerati più “utili” per l’uomo o se si avvicinano a un’età avanzata.

Un viaggio senza ritorno per questi bellissimi animali, che per secoli hanno consolidato uno stretto e profondo rapporto con gli esseri umani e che oggi sono invece considerati solamente come merce di trasformazione attraverso metodi brutali per diventare carne d’esposizione nella vetrine dei paninari. È il triste destino dei circa 30000 cavalli che ogni anno vengono macellati nei mattatoi in Italia. Se la Regione Siciliana non intende intervenire immediatamente sul caso, i 25 equidi sopravvissuti l’anno scorso all’incendio di Calaforno non avranno più la possibilità di correre liberi nei prati.

RICHIESTA DI INTERVENTO URGENTE AL NEO PRESIDENTE DELLA REGIONE SICILIA RENATO SCHIFANI

La Responsabile Area Equidi Lav, Nadia Zurlo, si è rivolta direttamente al neo Presidente della regione Sicilia, Renato Schifani come portavoce nella difesa degli animali: “Presidente – ha scritto – chiediamo il suo urgente intervento per annullare l’asta pubblica, ridefinire il piano di interventi del parco, stanziare i fondi necessari per il mantenimento in vita di questi animali e in ultimo adottare una moratoria delle nascite attraverso mezzi naturali, come la separazione dei maschi dalle femmine, o attraverso la sterilizzazione dei maschi”.

asino ragusano

In risposta alle richieste dell’Area Equidi Lav, è arrivata la replica del Servizio 15 – Ufficio per il territorio di Ragusa del dipartimento regionale, attraverso una relazione in cui si afferma che verrà effettuato un intervento di natura zootecnico-gestionale con la finalità della preservazione della purezza della razza autoctona dell’asino ragusano, spostando dai siti gli esemplari che non sono conformi agli standard della razza e che possono generare accoppiate indesiderate.

La relazione continua accusando il demanio forestale di Calaforno di aver acquistato negli anni i suddetti animali senza una progettualità ben definita e di averli lasciati riprodurre senza alcun obbiettivo e fine d’utilizzo. Il piano di conservazione della razza in via d’estinzione sembrerebbe giustificabile rispetto alla scelta di selezionare gli animali in base alla purezza e, allo stesso tempo, permette a questo organo di non curarsi della destinazione dell’uso degli animali, qualora questi non fossero idonei agli standard predefiniti, perché al di fuori delle competenze del dipartimento.

La situazione sfocia direttamente nella questione animale, su cui l’opinione condivisa è che un animale debba necessariamente essere di un qualche “utilizzo” all’essere umano per avere salva la vita. Si tratta di una forma di dote – intesa come bene e complesso di beni – innata, che dimostra come le forze politiche siano più interessate al profitto che alla difesa e al riconoscimento del territorio e degli esseri senzienti. Se l’opinione politica non si pronuncerà a favore dell’intervento per la salvaguardia della vita dei sopravvissuti, c’è il rischio che quanto seguirà sarà l’ennesima perdita che riporterà il movimento dei diritti degli animali indietro di decenni.

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