13 Set 2022

Luca Spennato, il fotografo di strada che scatta e sviluppa sul suo laboratorio a pedali

Scritto da: Angela Giannandrea

In Puglia c'è l'unico fotografo in Europa che non solo scatta fotografie, ma le sviluppa anche per strada, grazie a un laboratorio autocostruito su una bici-cargo. Lui è Luca Spennato e ha lanciato questa iniziativa inedita durante la pandemia, per reagire in maniera creativa, positiva e artistica a una difficoltà che avrebbe potuto metterlo in ginocchio.

Salva nei preferiti

Brindisi, Puglia - In tempi di crisi la creatività si rivela sotto nuove spoglie come necessità e virtù. La pandemia ci ha catapultati in una dimensione psico-sociale nuova e inaspettata. Le difficoltà fanno parte della vita di ognuno, ma un differente approccio ai problemi potrebbe cambiare il destino personale. Un biennio singolare: mentre molti si lasciavano fagocitare da una situazione imprevedibile e per certi versi insostenibile, altri intravedevano l’occasione giusta per cambiare vita o valutare strategie alternative di adattamento, fiduciosi dei nuovi cambiamenti sociali all’orizzonte.

Uno di essi è Luca Spennato, un fotografo pugliese con esperienza ventennale. Colpito dalla crisi – che ha investito diversi settori, in particolare quello artistico –, Luca decide di rimboccarsi le maniche e ripartire da ciò che possiede in quel momento: professionalità, creatività, grinta e talento. Sfrutta il tempo a suo vantaggio. Le idee che affollano la sua mente diventano un utile strumento propedeutico all’azione in chiave propositiva e positiva.

Racconta di aver lavorato per mesi al suo progetto. L’obiettivo? Realizzare personalmente un laboratorio fotografico itinerante, efficiente e funzionale, esteticamente rievocativo di un’epoca in cui non solo potersi concedere una foto era un lusso, ma tutte le fasi, dallo scatto allo sviluppo, richiedevano tempo, minuziosa preparazione e abilità artigiane. Luca decide quindi di spostare il suo studio in strada, pur consapevole delle mille difficoltà che tale passo avrebbe comportato, in termini non solo logistici, ma anche tecnico-ambientali.

CargoLab 05

Nella società attuale, popolata da logiche capitalistiche, globalizzanti e tecnicistiche, il laboratorio a cielo aperto consente ai più nostalgici di ritagliarsi un piacevole tuffo nel passato. Ed è proprio da lì che Luca riparte: dalla convinzione che si può tornare a vivere d’arte attingendo al coraggio, all’estro e alla pazienza laddove la speranza sembra perdersi all’ombra di una quotidianità senza stimoli. Come un vero artista di strada, sapiente e abile artigiano della fotografia, riceve consensi ovunque vada per la sua abile capacità di proporre un’esperienza unica nel suo genere.

Contrapponendosi alla nuova figura imperante dei nomadi digitali, lui appare più come un nomade “sdigitalizzato” che regala emozioni e rievocazioni d’altri tempi. Il suo è uno spazio di lavoro dove l’interazione umana e la creatività si rinnovano costantemente dal vivo, regalando ogni volta un feedback differente. Una ricchezza di valori e sensazioni umane che il digitale non potrà mai restituire.

Il turista e il passante occasionale vengono rapiti da un’atmosfera piacevole e affascinante, che li riporta indietro nel tempo, quando la fotografia muoveva i primi passi. Incuriositi ed entusiasti, lo travolgono di domande e lui, con orgoglio e pacatezza, chiarisce dubbi e curiosità. Spiega che riproduce l’invenzione del primo negativo risalente al 1851. Si tratta di un procedimento fotografico, che utilizza come tecnica madre il collodio umido denominata ambrotipo se applicata su vetro e ferrotipo se realizzata su lastra di alluminio verniciata di nero.

CargoLab 012

Il collodio è la cellulosa che viene utilizzata, umido perché tutto il processo viene realizzato in umido, ragion per cui il fotografo deve portare con sé una sorta di cassetta degli attrezzi. Questa tecnica permette di avere ambedue i risultati positivo e negativo se si guarda con il fondo nero. Questo giustifica l’utilizzo di cornici. Luca precisa che in Italia non sono tanti ad usare questa tecnica, ma lui è l’unico che lo fa per strada.

Qualcuno gli chiede se utilizza gli acidi e lui risponde che sono proprio loro gli strumenti che porta sempre con sé. La procedura utilizzata è la stessa della fotografia moderna, cambiano solo un po’ di chimica, un po’ lo sviluppo. Tra gli avventori, una giovane donna, evidentemente entusiasta, dispensa complimenti – ecco un vero artista! Sembrava giusto comunicarglielo. Si intravede nell’espressione lusingata di Luca una certa soddisfazione. Quel complimento risuona come un premio per ripagarlo delle fatiche della giornata, rese ancor più difficili dalla calura estiva carica dell’umidità tipica di certe zone marine.

E lui orgoglioso risponde: «Sono l’unico in tutta Europa che applica questa tecnica in strada. È sicuramente molto complicato girare con un laboratorio mobile, soprattutto per motivi legati alla temperatura, all’umidità, alla chimica. Particolari che richiedono una certa meticolosità da parte del fotografo nel saper gestire questi cambiamenti per garantire un risultato ottimale. Ecco perché spostarsi su strada diventa molto complicato». Ma tra il pubblico qualcuno incalza: «Però c’è chi lo fa. E lei è uno di questi».

Si può tornare a vivere d’arte attingendo al coraggio, all’estro e alla pazienza laddove la speranza sembra perdersi

Luca risponde con un sorriso che lascia trapelare una sentita fierezza: «Sono fotografo da vent’anni. Ho studiato e insegnato anche tecniche di laboratorio quando vivevo all’estero. Ho impiegato tre anni per reinventarmi quando la crisi si è fatta sentire. Attualmente realizzo workshop di collodio umido. Non siamo in tanti, ma quasi tutti lavorano in studio. Come ho detto, sono l’unico in Italia che lavora in strada. In studio è più semplice perché le temperature sono controllate, l’ambiente è più stabile, più comodo per il fotografo in termini di esposizione. Sono dovuto ricorrere ai ripari con la pandemia. Non avevo alternative. Qui si progetta sempre, poi arriva qualcosa e distrugge tutto. Vedremo cosa accadrà».

La storia di Luca Spennato è una storia come tante, di resilienza e di amore per l’arte, che sfida qualsiasi criticità. Questo intraprendente fotografo pugliese sembra non essere ancora consapevole di portare in giro non solo la sua tecnica, ma anche un bel messaggio: con un pizzico di fiducia in sé stessi, un po’ di sano ottimismo e di coraggio è possibile ridare il giusto sapore al personale progetto di vita per renderlo, nonostante tutto, un capolavoro.

Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento

Articoli simili
Raccontare il Medio Oriente: Al Ghalas, il nuovo romanzo del cronista sardo Luca Foschi
Raccontare il Medio Oriente: Al Ghalas, il nuovo romanzo del cronista sardo Luca Foschi

Il regista Vincenzo Caricari racconta il cinema calabrese, fra ‘ndrangheta e restanza
Il regista Vincenzo Caricari racconta il cinema calabrese, fra ‘ndrangheta e restanza

Napoli inVita: ricostruire la memoria del Rione Sanità partendo dall’identità napoletana
Napoli inVita: ricostruire la memoria del Rione Sanità partendo dall’identità napoletana

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace

Il boom dei fast food e la fine dell’identità – INMR Sardegna #58

|

Smartphone, pc, elettrodomestici: ripararli è possibile con “The Restart Project” – Soluscions #4

|

Terapie psichedeliche: una soluzione ancestrale ai disturbi mentali?

|

Il futuro del vino tra crisi climatica e innovazione

|

Dalla crisi ecologica alla disumanizzazione delle guerre, l’amore è la risposta

|

Lo storyteller dell’acqua Zach Weiss e il nuovo paradigma per mitigare clima, siccità e alluvioni

|

Tyrrhenian Link: “La nostra lotta continua oltre lo sgombero del presidio degli ulivi”

|

Luana Cotena e il suo concetto rivoluzionario di capo d’abbigliamento

string(9) "nazionale"