19 Set 2022

Silvia Paci e la sua Odissea Moderna per creare scambi culturali accessibili e inclusivi anche per chi è disabile

Scritto da: Elena Rasia

Sono tantissimi gli ambiti in cui la disabilità rappresenta un ostacolo insormontabile e uno di questi è quello degli scambi culturali. La giovane changemaker Silvia Paci ha creato un programma chiamato Odissea Moderna proprio per proporre esperienze accessibili e percorsi di sensibilizzazione culturale sul tema dell'accessibilità.

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Un desiderio comune di condividere l’interesse per le arti e per il teatro, ma con un pensiero consapevole di “ingiustizia” da non silenziare ma a cui dare sfogo, scardinando la certezza che determinati soggetti avrebbero potuto sicuramente incontrare in un contesto artistico parecchie difficoltà come, ad esempio, le persone con disabilità.

Nasce da questi presupposti, all’interno dell’università Paris 3 Sorbonne Nouvelle, l’associazione Crescendo. L’idea è di Silvia Paci, la fondatrice, e di alcuni studenti della classe 2018/19 del corso di laurea triennale della facoltà di Mediazione Culturale dell’Università. Abolire le barriere riguardanti la disabilità su scala europea, divenne la sfida di chi entra a far parte del sodalizio. Nel 2019 l’associazione realizza la prima edizione di Odissea Moderna, un progetto artistico articolato intorno a una tematica che per un paio di settimane accomuna i partecipanti, provenienti da due Paesi diversi dell’Europa, in un’esperienza formativa.

La priorità di Odissea Moderna è proprio quella di favorire l’uguaglianza delle possibilità organizzando uno scambio culturale al pari degli scambi che vengono proposti alle persone senza disabilità durante il loro percorso scolastico, dai quali i ragazzi con disabilità invece vengono spesso esclusi. Inoltre, questo progetto ha permesso ai ragazzi partecipanti di fare un’esperienza di maggiore autonomia e indipendenza, obiettivi che dovrebbero essere imprescindibili nella vita di tutti per accrescere la propria autodeterminazione.

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Abbiamo sentito Silvia per farci raccontare di più di Odissea Moderna, dell’associazione Crescendo, ma anche di Gen C, il percorso di selezione, sostengo e messa in rete di giovani innovatori e innovatrici sociali promosso dall’Agenzia Nazionale per i Giovani e da Ashoka Italia.

Secondo voi e la vostra esperienza, perché l’accesso alla cultura continua a essere difficoltoso per determinati soggetti?

Ci sono due fattori determinanti secondo noi: la politica e la formazione. Si tratta spesso, ahimè, di scelte politiche. Sicuramente è difficile creare luoghi e spazi adatti a ogni necessità: richiede un investimento importante di risorse, economiche e non. Queste difficoltà però non possono giustificare la mancanza di adeguati mezzi per far sì che chiunque, in qualunque situazione fisica o mentale, possa accedere all’offerta culturale.

Andare a teatro, visitare una mostra, andare a un concerto sono ancora troppo spesso dei lussi che si può concedere soltanto chi ha il fegato abbastanza allenato da lottare contro le burocrazie, insistendo e chiedendo che vengano presi provvedimenti, che si liberino dei posti accessibili, insomma accertandosi che un modo lo si trovi. Non dovrebbe essere la norma. Dall’altro lato, c’è un problema di formazione: in molti casi, la buona volontà ci sarebbe anche, ma mancano figure professionali che siano formate e che sappiano come praticare l’accessibilità, come rendere inclusivi dei posti che finora non lo sono stati, e come farlo per diverse tipologie di disabilità.

È un problema che riguarda anche il nostro paese?

In Italia probabilmente non esistono ancora mestieri universalmente riconosciuti che consentano a una persona di occuparsi di questo compito e le poche persone che lo fanno spesso sono disabili, quindi sono diventate attiviste ed esperte per necessità. Penso a Roberto Vitali, che con il suo Village4All e molti altri progetti in Italia e in Europa riesce a parlare di accessibilità non solo in quanto persona disabile, ma anche con un grande bagaglio di competenze tecniche. Offrire più occasioni di formazione, e sensibilizzare la politica a questi temi è fondamentale per fare passi avanti.

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In che modo l’associazione combatte questo divario?

L’associazione Crescendo cerca di combattere questo divario in due modi. Il primo è organizzando attività rivolte alle persone con disabilità che di solito non vengono loro proposte. Parlo ad esempio degli scambi culturali durante il percorso scolastico, dai quali i ragazzi con disabilità vengono esclusi a priori, almeno in Italia, perché organizzare una trasferta per loro sarebbe molto impegnativo secondo la mentalità che abbiamo ora, per cui adattare un’esperienza alle esigenze di una persona disabile sembra un lavoro inaffrontabile.

Lo stesso accade in Francia: le persone con disabilità frequentano spesso istituti medico-educativi che non permettono loro di essere in classe con persone non disabili, motivo per cui anch’essi vengono esclusi da esperienze del genere. Dall’altro lato, Crescendo si pone come obiettivo anche di favorire l’interazione tra gruppi misti, tra cosiddetti “normo-dotati” e non, per non relegare le persone disabili a stare soltanto con altre persone disabili.

Quale sarebbe un modello realmente inclusivo che il mondo dell’arte potrebbe seguire secondo voi?

I problemi di accessibilità sono presenti ovunque purtroppo e in ogni campo della vita di una persona con disabilità. Se dovessimo pensare a un modello che sta emergendo con risultati positivi, potremmo pensare al settore del turismo. Nonostante la batosta presa con la pandemia, negli ultimi anni sta vivendo cambiamenti importanti e ci sono delle iniziative molto valide che stanno prendendo piede. Si inizia a parlare di percorsi di “turismo accessibile” e sono sempre più le strutture di ospitalità alberghiera, in Italia e in Europa, che si stanno attrezzando non solo per rimuovere ogni barriera architettonica – era ora! –, ma anche per offrire concrete proposte turistiche alle persone.

Questo forse influenzerà positivamente anche l’ambito culturale, che va di pari passo. Speriamo di poter dire tra qualche anno che tutto è andato per il meglio! Anche il mondo dello sport è abituato ormai da anni alla presenza di sportivi con disabilità. Anche lì però una riflessione va fatta: le Paralimpiadi non sono le Olimpiadi – quante delle persone che seguono assiduamente le Olimpiadi seguono con lo stesso entusiasmo le Paralimpiadi – e troppo spesso la visione che si ha degli sportivi con disabilità è mitizzata, al punto tale che a volte può diventare poco umana e soprattutto non utile in questo dibattito verso l’inclusione.

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Di cosa si occupa nel dettaglio il progetto Odissea Moderna?

Odissea Moderna si occupa di offrire l’occasione di viaggiare in un Paese diverso dal proprio e di farlo incontrando un altro gruppo di persone con disabilità attraverso la pratica artistica. Tramite laboratori di teatro, musica, arti circensi, ma anche di cucina o di pet-therapy i due gruppi di partecipanti condividono due settimane della loro vita in un contesto diverso dal quotidiano. Il tema dell’Odissea, opera inesauribile di Omero, permette di creare un fil rouge legato al viaggio e alla scoperta, a quella curiosità che genera cambiamenti e novità.

Le attività artistiche che vengono svolte insieme hanno proprio lo scopo di favorire la creazione di legami che esulino dalla quotidianità, che aprano una finestra sul mondo – o almeno sull’Europa –, che facciano scoprire la cultura dell’altro attraverso l’arte e il patrimonio culturale, sia esso materiale, come una visita al museo, o immateriale, come durante un laboratorio di cucina.

Quali indicazioni avete tratto dalla prima edizione?

Durante la prima edizione del progetto ci siamo anche rese conto dei beneficiari indiretti che non avevamo previsto nella fase di ideazione: noi eravamo concentrate sui giovani partecipanti e sulla loro esperienza diretta, ma abbiamo constatato con piacere che anche le famiglie coinvolte, così come i professionisti del settore, hanno tratto beneficio dalle attività svolte. Vuol dire forse che di occasioni così dovrebbero essercene di più!

Oggi adattare un’esperienza di scambio culturale alle esigenze di una persona disabile sembra un lavoro inaffrontabile

Idee per il futuro?

Idee per il futuro ce ne sono sempre! Sicuramente ci piacerebbe proseguire con questo tipo di progetto su scala europea, perché è così che l’associazione è nata e per ora abbiamo già visto che il format Odissea Moderna ha avuto un grande impatto, quindi riproporlo è sempre un piacere. In questi mesi stiamo lavorando per dar vita a una nuova edizione di Odissea Moderna, provando a coinvolgere delle compagnie di teatro inclusivo per rinnovare il progetto e incentrarlo molto sull’incontro tra gruppi misti. Allo stesso tempo però vorremmo diventare più attive anche su scala locale per decentralizzare l’offerta culturale e favorire l’accesso alla cultura anche nel quotidiano.

Su quest’ultimo punto abbiamo diverse opzioni che stiamo studiando, ancora dobbiamo capire qual è il metodo più funzionale. In ogni caso, questi due livelli – quello su larga scala e quello locale – sono entrambi importanti per noi. Da un lato, è necessario poter svolgere azioni forti e di grande impatto, come nel caso di Odissea Moderna; dall’altro è importante anche affiancare queste progettualità con azioni costanti e regolari sul territorio, per non lasciare che un grande evento una tantum sia il cuore del nostro lavoro. L’impatto, a lungo termine, si misura soprattutto con questo tipo di azioni!

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