30 Set 2022

In val di Vara uno storico mulino del settecento tornerà a macinare castagne e cereali

Scritto da: Valentina D'Amora

Siamo in val di Vara: qui Silvia Bonfiglio e suo marito Maurizio Canessa hanno acquistato un antico mulino per realizzare un sogno, rimetterlo in funzione. Adesso che è tutto quasi pronto, sale l'emozione e cresce anche l'impazienza di vedere tutto finito. Ne abbiamo parlato con Silvia, che ci ha raccontato le varie fasi del restauro.

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La Spezia - Vi ricordate di Silvia Bonfiglio? Lei, insieme a suo marito, grazie alla loro azienda agricola, da anni tramanda alle nuove generazioni i mestieri storici della val di Vara: insieme si occupano di tutti i prodotti del bosco, dai funghi alle castagne – da cui nasce un’ottima farina – sino al miele e ai piccoli frutti. Allargando un po’ lo sguardo, oltre mantenere viva la fiamma delle tradizioni locali, la loro attività quotidiana sul territorio contribuisce attivamente alla manutenzione e alla tutela del bosco, nell’ottica di prevenire gli incendi e i danni delle alluvioni.

Ora, però, poco distante da Carro, un nuovo progetto bolle in pentola in casa Bonfiglio: la rimessa in funzione di un antico mulino abbandonato. «C’è ancora il cantiere, ma stiamo per ultimare il tutto: – racconta Silvia, emozionata – in questi mesi c’è stato un lungo lavoro per rimettere in funzione i meccanismi delle ruote, che adesso sono quasi a punto». È stato poi rifatto il fondo dove c’era l’alloggiamento, sono state reinserite le macine nelle loro sedi e ora si stanno facendo varie verifiche anche sulle manovelle utilizzate per i diversi spessore della farina.

«Adesso siamo in fase di collaudo: vediamo come macinano castagne, mais e altri cereali. Sono tutte prove mediamente lunghe perché il mulino è rimasto fermo per tanto tempo, il mugnaio è morto ormai da diversi anni», spiega. Mentre parliamo, Silvia mi descrive con minuzia le scanalature delle macine, tutte lavorate a mano: «Entro pochi giorni saremo a tiro, ma si faranno prove sino all’anno prossimo per trovare le combinazioni migliori», mi racconta entusiasta.

mulino
Particolari della ribattitura della pietra del mulino. La croce incisa alla fine significava “lavoro terminato” ed era di buon auspicio.
Silvia, com’è nata l’idea?

In realtà l’idea era lì già da tanti anni. Dopo aver ereditato il castagneto dai nonni di mio marito e il casone secchereccio in pietra, che io e Maurizio abbiamo deciso di ristrutturare, mancava la parte della molitura delle castagne. Così, dal casone una volta essiccate, le portavamo tutte giù dal bosco: all’inizio ci appoggiavamo a un mugnaio di Maissana, che per un paio d’anni ci ha fatto una bella macinatura della farina; poi purtroppo è mancato e abbiamo trovato un altro mulino a Zeri, in Lunigiana, ma d’inverno, tra la neve e il ghiaccio, non era così agevole raggiungerlo.

E ora riuscite a essere autonomi e a curare la filiera della castagna dalla A alla Z.

Esatto. Abbiamo trovato questo terratetto a Travo, poco distante dalla nostra azienda agricola, e l’abbiamo acquistato: al pian terreno c’è il mulino, mentre al primo piano c’era la casa del mugnaio. Tutto questo, però, succedeva poco prima del covid, poi c’è stato il lockdown e quindi i lavori sono rimasti fermi per oltre un anno e mezzo. Nel frattempo abbiamo ricominciato tutto ed è partita la ristrutturazione. Abbiamo iniziato dal tetto, perché pioveva dentro, poi siamo passati ai locali del mulino: ci siamo occupati del rinforzo dei muri e del pavimento, realizzato in lastroni di pietra di fiume levigata dall’acqua, da cui abbiamo rimosso il cemento presente.

Oltre a riattivare il mulino, l’intento è trasformare la “casa del mugnaio” in un piccolo polo culturale

La struttura quindi, è rimasta come l’originale, con i materiali locali già presenti?

Sì, abbiamo riutilizzato tutti i materiali che c’erano già, rifatto l’impianto elettrico e abbiamo avuto anche l’ok dall’ASL, che ci ha fornito un programma di ristrutturazione affinché tutto risultasse a norma per l’HACCP, il tutto mantenendo il più possibile lo scheletro originale. Ora stiamo concludendo la tinteggiatura dei soffitti e la verniciatura con materiali isolanti. Inutile dire che sono impaziente di vedere tutto finito!

Ho la sensazione che questo mulino sarà molto più di quel che sembra: che idee avete in mente? Cosa diventerà?

Qui avremo la possibilità di dar vita a un ciclo chiuso legato alla castagna: dall’innesto del castagno alla raccolta, passando per l’essiccazione e per arrivare, infine, alla molitura e al confezionamento della farina, che si farà qui in laboratorio. Come dicevi prima, qui si potrà seguire tutta la filiera della castagna. E poi il piano di sopra diventerà un centro culturale, dove poter proiettare video e materiale fotografico legato proprio al mestiere del mugnaio: mi piacerebbe mostrare com’era una volta questo lavoro e quanto era importante per il territorio.

castagne essiccatoio

L’intento è proprio utilizzare la “casa del mugnaio” come piccolo polo culturale. E poi io adoro l’osservazione degli animali, se fossi vissuta ai tempi di Konrad Lorenz, lo avrei seguito in tutte le sue missioni! [sorride, ndr] Qui si possono avvistare pipistrelli, rapaci, caprioli, lupi. Al piano superiore c’è una terrazza con una balaustra da cui si potrebbe fare animal watching, non solo birdwatching, perché gli animali che vivono qui e che si vedono passare in questi prati sono davvero tantissimi!

E il mulino?

Ci piacerebbe innanzitutto metterlo a disposizione di tutti i soci dell’associazione castanicultori del Levante Ligure, che potranno venire a macinare da noi la farina, senza andare troppo lontano. Ma sarà aperto anche a chiunque ne farà domanda.

A quando l’inaugurazione?

L’estate prossima: non vediamo l’ora!

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