6 Lug 2022

Dal Veneto alla val di Vara: la storia di Maria e del suo richiamo alla vita contadina

Scritto da: Valentina D'Amora

Una ragazza di Rovigo sente che in Veneto non riesce a fiorire. Il destino la porta in Liguria, dove la verde val di Vara saprà farla sbocciare. Proprio qui vive e accumula esperienze, cogliendo un’occasione dopo l’altra, spinta dalla voglia di cambiamento. E ora è la Liguria il posto che chiama casa.

Salva nei preferiti

La Spezia - A quante persone capita di non riuscire a essere sé stesse in un determinato ambiente? Che sia in famiglia, sul lavoro o in una determinata area geografica, a volte si sperimenta quella frustrante sensazione di non riuscire a dare il meglio di sé, di non sentirsi a proprio agio e di volersi cucire il proprio spazio vitale, a partire da un contesto che ci valorizzi. È quello che è successo a Maria, una ragazza che ha lasciato il Veneto per trasferirsi in val di Vara, la valle che ora chiama “casa”.

Maria, quando è emerso il tuo bisogno di cambiamento?

Tutto è iniziato cinque anni fa, poco dopo la laurea in psicologia. Già da un po’ di tempo avevo voglia di partire e fare esperienze, mi sentivo chiamare dalla terra, dagli alberi, dai monti. Il territorio dal quale provengo è una pianura spietata, dove per me era diventato davvero pesante vivere. E poi volevo uscire dall’ambiente familiare dove non riuscivo a mettere a frutto tante parti di me.

E cos’è successo?

In quel periodo facevo meditazione con un gruppo di persone che ha cascine sparse in tutta Italia: si ritrovano insieme per meditare, coltivare la terra, fare escursioni per imparare a riconoscere le erbe spontanee terapeutiche e commestibili. Poco dopo la laurea s’è presentata l’occasione di andare a San Pietro Vara con questo gruppo. “Maria vuoi partire?”, mi hanno chiesto. Io ho fatto lo zaino e non sono più tornata.

maria san pietro vara
Maria a San Pietro Vara

Qui in val di Vara sto bene, circondata da alberi e immersa nella natura. Anche se oggi non sto usando la mia formazione accademica nel lavoro – ora collabora con Elisa Lavagnino della Taverna del Vara –, l’università mi ha formato a livello umano, mi arrivano tante intuizioni in più e ho dato gambe a questa spinta che c’era da tanto dentro di me. Qui mi sento più libera, sto proprio bene. Ora ascolto la mia voglia di scoprire, di conoscere, di aprirmi.

Raccontaci il tuo primo periodo in val di Vara: com’è stato?

La mia prima tappa è stata San Pietro Vara, dove mi sono trasferita in una comunità. Lavoravo alla pari, quindi mi venivano garantiti vitto e alloggio in cambio di collaborazione in diverse attività. In quella cascina ho sperimentato la vita comunitaria e come accade quando si iniziano delle cose nuove ho vissuto nel primissimo periodo la paura dell’incerto.

Mi chiedevo spesso: “Cosa farò qui? Ho paura di annoiarmi, di non aver niente da fare, di disturbare”. Invece mi sono ritrovata da un giorno all’altro con una zappa in mano e, pur non avendolo mai fatto, piano piano ho iniziato a prendere le misure con questa nuova realtà. Il primo giorno, per le mie manie di perfezionismo, ho passato tutta la mattina a strappare erbacce [ride, ndr].

La fiducia è diventata una parte fondamentale del mio cambiamento

Poi è arrivata la socializzazione e si sono aggiunte via via nuove mansioni: oltre al lavoro nei campi, si faceva la legna e col tempo ho ricevuto l’incarico di occuparmi degli asini. Ero contentissima perché prendermi cura di questi animali era esattamente un mio desiderio di qualche anno prima. Sono stati sei mesi bellissimi, un periodo intenso di meditazione, di vita comunitaria e di lavoro. Abbiamo coltivato i campi, provato a vendere le nostre verdure e mi sentivo molto stimolata a livello creativo, era un luogo decisamente propizio.

Lì ho conosciuto il ragazzo che è stato il mio compagno per quattro anni. Dopo qualche tempo abbiamo lasciato insieme San Pietro Vara e siamo finiti a Buto, un paesino a 900 metri di altitudine, in cima a una strada impervia e difficile da raggiungere. Lì c’è l’eremo di una suora, conosciuta per caso, che ci ha chiesto se volevamo andare a vivere vicino a lei, in una casa in mezzo al bosco, per aiutarla. Abbiamo accettato.

maria
E com’è andata?

Bene. Lei si occupa della coltivazione di piccoli frutti che trasforma in marmellate e confetture e per tre mesi le abbiamo dato una mano. Nel frattempo si è presentata l’occasione di un altro cambiamento: ci siamo spostati a Varese Ligure per fare i custodi a pecore e mucche per conto di una famiglia di Genova. In cambio di un piccolissimo stipendio e di un alloggio ci siamo presi cura di questi animali da mattina a sera, abbiamo visto nascere tante piccole creature, è stata una meravigliosa esperienza: abbiamo anche provato a sperimentare la musica in stalla. Mettevamo Battiato o brani di classica [sorride]. Una bella avventura che ricordo con piacere, nonostante anche i cinque giorni in cui siamo rimasti senza acqua perché si erano ghiacciati i tubi.

Poi ci siamo lasciati corrompere dalla modernità, ci siamo trasferiti a Framura, dove ho lavorato in alcuni ristoranti. Anche se a me piace il contatto con le persone, sento molto più nelle mie corde la vita contadina. Dopo quattro anni di vita trascorsa assieme ci siamo allontanati, la vita ci ha portato da altre parti. Sono tornata in Veneto per qualche tempo, ma dopo sei mesi sono riuscita a tornare in Liguria.

Come hai interpretato tutti i cambiamenti che hai vissuto in questi anni da quando hai lasciato casa?

È stata una forma di crescita perché la fiducia è diventata una parte fondamentale del mio cambiamento. Spesso, se mi capita di diventare preda della mia agitazione, mi siedo e mi ripeto: “Mi devo fidare, tutto arriva. La vita mi vuole bene, bisogna solo stare calmi, perché agitarsi allontana tutto”.

La val di Vara è la tua dimensione, qui ti senti a casa…

Sì, sono veramente felice di essere qua, da sola e libera. Ogni giorno mi sveglio e mi dico: “Che figata di scelta che ho fatto”. La cosa curiosa è che la val di Vara è un posto che richiama parecchie persone che passano di qui, magari per caso, e poi si fermano. In questi anni ho riscontrato tante storie come la mia di persone che qui hanno trovato la pace.

Quindi non torneresti indietro?

No, anche se è ancora tutto in evoluzione, sono soddisfatta. Il mio sogno è avere un’abitazione che possa essere il mio rifugio certo, un punto di ritorno qui. Col tempo quindi vorrei comprarmi una casetta tutta mia in valle.

Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento

Articoli simili
Con il progetto “In viaggio da sola”, Diana Bancale esplora e racconta il mondo
Con il progetto “In viaggio da sola”, Diana Bancale esplora e racconta il mondo

Francesco Damiano: l’Indiana Jones Napoletano che “racconta le meraviglie della sua terra”
Francesco Damiano: l’Indiana Jones Napoletano che “racconta le meraviglie della sua terra”

Tra romanticismo e realtà, il cambio vita è una scelta complessa: la storia di Giulia Piazza
Tra romanticismo e realtà, il cambio vita è una scelta complessa: la storia di Giulia Piazza

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace

Com’è andata la COP16 biodiveristà di Cali fra flop, successi e disinteresse – #1013

|

La lettera del movimento per la Pratobello ’24: “Della legge di iniziativa popolare adesso parliamo noi”

|

La biodiversità arriva a scuola con il progetto “Azioni e voci per il clima”

|

Olio del Casale, l’azienda agricola che punta sul lavoro in rete

|

Abitare collaborativo: cosa significa e perché è importante

|

Arghillà rinasce: la rigenerazione urbana dal basso di “uno dei luoghi più problematici d’Italia”

|

Oltre alle barriere, Capri diventa inclusiva e accessibile

|

Fabio Gerosa: “Con Fratello Sole aiutiamo il sociale a costruire un percorso di transizione ecologica”

string(7) "liguria"