La Barista Disoccupata: cambiare vita e lavoro nel segno dell’economia circolare
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Piacenza, Emilia-Romagna - Vi siete mai domandati dove vanno a finire tutte quelle bottiglie di alcolici e analcolici che vediamo dietro ai banconi dei locali? La risposta più semplice sarebbe questa: nella raccolta differenziata. La risposta più originale e creativa invece è questa e ha a che fare con la storia che vi racconterò oggi: nelle mani di Greta, La Barista Disoccupata.
Tutto è iniziato durante il lockdown, precisamente nel periodo della seconda ondata della pandemia, quella in cui i gestori degli esercizi pubblici erano a casa senza lavoro pur avendo dei locali da mandare avanti. Vi ricordate? Greta e suo marito Alessandro, in quel periodo, lavoravano insieme nel bar di loro proprietà in provincia di Piacenza e anche loro si sono trovati inesorabilmente a vivere un momento di estrema difficoltà durante il quale il morale era precipitato a terra perché si sentivano inascoltati nel far valere i propri diritti di lavoratori in quel momento negati.
Tutto questo malessere quotidiano li ha portati a un intuizione geniale che è strettamente connessa a una passione che aveva Alessandro, ovvero quella di tenere da parte nel loro magazzino tutte le bottiglie vuote perché «magari un giorno serviranno» e quel giorno è arrivato veramente. Così hanno deciso di cedere in gestione il bar per dare vita e dedicarsi totalmente al loro progetto di riciclo: La Barista Disoccupata.
Qual è stata l’intuizione alla base di tutto?
Mi venne in mente l’idea di creare componenti d’arredo per la casa, per l’ufficio e per i locali partendo da oggetti usati. E quali sono gli oggetti per antonomasia che descrivono al meglio una coppia di baristi? Esatto: le bottiglie! Proprio quelle bottiglie che Alessandro conservava gelosamente. Da inesperti, ma con tantissime idee che shackeravano per la testa, abbiamo cominciato a imparare per dare vita a quello che sarebbe diventato il nostro futuro lavoro.
Quali sono stati i primi passi?
Io mi sono dedicata a dare corpo al progetto dal punto di vista legale e burocratico, dargli una linea conduttrice, trovare i materiali adatti e studiare ogni minima parte. Al buon Sandro il compito più pratico, trovare un modo per tagliare le bottiglie e renderle esteticamente belle e senza imperfezioni. Gli ho detto: “Guarda tutorial, cerca segreti, vai dai vetrai e impara come fare”. Così ha trovato la tecnica giusta. Perfezionato il tutto, siamo partiti! È stata un’idea nuova, un progetto accattivante che ci ha fatto rimbalzare sulle principali testate giornalistiche della nostra città ed è stato supportato e condiviso anche da personaggi noti come Selvaggia Lucarelli e Tessa Gelisio, che ci hanno aiutato a crescere.
Quindi di cosa si occupa esattamente La Barista Disoccupata?
Ci occupiamo, come detto di riciclare bottiglie usate che recuperiamo in discoteche e locali che sostengono il nostro progetto e che ci aiutano. Con queste realizziamo lampade da tavolo, lampadari, candele in cera di soia, bicchieri, arredi per bagno o cucina, orologi e porta oggetti. Nel tempo ho ampliato molto la linea e mi piacerebbe continuare a farlo, le idee non mancano, dobbiamo metterle in pratica.
Come vi siete sentiti quando avete visto che la vostra idea si stava concretizzando? Che impatto ha avuto sulla vostra quotidianità?
È stato un anno complesso, abbiamo alternato due lavori, quello del bar e questo nuovo progetto, per far sì che prendesse il volo. Abbiamo smesso di avere giorni liberi, dopo il bar c’era questo, i mercati, i social per poterci far conoscere e capire quanto investirvi. Qualche mese fa abbiamo lasciato il bar e da allora è il nostro unico lavoro. Stiamo sistemando un laboratorio dove aver spazio per noi, mattoncino su mattoncino stiamo prendendo coscienza di ciò che abbiamo creato. Io sono sempre molto prudente, non voglio fare passi falsi e lavorare a step, a volte mi chiedo ancora se ha preso il volo il progetto o è solo una bolla d’aria!
Riciclare vuol dire dare una seconda possibilità, riuscire a vedere oltre l’oggetto, avere inventiva, essere vicini a un mondo in cui l’economia dovrebbe essere sempre più circolare. Cosa significano per voi questi concetti?
Purtroppo il problema non è cosa sia per noi il riciclo, ma perché per la gente è ancora così lontano. In varie esperienze, fiere di settore e altri contesti l’impatto non è sempre stato dei migliori. Le persone mi dicevano che non pensavano di dover pagare più di 5 euro per una cosa che ho recuperato dai rifiuti. Una famosa maison di champagne ci ha chiesto tramite i legali di non fare questo tipo di riciclo con le loro bottiglie, poiché ritengono sia denigrante per il marchio. Quindi la vera domanda è: che cosa possiamo davvero fare per rendere il concetto di economia circolare il più possibile fruibile?
Cosa vi sta dando questo progetto?
Oggi come oggi La Barista Disoccupata è il nostro lavoro, ci permette di entrare in contatto con tante piccole realtà artigianali e anche di conoscere gente nuova. Ma in realtà ci consente di avere una vita molto più slow; certo in alcuni periodi si corre, ma abbiamo la possibilità di disporre di più tempo di qualità da passare insieme.
Dove possiamo seguirvi ed acquistare le vostre creazioni?
I nostri canali sono i social, su Instagram e su Facebook e poi abbiamo un e-commerce dove spediamo in tutta Italia sul nostro sito web.
Progetti nuovi in vista?
Il primo nuovo e fondamentale progetto è finire il laboratorio – che sarà sulle nostre colline, in un posto tranquillo – poiché gli spazi sono ristretti ad oggi. Da gennaio ci piacerebbe iniziare a lanciare una nuova linea de La Barista Disoccupata, sempre in ottica riciclo ma con qualche differenza.
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